Mancini-Mou, se Real-City immalinconirà gli interisti
Champions LeagueDifficile, impossibile, per un fan nerazzurro vivere Real Madrid-Manchester City di Champions senza scegliere per chi tifare. Martedì sera (diretta Sky) il match tra l'Allievo e il Maestro. José l'Intoccabile e Robi, dal quale iniziò il percorso vincente
Impossibile scegliere. Sarebbe come spezzare ciò che la Storia ha unito e le emozioni hanno confuso nella più lunga continuità di successi che l'Inter abbia mai vissuto.
Il volto giovane segnato dal tempo proprio negli anni di passione, intensa per rompere con il passato perdente, con un sistema che ancor prima di venire alla luce Mancini già colpiva, d'istinto e forza, con coraggio e convinzione in quelle liti con Moggi, che nel dopo Calciopoli sarebbero diventate parole d'antagonismo inconciliabile nei motti studiati e mai casuali di Mourinho, il dominatore della scena, il capo gruppo, lo scudo per tutti a patto che tutti fossero con lui.
Tutti i tifosi e non solo Moratti avrebbero voluto Mancini all'Inter già da giocatore. Affascinati dalla classe, dal suo saper essere interista. Al punto che anche dopo la fine di un rapporto che avrebbe voluto continuare e che ha saputo ricostruire nonostante tutto, correva indossando quella maglia per le vie d'Europa. In vetta quei colori vi sono arrivati con Mourinho, il condottiero che con un gesto sapeva far battere San Siro. Raramente è accaduto come in quel derby del gennaio 2010. José l'immagine del triplete, l'intoccabile.
Al suo primo trofeo il 24 agosto del 2008, dedicò la Supercoppa italiana proprio a Mancini. La linea era segnata, così resistente che è impossibile scinderla, impossibile scegliere per un tifoso tra l'uno e l'altro. Ed anche ingiusto. Perché senza il salto di qualità nel gioco e nei risultati garantito da Mancini, forse il dopo non ci sarebbe stato.
Si sono esposti, in maniera diversa. Se ne sono andati dall'Inter nascosti su un auto. Mancini via da un colloquio di pochi gelidi minuti. Mourinho via dalla più grande festa che lui stesso aveva allestito. Difficile salutarsi dopo tanto vissuto, direbbe Moratti. Difficile, impossibile, per un interista vivere Real Madrid-Manchester City senza provar emozioni o scegliere per chi tifare.
Il volto giovane segnato dal tempo proprio negli anni di passione, intensa per rompere con il passato perdente, con un sistema che ancor prima di venire alla luce Mancini già colpiva, d'istinto e forza, con coraggio e convinzione in quelle liti con Moggi, che nel dopo Calciopoli sarebbero diventate parole d'antagonismo inconciliabile nei motti studiati e mai casuali di Mourinho, il dominatore della scena, il capo gruppo, lo scudo per tutti a patto che tutti fossero con lui.
Tutti i tifosi e non solo Moratti avrebbero voluto Mancini all'Inter già da giocatore. Affascinati dalla classe, dal suo saper essere interista. Al punto che anche dopo la fine di un rapporto che avrebbe voluto continuare e che ha saputo ricostruire nonostante tutto, correva indossando quella maglia per le vie d'Europa. In vetta quei colori vi sono arrivati con Mourinho, il condottiero che con un gesto sapeva far battere San Siro. Raramente è accaduto come in quel derby del gennaio 2010. José l'immagine del triplete, l'intoccabile.
Al suo primo trofeo il 24 agosto del 2008, dedicò la Supercoppa italiana proprio a Mancini. La linea era segnata, così resistente che è impossibile scinderla, impossibile scegliere per un tifoso tra l'uno e l'altro. Ed anche ingiusto. Perché senza il salto di qualità nel gioco e nei risultati garantito da Mancini, forse il dopo non ci sarebbe stato.
Si sono esposti, in maniera diversa. Se ne sono andati dall'Inter nascosti su un auto. Mancini via da un colloquio di pochi gelidi minuti. Mourinho via dalla più grande festa che lui stesso aveva allestito. Difficile salutarsi dopo tanto vissuto, direbbe Moratti. Difficile, impossibile, per un interista vivere Real Madrid-Manchester City senza provar emozioni o scegliere per chi tifare.