Milan, il Lato Positivo: quei 135 minuti alla pari con Loro
Champions LeagueCome nel film ora nelle sale. La consolazione? I minuti, tra i 90’ dell’andata a San Siro e i 45’ del primo tempo al Nou Camp, in cui un Milan rifondato da zero fa pari (2-2: 2 reti segnate a Milano, 2 reti prese in Catalogna) con i Marziani di Messi
di Paolo Pagani
Detto e letto ovunque stamattina dei difetti congeniti, della dura lezione incassata, dell’inferiority complex del Milan remuntado in Champions da un Barça stellare, il giorno dopo è gratificante andare alla ricerca del Bene nascosto dentro alla bolla di una notte nata subito male (primo gol preso al 5’). Come in un film campione di incassi (ahia, campione e incassi: termini comunque dolorosi, oggi, per il tifoso rossonero) del regista americano David O. Russell: Il lato positivo, appunto.
Nella trama Pat Peoples, ex insegnante di storia delle Superiori (un Bradley Cooper che fra l'altro somiglia curiosamente a Buffon), è stato appena dimesso da un istituto per malattie mentali e ha intenzione di riconciliarsi con l'ex moglie. Rifiutando l'idea che sia passato così tanto tempo (quattro anni!) e che la loro sia una separazione definitiva. Naturalmente non va come lui pensa. Ma Pat viene inaspettatamente distratto da una bella e problematica vicina di casa…
Il lato positivo, a Barcellona, sta chiuso nella consolazione non effimera di una statistica provvisoria: 135 minuti, tra i 90’ dell’andata a San Siro e i 45’ del primo tempo al Nou Camp, in cui un Milan rifondato da zero ad agosto 2012 e con un Allegri dato per forza lavoro esodabile senza tanti complimenti, fa pari (2-2: 2 reti segnate a Milano, 2 reti prese in Catalogna) con i Marziani di Messi. Con i primi del mondo.
Poi, certo, c’è l’episodio che rimarrà impresso nelle pupille rossonere con l’insistenza dei tatuaggi che non se ne vogliono andare nonostante i candeggi ripetuti all'epidermide. Quel palo di Niang al 38’ del primo tempo. Partita e qualificazione potrebbero cambiare direzione, ma è il diagonale del giovane e (forse) troppo tremebondo bomber a sbagliare traiettoria. A Valdes già battuto, la palla sbatte disonesta sul legno. Ciao.
Qui siamo però in un altro campo, quello del Caso e della Necessità, come da titolo di un celebre e celebratissimo libro (anno 1970) del biologo francese Jacques Monod. Dove si esclude che i fenomeni della natura possano essere spiegati facendo riferimento a un "progetto" (o "fine") intrinseco alla natura stessa. Quel palo consegnato dal Fato, cioè completamente estraneo al progetto calcolato di fargliela vedere, ha solo aggravato i complessi d’inferiorità. Sia allora di consolazione al Milan l’essere stato rinunciatario, e infine battuto, per l’inezia temporale di 45’, i secondi 45’ del match. E cosa sono mai, in una vita, 45 minuti?
Detto e letto ovunque stamattina dei difetti congeniti, della dura lezione incassata, dell’inferiority complex del Milan remuntado in Champions da un Barça stellare, il giorno dopo è gratificante andare alla ricerca del Bene nascosto dentro alla bolla di una notte nata subito male (primo gol preso al 5’). Come in un film campione di incassi (ahia, campione e incassi: termini comunque dolorosi, oggi, per il tifoso rossonero) del regista americano David O. Russell: Il lato positivo, appunto.
Nella trama Pat Peoples, ex insegnante di storia delle Superiori (un Bradley Cooper che fra l'altro somiglia curiosamente a Buffon), è stato appena dimesso da un istituto per malattie mentali e ha intenzione di riconciliarsi con l'ex moglie. Rifiutando l'idea che sia passato così tanto tempo (quattro anni!) e che la loro sia una separazione definitiva. Naturalmente non va come lui pensa. Ma Pat viene inaspettatamente distratto da una bella e problematica vicina di casa…
Il lato positivo, a Barcellona, sta chiuso nella consolazione non effimera di una statistica provvisoria: 135 minuti, tra i 90’ dell’andata a San Siro e i 45’ del primo tempo al Nou Camp, in cui un Milan rifondato da zero ad agosto 2012 e con un Allegri dato per forza lavoro esodabile senza tanti complimenti, fa pari (2-2: 2 reti segnate a Milano, 2 reti prese in Catalogna) con i Marziani di Messi. Con i primi del mondo.
Poi, certo, c’è l’episodio che rimarrà impresso nelle pupille rossonere con l’insistenza dei tatuaggi che non se ne vogliono andare nonostante i candeggi ripetuti all'epidermide. Quel palo di Niang al 38’ del primo tempo. Partita e qualificazione potrebbero cambiare direzione, ma è il diagonale del giovane e (forse) troppo tremebondo bomber a sbagliare traiettoria. A Valdes già battuto, la palla sbatte disonesta sul legno. Ciao.
Qui siamo però in un altro campo, quello del Caso e della Necessità, come da titolo di un celebre e celebratissimo libro (anno 1970) del biologo francese Jacques Monod. Dove si esclude che i fenomeni della natura possano essere spiegati facendo riferimento a un "progetto" (o "fine") intrinseco alla natura stessa. Quel palo consegnato dal Fato, cioè completamente estraneo al progetto calcolato di fargliela vedere, ha solo aggravato i complessi d’inferiorità. Sia allora di consolazione al Milan l’essere stato rinunciatario, e infine battuto, per l’inezia temporale di 45’, i secondi 45’ del match. E cosa sono mai, in una vita, 45 minuti?