Equilibrio, zona e fiducia: spazio all’Atletico di Simeone
Champions LeagueNella Liga i Colchoneros hanno strappato la leadership al Barcellona dopo 59 turni consecutivi di dominio blaugrana. In Champions, in attesa del Milan, il gruppo G è stato una pura formalità. Scopriamo tattiche ed interpreti della creatura del Cholo
di Luca Cassia
Ricordando Luis Aragonés, storica bandiera dell’Atletico scomparso a 75 anni, i Colchoneros hanno spezzato l’egemonia del Barcellona nella Liga. Dopo 59 turni ininterrotti al vertice, il campionato spagnolo ha celebrato una nuova scintillante regina, plasmata e disciplinata da Diego Pablo Simeone. Da 18 anni i biancorossi di Madrid non guardavano tutti dall’alto in Spagna: era la stagione 1995-96, Antic in panchina ed i vari Molina e Geli, Kiko e Caminero in campo. Senza dimenticare El Cholo, allora 25enne centrocampista. I successi in patria dell’Atletico Madrid si specchiano con i trionfi in Europa: agevolmente approdati agli ottavi di finale di Champions League, i madrileni attendono il Milan (andata a San Siro il 19 febbraio) dell’ex galáctico Seedorf, avventuratosi al Vicente Calderón lo scorso week-end in vista della sfida. Adriano Galliani ne ha lodato la condizione fisica, ma alle spalle c’è una scrupolosa preparazione tattica. Targata Simeone.
Nessuna rivoluzione – Ingaggiato nel dicembre 2011 in luogo di Gregorio Manzano, l’argentino non ha snaturato l’ossatura della squadra: semplicemente, con acume e cautela, è ripartito dalle fondamenta. I cardini centrali sono rimasti i medesimi: Courtois tra i pali, i difensori Miranda e Godín, Suárez e capitan Gabi nel cuore della mediana. Un allenatore votato all’equilibrio, tesi confortata dal 4-4-2 di partenza che può convertirsi in un 4-2-3-1 a seconda della fase d’azione. Ma senza frenesie: El Cholo predilige la presenza di due giocatori per zona, un approccio quasi elementare che garantisce però copertura e costruzione. Imprescindibili i tagli delle punte, terzini accorti e mediani che cuciono senza disperdersi.
Zona pura e “achique lateral” – Disciplina e rigore tattico sono alla base del calcio espresso dal 43enne allenatore, dove la zona pura implica un’attenzione viscerale alla condotta in campo della squadra. Vietato il pressing in avanzamento sul portatore di palla che, piuttosto, trova dinanzi a sé una cerniera di 10 uomini a soffocarne il raggio d’azione. La superiorità numerica ed il recupero della sfera sono logiche conseguenze. Persino lo scarico sulle fasce non trova conforto dinanzi all’Atletico, indottrinato da Simeone all’achique lateral, movimento teso ad ingabbiare l’avversario a ridosso del fallo laterale: le pedine scalano in blocco, stringono inesorabilmente ed originano un break che alimenta le percussioni di Diego Costa, devastante negli spazi.
Il posizionamento è la chiave – Sebbene il possesso palla sia una prerogativa concessa agli avversari, ciò non significa che manchino organizzazione ed idee per scardinare una difesa schierata: niente riferimenti statici, pochi giocatori oltre la linea della palla ma in costante movimento. La copertura dei mediani ed i tagli degli esterni Koke e Arda Turan provocano un effetto domino: i terzini Juanfran e Filipe Luis guadagnano metri e le punte sono libere di svariare. In fase di possesso Simeone decide di limitare i rischi votando una circolazione con linee di passaggio semplici ma proficue, concentrandole soprattutto sulle corsie per ridurre i rischi di un contropiede altrimenti mortifero per vie centrali.
Effetto Costa, Koke il jolly - Il brasiliano (ops, spagnolo) scatena i suoi 90’ tra moto e nervi, spesso stuzzicati dagli avversari. L’esplosione realizzativa di questa stagione, già condita da 25 reti registrate nelle varie competizioni, contempla anche scatti e tagli a ripetizione, fatali nel disorientare e sfinire i suoi marcatori. Al collega di reparto David Villa spetta la presenza costante nei pressi del portatore di palla: oltre a finalizzare l’azione, El Guaje annebbia le soluzioni rivali sin dall’impostazione. Sebbene agisca qualche metro meno avanzato, il partner ideale di Diego Costa è Koke, 22enne gioiello del calcio iberico che conferisce dinamismo, sacrificio e sagacia tattica. Spesso autore dell’ultimo passaggio, presenta fondamentali di primo livello e puntuali movimenti tra le linee. La vicinanza di Filipe Luis, terzino di estrema affidabilità, gli garantisce inoltre uno scarico sicuro.
Incognite ed “ex italiani” – Proprio gli incroci sulla sinistra tra Koke ed il brasiliano sono una delle soluzioni predilette da Simeone, ma un infortunio del fluidificante lo metterà fuori gioco per almeno un mese. A centrocampo l’ex juventino Tiago è spesso preferito a Mario Suárez, più energico ma meno tecnico: chissà se l’infelice parentesi italiana alimenterà vecchi spauracchi. Altre vecchie conoscenze nostrane come i neoacquisti Diego e José Sosa, avvistati a Torino e Napoli, rischiano di non assimilare i precetti del tecnico. La coppia arretrata Miranda-Godín brilla per intesa e fisicità, ma di fronte a Balotelli può scricchiolare. Punti interrogativi vertono anche sulla concentrazione (vitale nell’ottica di Simeone) e su un turnover approssimativo, senza dimenticare l’approccio attendista e la tenuta atletica: il gioco a zona dell’Atletico logora relativamente a causa degli spazi intasati, ma traballa se reso routinario e privo di ritocchi in corso d’opera.
Fattore Calderón – Le insidie sono piuttosto l’intensità profusa dai Colchoneros e la dedizione nell’applicare i meccanismi del Cholo, divenuto un idolo della tifoseria biancorossa per energia e passione. Il possesso palla di poche squadre ha spezzato il ritmo dei raddoppi imposto da Simeone: Villarreal e Siviglia hanno strappato un punto in campionato, l’Espanyol ha addirittura inflitto l’unico ko nell’annata attuale (1-0, 19 ottobre a Barcellona). Già, lontano da Madrid, perché al Vicente Calderón non si passa: 19 gare casalinghe totali, 16 successi e 3 pareggi. Un trend dettato da un gioco elettrico, cambi di fronte e coralità imperante nella manovra. Ma soprattutto fatica e fiducia agli ordini di Simeone.
Ricordando Luis Aragonés, storica bandiera dell’Atletico scomparso a 75 anni, i Colchoneros hanno spezzato l’egemonia del Barcellona nella Liga. Dopo 59 turni ininterrotti al vertice, il campionato spagnolo ha celebrato una nuova scintillante regina, plasmata e disciplinata da Diego Pablo Simeone. Da 18 anni i biancorossi di Madrid non guardavano tutti dall’alto in Spagna: era la stagione 1995-96, Antic in panchina ed i vari Molina e Geli, Kiko e Caminero in campo. Senza dimenticare El Cholo, allora 25enne centrocampista. I successi in patria dell’Atletico Madrid si specchiano con i trionfi in Europa: agevolmente approdati agli ottavi di finale di Champions League, i madrileni attendono il Milan (andata a San Siro il 19 febbraio) dell’ex galáctico Seedorf, avventuratosi al Vicente Calderón lo scorso week-end in vista della sfida. Adriano Galliani ne ha lodato la condizione fisica, ma alle spalle c’è una scrupolosa preparazione tattica. Targata Simeone.
Nessuna rivoluzione – Ingaggiato nel dicembre 2011 in luogo di Gregorio Manzano, l’argentino non ha snaturato l’ossatura della squadra: semplicemente, con acume e cautela, è ripartito dalle fondamenta. I cardini centrali sono rimasti i medesimi: Courtois tra i pali, i difensori Miranda e Godín, Suárez e capitan Gabi nel cuore della mediana. Un allenatore votato all’equilibrio, tesi confortata dal 4-4-2 di partenza che può convertirsi in un 4-2-3-1 a seconda della fase d’azione. Ma senza frenesie: El Cholo predilige la presenza di due giocatori per zona, un approccio quasi elementare che garantisce però copertura e costruzione. Imprescindibili i tagli delle punte, terzini accorti e mediani che cuciono senza disperdersi.
Zona pura e “achique lateral” – Disciplina e rigore tattico sono alla base del calcio espresso dal 43enne allenatore, dove la zona pura implica un’attenzione viscerale alla condotta in campo della squadra. Vietato il pressing in avanzamento sul portatore di palla che, piuttosto, trova dinanzi a sé una cerniera di 10 uomini a soffocarne il raggio d’azione. La superiorità numerica ed il recupero della sfera sono logiche conseguenze. Persino lo scarico sulle fasce non trova conforto dinanzi all’Atletico, indottrinato da Simeone all’achique lateral, movimento teso ad ingabbiare l’avversario a ridosso del fallo laterale: le pedine scalano in blocco, stringono inesorabilmente ed originano un break che alimenta le percussioni di Diego Costa, devastante negli spazi.
Il posizionamento è la chiave – Sebbene il possesso palla sia una prerogativa concessa agli avversari, ciò non significa che manchino organizzazione ed idee per scardinare una difesa schierata: niente riferimenti statici, pochi giocatori oltre la linea della palla ma in costante movimento. La copertura dei mediani ed i tagli degli esterni Koke e Arda Turan provocano un effetto domino: i terzini Juanfran e Filipe Luis guadagnano metri e le punte sono libere di svariare. In fase di possesso Simeone decide di limitare i rischi votando una circolazione con linee di passaggio semplici ma proficue, concentrandole soprattutto sulle corsie per ridurre i rischi di un contropiede altrimenti mortifero per vie centrali.
Effetto Costa, Koke il jolly - Il brasiliano (ops, spagnolo) scatena i suoi 90’ tra moto e nervi, spesso stuzzicati dagli avversari. L’esplosione realizzativa di questa stagione, già condita da 25 reti registrate nelle varie competizioni, contempla anche scatti e tagli a ripetizione, fatali nel disorientare e sfinire i suoi marcatori. Al collega di reparto David Villa spetta la presenza costante nei pressi del portatore di palla: oltre a finalizzare l’azione, El Guaje annebbia le soluzioni rivali sin dall’impostazione. Sebbene agisca qualche metro meno avanzato, il partner ideale di Diego Costa è Koke, 22enne gioiello del calcio iberico che conferisce dinamismo, sacrificio e sagacia tattica. Spesso autore dell’ultimo passaggio, presenta fondamentali di primo livello e puntuali movimenti tra le linee. La vicinanza di Filipe Luis, terzino di estrema affidabilità, gli garantisce inoltre uno scarico sicuro.
Incognite ed “ex italiani” – Proprio gli incroci sulla sinistra tra Koke ed il brasiliano sono una delle soluzioni predilette da Simeone, ma un infortunio del fluidificante lo metterà fuori gioco per almeno un mese. A centrocampo l’ex juventino Tiago è spesso preferito a Mario Suárez, più energico ma meno tecnico: chissà se l’infelice parentesi italiana alimenterà vecchi spauracchi. Altre vecchie conoscenze nostrane come i neoacquisti Diego e José Sosa, avvistati a Torino e Napoli, rischiano di non assimilare i precetti del tecnico. La coppia arretrata Miranda-Godín brilla per intesa e fisicità, ma di fronte a Balotelli può scricchiolare. Punti interrogativi vertono anche sulla concentrazione (vitale nell’ottica di Simeone) e su un turnover approssimativo, senza dimenticare l’approccio attendista e la tenuta atletica: il gioco a zona dell’Atletico logora relativamente a causa degli spazi intasati, ma traballa se reso routinario e privo di ritocchi in corso d’opera.
Fattore Calderón – Le insidie sono piuttosto l’intensità profusa dai Colchoneros e la dedizione nell’applicare i meccanismi del Cholo, divenuto un idolo della tifoseria biancorossa per energia e passione. Il possesso palla di poche squadre ha spezzato il ritmo dei raddoppi imposto da Simeone: Villarreal e Siviglia hanno strappato un punto in campionato, l’Espanyol ha addirittura inflitto l’unico ko nell’annata attuale (1-0, 19 ottobre a Barcellona). Già, lontano da Madrid, perché al Vicente Calderón non si passa: 19 gare casalinghe totali, 16 successi e 3 pareggi. Un trend dettato da un gioco elettrico, cambi di fronte e coralità imperante nella manovra. Ma soprattutto fatica e fiducia agli ordini di Simeone.