Champions League, Roma all'esame Shakhtar: ecco la Seleçao d'Europa

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Luca Cassia

Taison e Bernard, coppia di brasiliani in forza allo Shakhtar Donetsk di Paulo Fonseca (Foto Ansa)
taison

Attesa a Kharkiv per gli ottavi di Champions, la Roma affronta la formazione ucraina da tempo votata ai talenti brasiliani: il primo fu Brandão a precedere l'avvento di Lucescu, l'ultimo il 19enne Dodô arrivato a gennaio. Di mezzo tanti campioni destinati alle big e ricche plusvalenze nelle casse del club

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In origine fu Brandão nel 2002, l’ultimo è stato a gennaio il 19enne Dodô. Conti alla mano e alla faccia della saudade, sono 25 i brasiliani avvistati a Donetsk con la maglia dello Shakhtar. Indubbiamente una seconda casa per i talenti verdeoro: non sorprenda quindi come l’account Twitter del club, rigorosamente in lingua ucraina e inglese, disponga anche di una versione portoghese dedicata ai fan del Sudamerica. Forse meno nutrita rispetto a qualche anno fa complice il conflitto tra filorussi e forze governative nell’Ucraina orientale, la colonia verdeoro costituisce ancora l’anima della squadra con 8 giocatori in rampa di lancio. Nient’altro che un progetto intessuto negli anni da Mircea Lucescu, artefice dei trionfi del club, coadiuvato dal presidente Rinat Akhmetov e dall’agente Franck Henouda. A farne le spese per ultimo il Napoli formato Champions League, estromesso nella fase a gironi prima del doppio confronto con la Roma di Eusebio Di Francesco agli ottavi di finale. Primo atto nel gelo di Kharkiv, dimora adottata dallo Shakhtar privo dell’inagibile Donbas Arena danneggiata dai bombardamenti.

La Seleçao d'Europa

Ribattezzati Minatori e a lungo oscurati dallo strapotere della Dinamo Kiev, gli ucraini emergono nel 1996 quando il magnate Akhmetov rileva il club consacrandolo in patria e in Europa. I trionfi in Coppa precedono l’arrivo del primo brasiliano Brandão, centravanti noto alle nostre latitudini per una testata riservata a Thiago Motta al termine di un PSG-Bastia del 2014 (6 mesi di squalifica). In realtà l’ex Iraty, oggi 37enne e svincolato, arriverà a collezionare 91 gol complessivi in 7 stagioni aprendo una breccia per i suoi connazionali. Dalla samba alla terra dei cosacchi, il passo è più breve di quanto possa sembrare.

Nel 2004 l’avvento di Lucescu, 21 titoli conquistati in Ucraina e una Coppa Uefa nel 2009, propizia una parabola inedita per lo Shakhtar votato alla causa brasiliana. Merito di Henouda, agente franco-brasiliano conosciuto da Mircea durante l’esperienza in Turchia, uomo chiave nei trasferimenti dal Sudamerica all’Europa dell’Est. Una storia simile a quella di Raiola per genesi e dinamiche: ex dipendente nei 'Club Med', poi scout in Brasile per conto delle squadre francesi. Il trasferimento di Taffarel al Galatasaray fu l’inizio della collaborazione con Lucescu e l’anno zero per la rivoluzione verdeoro in Ucraina. Se Matuzalém era il pupillo dell’allenatore dalla Serie A, le prime operazioni della nuova politica accolsero i vari Elano (Santos) e Batista (Galatasaray) fino a Jádson e Ivan dall’Atletico Paranaense. Club quest’ultimo che nel 2005 propiziò pure Fernandinho, 8 anni in squadra e cessione da 40 milioni di euro al Manchester City. Meno fortunato Leonardo prelevato dal Santos, decisamente brillante Luiz Adriano cresciuto nell’Internacional: non inganni la parentesi opaca al Milan, d’altronde l’attaccante classe 1987 è una garanzia nell’ex Unione Sovietica. Si è ritrovato allo Spartak Mosca, addirittura figura come il miglior marcatore all-time dello Shakhtar con 128 reti.

L’estate 2007 registra le prime cessioni onerose (Elano e Matuzalém per 27 milioni di euro) e l’arrivo di Cristiano Lucarelli dal Livorno, new entry come Ilsinho (San Paolo) e soprattutto Willian dal Corinthians: costato 14 milioni, verrà rivenduto a 35 nel gennaio del 2013 ai russi dell’Anzhi. Non aggreghiamo all’elenco Marcelo Moreno Martins, padre brasiliano ma nazionale boliviano dal 2007, erede di Brandão ceduto al Marsiglia senza troppi guizzi. La coppia d’oro targata 2009 risponde piuttosto a Douglas Costa e Alex Teixeira, acquistati rispettivamente da Grêmio e Vasco da Gama: una spesa complessiva pari a 14 milioni di euro, ma che dire dei 66 milioni di plusvalenze incassati 6 anni più tardi?

Non sono brasiliani né Chygrynskiy, flop al Barcellona e tornato alla base con un guadagno di 10 milioni, né tantomeno Mkhitaryan dal futuro interesse pari a 22 milioni dopo la cessione al Borussia Dortmund. Loro come Eduardo, attaccante di Rio De Janeiro eppure da tempo nazionale croato. Nel 2011 saluta Jádson, addio che non intacca la spedizione brasiliana: arrivano infatti Dentinho dal Corinthians e Alan Patrick dal Santos. La Seleçao d’Europa detta legge nella stessa Ucraina con Taison tesserato dal Metalist mentre dal Volyn Lutsk non lascia il segno Maicon Oliveira, scomparso nel 2014 in un incidente stradale proprio a Donetsk. L’estate del 2012 riserva anche l’acquisto dal Braga di Ismaily, anno che precede nuovi rinforzi dal Brasile: parliamo di Bernard dall’Atletico Mineiro (25 milioni di euro, trasferimento record del club) e Fred dall’Internacional, Fernando dal Gremio fino a Wellington Nem dal Fluminense. Non è un caso che diversi innesti dello Shakhtar arrivino dalle squadre di Porto Alegre, città dove Henouda è spesso di base.

La tradizione prosegue nel 2014 con un doppio arrivo dal Metalist, Marcio Azevedo e soprattutto Marlos all’epoca ancora brasiliano prima di sposare la Nazionale ucraina. Solo la guerra del Donbass interrompe gli affari con il Sudamerica, comporta inquietudini nello spogliatoio e operazioni in uscita: le cessioni di Alex Teixeira (89 gol nel club) e Douglas Costa, seguite dalle destinazioni italiane per Fernando (Sampdoria) e Luiz Adriano (Milan), fruttano allo Shakhtar la bellezza di 96 milioni di euro nella stagione 2015/16. L’acquisto di calciatori brasiliani si è interrotto per due anni fino all’arrivo del terzino destro Dodô, 19enne strappato a gennaio al Curitiba per ovviare alla squalifica shock di capitan Srna, recordman di presenze (536) nel club. Il 25° verdeoro nella storia arancionera ha ribadito la filosofia dello Shakhtar nonostante l’addio di Lucescu, eccellente poliglotta, sostituito da Paulo Fonseca agevolato dalla lingua madre portoghese. Un po’ Guardiola e un po’ Mourinho, meno frenesia e più possesso palla ragionato. Un piccolo Manchester City trascinato dai gol dell’argentino Facundo Ferreyra, El Chucky in onore di un noto film horror degli anni ’80.

Roma verdeoro

Lo Shakhtar annovera 8 brasiliani in rosa, gruppo dove spiccano i brevilinei offensivi Taison e Bernard (svincolato a giugno) così come il centrocampista d’equilibrio Fred. Convertito in mediano da Lucescu, arrivò nel 2013 per sostituire Fernandinho destinato a Manchester e ripeterà lo stesso percorso in estate mettendosi a disposizione di Guardiola (50 i milioni di euro investiti dal City secondo la stampa inglese). Fred ritroverà in serata gli ex compagni Alisson e Juan Jesus all’Internacional, club dove i due giallorossi hanno incrociato anche gli "ucraini" Taison ed Alan Patrick fino a Bernard in Nazionale. E a proposito di incroci, nei precedenti tra Roma e Shakhtar i brasiliani hanno sempre lasciato il segno: Taddei nell’unica vittoria giallorossa, il trio Jádson-Douglas Costa-Luiz Adriano nel colpo all’Olimpico fino al doppio Willian nel 3-0 targato 2011. Non è un mistero infatti che pure la Roma risponda ai gioielli della Seleçao: sono 30 i brasiliani impegnati nella Capitale nel nuovo millennio a partire dagli iconici Aldair e Cafu, Zago e Assunção. Altrettanto indimenticabili Emerson, Mancini e Taddei, decisamente più fortunati rispetto alle meteore Rodrigo Defendi e Filipe Gomes. Come trascurare la batteria di portieri (Doni, Julio Sergio e Artur) oppure attaccanti "bestiali" del calibro di Adriano e Júlio Baptista fino alla "difesa do Brasil": Juan e Cicinho, Marquinhos e Maicon oltre a Castán. Loro connazionali i 4 giocatori convocati da Di Francesco nel freddo di Kharkiv, temperatura poco familiare con i 28 gradi di Porto Alegre: non ricordatelo ai brasiliani, amici e avversari nella notte di Champions.