Roma, 4 chiavi per battere lo Shakhtar

Champions League

Emiliano Battazzi

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La partita d'andata ha lasciato ancora tutto aperto per la qualificazione della Roma, che però dovrà imparare e ripartire dai propri errori. Ecco 4 mosse strategiche con cui la squadra di Di Francesco migliorerebbe le proprie possibilità di passare il turno

ROMA-SHAKHTAR DONETSK: LA DIRETTA LIVE 

Gli ottavi di Champions League, finora, hanno enfaticamente dimostrato l’importanza degli elementi immateriali del calcio: la storia, la forza mentale e l’esperienza di Real Madrid e la Juventus si sono dimostrate più forti e importanti persino di acquisti fantasmagorici (del PSG) e proposte di gioco offensivo di alto livello(del Tottenham). Insomma, non esistono ricette sicure da seguire in Champions League: molti elementi pressoché non allenabili possono influenzare il risultato finale in modo decisivo, e questo varrà anche e soprattutto per la squadra di Di Francesco, che in questa stagione ci ha abituato a prestazioni molto variabili sul piano dell’intensità mentale e dell’efficacia. Ci sono alcuni accorgimenti, interpretazioni ed indicazioni che in ogni caso potrebbero aiutare la Roma dal punto di vista tattico, per affrontare al meglio la sfida decisiva contro lo Shakhtar di Fonseca, una squadra che elabora in modo sofisticato le complessità di una partita, e dimostrare che dagli errori passati si può in effetti ripartire per crescere e migliorare.

1. La Roma dovrà interpretare bene i diversi “momenti” della gara

Una delle grandi lezioni del Real Madrid delle due Champions consecutive è proprio questa: gestire i momenti, rimanere sempre dentro la partita, è fondamentale. Parafrasando Neruda, nella fase eliminatoria della Champions non bisogna vivere ogni minuto della partita come fosse il primo o l’ultimo. Ogni singolo minuto è unico, ma la consapevolezza di quante opportunità ci sono in tutti i 90’ (o 120’) di gioco può fare la differenza. Nel corso della partita le onde da affrontare potrebbero essere anche molto alte, ma non bisogna mai perdere di vista la terra: cosa che invece all’andata la Roma non fece.

La gestione mentale dei momenti della partita è una tradizionale criticità giallorossa, e con la gestione di Di Francesco nulla è cambiato: dopo aver subito il gol del 2-1 in Ucraina, lo Shakhtar ha rischiato di affondare i giallorossi (solo Alisson e Bruno Peres hanno evitato un passivo più pesante). Quasi una replica della sconfitta di Lione nell’Europa League della scorsa stagione. Capire i diversi “momenti” significa anche che non bisogna per forza partire all’arrembaggio, anzi, e che non esiste un momento migliore degli altri per segnare (anche se è vero che la Roma gioca molto meglio quando sblocca il risultato, perché l’avversario lascia gli spazi che il lento giro palla giallorosso a volte non riesce a creare). Persino subire un gol non cambierebbe di molto la faccenda: è proprio l’insegnamento che dovrebbe aver tratto la Roma dalla partita d’andata.

2. Battere e levare

La riconquista alta del pallone è per la Roma un grande strumento difensivo, ma se possibile lo è ancor di più a livello offensivo: è l’attacco in transizione, quando gli avversari sono presi in situazione di disordine difensivo, la situazione in cui i giallorossi sembrano trovarsi meglio.

Qui sotto un esempio di quanto sia importante per la Roma riconquistare il pallone per poi attaccare, dalla partita con il Napoli. Le occasioni migliori, nascono così.

Nella partita di andata il sistema di pressione elaborato da Di Francesco funzionò solo nei primi e negli ultimi minuti del primo tempo: poi la squadra si è disunita, con la difesa restia ad accorciare gli spazi in avanti, permettendo molte ricezioni ai trequartisti tra le linee.

Per la partita di ritorno, la Roma potrebbe usare fasi di pressione alta organizzata solo in momenti specifici, cercando di rimanere compatta verticalmente, da alternare con fasi di pressione orientata. Invece di aspettare passiva, come a volte succede ai giallorossi in fase di difesa posizionale, Di Francesco potrebbe compiere una mossa di judo, usando un’intuizione di Fonseca (coprire Fazio per costringere Manolas a impostare) per ribaltarlo: spingere il possesso dello Shakhtar verso il centro-destra, coprendo con Dzeko ogni possesso di Rakitsky (stupefacente per la qualità nei passaggi lunghi) per non concedergli le molte tracce verticali dell’andata.

La Roma ha bisogno di andare in pressione alta per riconquistare il pallone, ma non può farlo sempre. è proprio negli altri momenti che la Roma deve smaliziarsi: non ritornare ad essere passiva e vulnerabile, meglio una pressione orientata, considerando che l’uscita del pallone degli ucraini non è sempre così pulita.

3. Forse conviene rinunciare al “doble pivote”

Nella partita d’andata, Di Francesco aveva scelto il 4-2-3-1, anche per schierarsi a specchio contro la formazione di Fonseca e garantire facili riferimenti ai suoi giocatori. Quella, però, è stata l’ultima occasione: poi i giallorossi sono tornati al caro vecchio 4-3-3 (tranne nel secondo tempo con il Torino). Il problema ovviamente non è nei numeri, ma nelle interpretazioni: con il doble pivote all’italiana, De Rossi e Strootman si dividevano la copertura del campo in orizzontale, evitando di creare buchi tra le linee; al tempo stesso, Nainggolan veniva posizionato in zona più centrale, senza più il compito di occupare la fascia per garantire ampiezza. A livello offensivo, i giocatori erano più liberi di indirizzare la giocata, non essendoci movimenti strettamente codificati.

Il nuovo sistema ha funzionato per alcune partite, ma ha mostrato con evidenza tutti i suoi difetti: con l’abbandono dei triangoli di progressione del gioco, la circolazione del pallone era diventata piatta, spesso perimetrale. Inoltre, la squadra tendeva ad allungarsi troppo, spezzandosi in due tronconi: cosa che la Roma, il cui gioco si basa sui movimenti compatti delle linee, non può permettersi.

Contro lo Shakhtar è probabile che Di Francesco terrà la barra dritta sul 4-3-3: il rischio più grande è quello di non riuscire a coprire con attenzione gli spazi ai lati e dietro al mediano. Considerando il talento delle tre mezzepunte brasiliane dello Shakhtar, la Roma dovrà quindi difendere quelle porzioni di campo nel modo più razionale possibile: annullando lo spazio, e non i giocatori. Se con il doble pivote davanti alla difesa la squadra trovava grandi difficoltà nel compattarsi verticalmente, con il ritorno al sistema classico le due linee di difesa e centrocampo dovranno muoversi all’unisono, avvicinandosi così tanto da ridurre gli spazi delle giocate avversarie. Difficile, certo, ma indispensabile: e d’altronde all’andata il 4-2-3-1 era talmente collassato da costringere Di Francesco a difendere con una sorta di 5-3-1-1 asimmetrico e disordinato.

4. Uscire dall’area per attaccare meglio

Lo Shakhtar preferisce difendere in avanti, mantenendo le linee molto compatte, per spingere spesso l’avversario in trappole di pressing, senza esagerare con l’aggressività in alto - per non disunire mai la squadra. Di conseguenza, lo Shakhtar lascia spazi dietro la propria linea difensiva: l’anno scorso sarebbe stato un compito per Salah, quest’anno la Roma è costretta a soluzioni più sofisticate.

Nel video qui sotto c’è un esempio di come Dzeko sia abile a tirarsi fuori dall’area per attirare i difensori avversari (Acerbi) fuori dalla propria zona di competenza, restando libero di ricevere. In questo caso al controllo e al passaggio smarcante per Nainggolan, che attacca lo spazio con i tempi giusti, segue un controllo sbagliato del belga, ma sono queste combinazioni che la Roma dovrebbe provare con maggiore insistenza.

Un altro esempio viene proprio dal gol dell’andata, quando Dzeko con un movimento ad uscire dall’area di rigore ottenne il pallone da Perotti, attirando Rakitsky fuori dalla sua zona. A quel punto, il taglio di Under dietro il terzino permise di sfruttare al meglio l’assist di Dzeko in profondità. Anche al ritorno, i giallorossi dovrebbero cercare di tirare fuori i centrali difensivi dalla propria comfort zone: poiché Perotti preferisce partire dall’esterno, questo compito non può che toccare a Dzeko. Il bosniaco è in realtà abituato ad attaccare la profondità, per allungare le difese avversarie: ma in questo caso la Roma ha più bisogno di qualcuno che sorprenda la linea difensiva alle spalle. Dzeko ha una sensibilità molto particolare per l’ultimo passaggio, che andrebbe sfruttata ancora di più: in particolare con i tagli di Under, ma anche con gli attacchi allo spazio di Nainggolan, finora molto più rari rispetto alla passata stagione.

Può sembrare paradossale utilizzare il miglior realizzatore della squadra soprattutto per assistere i compagni, ma proprio questo è uno dei vantaggi di avere Dzeko: poter sfruttare le sue qualità a tutto tondo, con l’inganno delle caratteristiche fisiche del centravanti boa.

In una partita in cui bisognerà essere più astuti dell’avversario, e pregi e difetti delle due squadre sono ormai chiari, anche le qualità nascoste potranno fare la differenza: non solo quelle tecnico-tattiche, ma anche quelle immateriali, gli “intangibles” che solo lo spirito della Champions riesce davvero ad esaltare.