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Roma, così Edin Dzeko ha dominato il Barcellona

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Daniele Manusia

Dopo quasi un’ora di gioco alla Roma mancano ancora due gol per recuperare il 4-1 subito al Camp Nou. La stessa squadra che contro la Fiorentina sembrava assente e confusa appena tre giorni fa, adesso sta giocando meglio del Barcellona. Dai primi minuti è scesa in campo con la giusta mentalità, quella di chi crede di poter rimontare anche contro tutte le previsioni, è persino riuscita ad accorciare subito, ma le mancano ancora due gol per compiere l’impresa e ogni minuto che passa le possibilità di farcela davvero si riducono. Servirebbe qualcosa che cambi l’inerzia della partita, che metta il campo in discesa per la Roma e in salita per il Barcellona. Di solito si dice che partite del genere, di questo livello, le decidono i fenomeni, i giocatori come Messi, come Iniesta. Ma la Roma ce l’ha un giocatore un così?

Al 56’ Ter Stegen rinvia dal fondo, la difesa della Roma vince il duello aereo e la seconda palla arriva a Nainggolan che sta stringendo da sinistra e serve di prima, al volo, il movimento in profondità di Edin Dzeko. La palla è precisa, ma è lenta. Dzeko sa già che non può arrivare in area senza affrontare il duello con Piqué e decide di affrontarlo nel modo più conveniente per lui: tenendo il difensore catalano alle spalle, usando il corpo come un cardine su cui far girare una porta. La genialità di Dzeko si manifesta nella scelta di non toccare il pallone finché non è in area: lo lascia rimbalzare quattro volte, lascia che la palla si posi a terra da sola e quando Umtiti arriva al raddoppio (e per qualche ragione difficile da capire anziché coprire la profondità sul destro del centravanti si ferma di fronte a lui) se l’allunga con il destro. Piqué gli sta tenendo il braccio da quando sono entrati in area ma non solo non riesce a spostarlo, finisce addirittura a terra tirando Dzeko verso di sé.

La resistenza di Dzeko diventa un dribbling e la caduta di Piqué un tackle sbagliato che procura alla Roma il rigore per riaprire la partita. Se la rimonta della Roma è merito delle decisioni di Di Francesco che ha letteralmente soffocato il Barcellona di Valverde, di tutte le singole prestazioni e dell’atteggiamento comune a tutta la squadra, Edin Dzeko ha giocato ieri una delle sue migliori partite di sempre, mettendo in mostra l’unicità del suo talento. Nessuno, oggi, interpreta il ruolo di centravanti come Edin Dzeko. Anzitutto perché il dominio di Dzeko nel cuore dell’attacco è difficilmente paragonabile a quello di un vero e proprio centravanti, in alcune occasioni somiglia di più a un numero dieci che altro.

Se questo è un centravanti, o piuttosto un centravanti e un numero dieci al tempo stesso.

La sua partita con il Barcellona è iniziata con un passaggio sbagliato a Kolarov in sovrapposizione. La seconda volta che tocca palla, però, è per iniziare a costruire l’azione del primo gol. La Roma aveva subito tre tiri nei primi cinque minuti di gara (uno, di Iniesta, ribattuto da Fazio; uno di Sergi Roberto parato da Alisson; uno di Messi di molto fuori) e non si era mai affacciata dalle parti di Ter Stegen. Dzeko stoppa male una spazzata di Kolarov dal limite dell’area e dietro di lui c’è Piqué che spinge per anticiparlo prima che riesca a controllare la palla, ma Dzeko si allunga con il sinistro e si sposta la palla dalla sua parte. Scarica su Florenzi e si sposta in fascia. Poi riceve di nuovo e scarica ancora all’indietro sulla difesa.

Un attimo dopo, il tempo che la palla arrivi a De Rossi, Dzeko è scattato tra Umtiti e Jordi Alba (in leggero ritardo). La palla di De Rossi è eccezionale e cade esattamente sul piede destro. Edin Dzeko non è in possesso di un talento tecnico perfetto, le sue giocate non hanno la stessa superficie liscia e priva di asperità di quelle dei migliori giocatori al mondo, c’è sempre qualche dettaglio fuori posto, che sembra sfuggire al suo controllo. Il suo genio sta proprio nel saper “giocare” con gli imprevisti. Ad esempio, è difficile capire se sul primo gol abbia voluto controllare esattamente la palla in quel modo, lasciandola rimbalzare verso Ter Stegen, deviandone appena la ptraiettoria con la punta del piede. Ma la straordinarietà di Dzeko sta nel modo in cui riesce a usare entrambi i piedi per evitare di cambiare passo o perdere tempo per coordinarsi. Dzeko finalizza con la suola del suo piede sinistro, con una specie di zampata che difficilmente si può insegnare in una scuola calcio ma che, al tempo stesso, è assolutamente perfetta.

La capacità di Dzeko di utilizzare il proprio corpo per lottare con la difesa e arrivare primo sui palloni che passano dalle sue parti è così eccezionale che gli permette di duellare anche con giocatori più esplosivi e veloci. Ovviamente, il corpo di Dzeko è utile soprattutto sulle palle contese. Sui lanci lunghi, sulle seconde palle. La Roma ha recuperato 29 palloni nella metà campo del Barcellona e Dzeko non ha perso neanche un duello aereo (una sola volta non ha conteso la palla a Umtiti, cadendo a terra anche se l’arbitro non ha visto niente di irregolare).

Il Barcellona ha vinto solo 4 dei 15 dei duelli aerei difensivi ingaggiati. 5 di quelli vinti dalla Roma li ha vinti Dzeko, che insieme a Juan Jesus è quello che ha vinto più duelli aerei in assoluto. 

Il colpo di testa più bello della partita di Dzeko è l’unico altro suo tiro in porta oltre al gol. Al 38’ Florenzi mette un cross alto e lento, che arriva perfettamente sulla testa di Dzeko come al suo solito (non sempre in maniera efficace) era andato sul secondo palo. Dzeko indurisce il collo e va a prendere la palla sopra la testa di Semedo, con Ter Stegen che sembra sorpreso di dover effettuare una vera parata. La Roma non ha una manovra offensiva definita nei dettagli e costruisce con difficoltà chiare occasioni da rete, se Dzeko assorbe una grande parte degli sforzi offensivi di squadre (dei 64.4 xG stagionali della Roma, ben 18.8, poco meno di un terzo, sono arrivati da sue conclusioni) è proprio perché è in grado di trasformare un cross di rame, come quello di Florenzi, in un’occasione d’oro.

Ma la partita di Dzeko è stata soprattutto un trionfo di sponde per conservare il pallone e movimenti senza palla, di controlli impossibili e corse in pressing per far lanciare lunga la difesa blaugrana («Non siamo riusciti a imporre il nostro stile», ha detto Valverde a fine partita). A voler trovare una giocata simbolo - che non sia né il gol dell’1-0 né il rigore procurato del 2-0 - possiamo scegliere tra il controllo di esterno, quasi di tacco, con cui al 48’ ha stoppato un lancio di Alisson. Ancora una volta un gesto tecnico ambizioso, che pochi avrebbero pensato, che Dzeko esegue in maniera poco pulita ma perfetta. Con l’esterno si manda la palla sul fianco ed è fortunato a trovarsela disponibile per girare di destro al volo per Florenzi, aprendo il campo e facendo salire la Roma almeno di trenta metri, ma solo controllandola in quel modo ha evitato Busquets che lo chiudeva sul lato destro e anticipato Rakitic che stava raddoppiando centralmente.

Oppure possiamo prendere lo stop eseguito sul lancio di Florenzi al 15’. Il campanile dell’esterno destro sarebbe stato difficile da stoppare per qualsiasi altro giocatore senza avversari intorno, senza pressione, Dzeko riceve il meteorite di Florenzi con Piqué appoggiato alla schiena, trasformandolo in una palla di stoffa di Ikea adatta per giocare in salotto con il proprio figlio senza fare danni.

Il giornalista inglese Barney Ronay nel 2011 aveva coniato la definizione di “centrocampisti gnomi con il controllo al velcro” per il Barcellona di Guardiola, lamentandosi di quell’assurda capacità di tenere la palla incollata al proprio piede. Edin Dzeko sempre avere una qualità “al velcro” nel controllo di petto (sempre Ronay aveva anche usato lo stesso concetto per definire la qualità di Fellaini), una tecnica persino superiore a quella visibile nei suoi passaggi. Dopo aver stoppato il pallone di Florenzi, ad esempio, rialza la palla per passarla a Nainggolan, che da quaranta metri prova a calciare al volo cadendo in scivolata.

Verso la fine della partita la difesa del Barcellona non prova neanche più ad anticiparlo. Piqué, che aveva giocato una grande partita d’andata, uno dei difensori più tecnici al mondo, di quelli che vanno sempre per contendere la palla agli attaccanti, lo lascia ricevere e girarsi (così, al 73’, manda Under al tiro). Difensori come Piqué vanno in difficoltà, nell’uno contro uno, solo con giocatori capaci di nascondergli la palla. La palla si può nascondere con la tecnica pura (doppi passi, elastici e altri trick) oppure, come fa Dzeko, con una tecnica adattata al proprio corpo, ma l’impotenza di Piqué è la prova tangibile del suo controllo tecnico, oltre che fisico e mentale, sulla gara.

Del carisma da leader di Dzeko (che, fa sorridere a pensarci oggi, sembrava aver lasciato la Roma a gennaio) ci sono molte istananee nella partita di ieri: il pallone baciato e messo in mano a De Rossi prima del rigore, il fatto che dopo aver segnato il primo gol non esulta neanche un secondo ma corre subito a prendere la palla in fondo alla rete per continuare il prima possibile alla rimonta.

Ma c’è anche il calcio d’angolo battuto da Kolarov al 25’, troppo lungo e troppo a rientrare, che finisce sulla testa di Iniesta che prova a mettere subito in moto Luis Suarez per una transizione potenzialmente letale, che invece viene intercettato da Dzeko che subito la passa all’indietro ad Alisson. Forse i settantamila dell’Olimpico che applaudono il proprio centravanti per un retropassaggio di cinquanta metri rendono l’idea dell’importanza di Dzeko più di qualsiasi altra cosa. Senza essere perfetto. Anzi, senza neanche provare ad essere perfetto, senza rinunciare alla sua unicità.