2019, Triplete al "Wanda": il sogno-Champions della "pazza" Inter

Champions League

Alfredo Corallo

Nel giorno in cui l'Inter celebra il Triplete conquistato il 22 maggio del 2010 al Bernabeu e con la qualificazione appena ottenuta in Champions, gli interisti sognano un'altra impresa a Madrid, nella finale che, nel 2019, si disputerà al "Wanda" (Metropolitano) dove capitan Icardi e signora giocherebbero praticamente a casa...

"Era una partita dove io no volevo la palla: perché ci sono partite dove si vuole la palla, ma io no volevo la palla. Perché... il Barcellona vuole pressare la palla, ma si noi non abbiamo palla como possono loro pressare?". José Mourinho si esprime nel suo personalissimo slang português e mezzo milanées e sorride sardonico, sentenzia e "slinguetta" da par suo, bagnato come un pulcino, innaffiato dagli idranti dei dispettosi catalani. Mani in tasca, ogni tanto porta l'indice all'orecchio, quell'indice che 5 minuti prima aveva puntato in trionfo verso i 5mila tifosi dell'Inter in delirio, appollaiati in uno spicchio del Camp Nou, stanchi, distrutti dalla fatica di vedere una squadra resistere in 10 alle pallonate di Messi e Ibra e sperare nei miracoli di Julio Cesar (che arrivano, puntuali); ma sono felici, come in quei viaggi spericolati di vascorossiana memoria che vorresti non finissero mai. Intanto, dall'altra parte dello stadio... mentre Fabio Caressa invita i bauscia di chiamare subito l'agente immobiliare ("Prendete casa a Madrid, prendete casa a Madrid!") in quella stessa parte della tribuna un ragazzo di 17 anni sogna di indossare i colori nerazzurri del suo idolo Javier Zanetti: è un giovane della Masìa blaugrana, eppure tifa per gli avversari.

A casa di Wanda

La verità è che "il famoso tiki-taka-taka-tiki-tiki-taka" (questo è ancora Mourinho che "canzona" Guardiola) non è nelle sue corde, e ad aprirgli gli occhi è proprio quell'Ibrahimovic barattato con Samuel Eto'o (+46 milioni) nell'estate del 2009. Perché Maurito si vede già al posto di Diego Milito... ed è così che andrà. Ma questo nuovo viaggio è appena cominciato, anche se la destinazione è la stessa, cambia soltanto la data e il nome della fermata: non è il 22 maggio, ma il 1° giugno; non si chiama più Santiago Bernabeu ed è anche meglio, perché c'è qualcosa di familiare nell'aria, sarà come sentirsi a casa: la prossima finale di Champions League non si giocherà nel regno delle Merengues ma nello stadio dell'Atletico, al "Wanda". Sarà come giocare sulla sua terrazza, quella affacciata sul Meazza. A loro, si sa, piace stare comodi...

Le lacrime del Niño 

Nel giorno in cui tutti gli interisti "festeggiano" l'anniversario del Triplete, a casa Icardi, 8 anni dopo quell'impresa, i sentimenti sono contrastanti: c'è la soddisfazione, l'orgoglio di avere contributo alla sospirata qualificazione in Champions, arrivata anche grazie al suo rigore segnato alla Lazio, che è valso il temporaneo pareggio - prima del 3-2 di Vecino - oltre al centesimo con l'Inter e pure il titolo di capocannoniere della Serie A (da "smezzare" con il valoroso Ciro Immobile). Ma 29 gol in stagione non sono bastati a convincere il ct argentino Sanpaoli a portarlo ai Mondiali ed è umano che negli occhi del "niño" si legga un velo di tristezza. Sul "belvedere" di San Siro si è banchettato, "sbevazzato" e asado come se piovesse, ma sotto l'ombrellone di Wanda - che ci ha raccontato su Instagram questa 24 ore non stop, con Lisandro Lopez "compare di bevute" di Maurito - la festa non è sembrata completa: e quel tavolo ricoperto dalle Figurine Panini di Mauro con la camiseta dell'Albiceleste dice tutto... Ma Icardi ha 25 anni, ed è il leader di un club che aspira a tornare ai vertici del calcio italiano - e internazionale - per rivivere nuovamente quelle sensazioni che l'Inter dei Moratti ha regalato nei suoi due cicli leggendari: certo, oggi appare una "pazzia" pensare veramente al Wanda Metropolitano... che Cristiano Ronaldo e Momo Salah devono ancora giocare la prossima, di finale. Già, sabato, a Kiev: dove tutto cominciò...

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La prima instantea non può che riportarci all'86' del 4 novembre 2009, un mercoledì: l'Inter sta perdendo 1-0 in casa della Dinamo Kiev, punita dal "solito" Shevchenko. È un po' come la storia del gol di Baggio alla Nigeria: Mourinho - come Arrigo Sacchi - sta già salendo mestamente le scalette dell'aereo, ultimo nel suo infernale girone. Ha pareggiato a Milano con il Barcellona, 1-1 a Kazan (dove torneremo) e 2-2 nel primo match con gli ucraini. Quando... Snejder serve Milito, che stoppa di destro e graffia la palla col destro: 1-1 e via di corsa a mettere il pallone sul dischetto del centrocampo, c'è il tempo per ribaltarla, è nel dna dei nerazzurri. Il colpo di genio è di Balotelli, al minuto 89': tacco a smarcare Muntari, fiondata di Sulley, il portiere (Bogush) non trattiene, il Principe la rimanda in porta quasi dalla linea di fondo, schizza sulle mani di Bogush, finché Snejder non si avventa su questa benedetta palla che finisce in fondo alla rete.

Bravo Balotelli, ma a Kazan? "Mario era molto divertente. Potrei scrivere un libro di 200 pagine su di lui. Ma non sarebbe un dramma, sarebbe una commedia" racconterà Mourinho. "Giocavamo in Russia e non avevo altri attaccanti: né Eto'o né Milito, avevo solo Mario. A fine primo tempo si fa ammonire. Una volta negli spogliatoi utilizzai 14 dei 15 minuti dell'intervallo parlando solo con lui. Gli dissi: "Mario, non ho altre punte con cui cambiarti, non ho alternative. Gioca solo con la palla. Se gli avversari ti provocano non reagire, se l'arbitro fa un errore non reagire. Mario, ti prego". Minuto 47': cartellino rosso". E risate, ora...

Rete-rete-rete

Balotelli si rifarà nel "ritorno" contro il Rubin, decisivo per il passaggio del turno dopo la sconfitta a Barcellona:è sua la "fucilata" della tranquillità, il 2-0 che spedisce l'Inter agli ottavi di finale (di Eto'o l'1-0). E sarà proprio il leone camerunense "tuttofare" (anche il terzino, nel "fuoco" per Mourinho) a firmare la vittoria di Stamford Bridge contro il Chelsea di Carletto Ancelotti e Didier Drogba, lanciato magistralmente da Snejder nella "ripartenza perfetta". Come all'andata ci aveva pensato Cambiasso, con un sinistro da far accapponare la pelle, ripensando al ruggito del Meazza di quella notte. Ma niente in confronto a quello che successe il 20 aprile del 2010, quando i nerazzurri si trovarono davanti - per la terza volta - i campioni del mondo blaugrana: Pedro, ma poi Sneijder, Maicon e Milito, rete-rete-rete...

Tu sì che sei speciale 

Fino all'atto conclusivo, al Bernabeu contro il Bayern Monaco: la doppietta del "milonguero" Milito, Zanetti che alza la Coppa dalle grandi orecchie a distanza di 45 anni dall'ultima volta, sempre nel segno della dinastia Moratti. Dopo lo scudetto di Siena e la Coppa Italia vinta all'Olimpico con la Roma, il numero 22 regalava al popolo nerazzurro l'eternità del Triplete, il primo - e unico, finora - club italiano a riuscirci. E piangevano l'uno sulla spalla dell'altro, quella notte, José Mourinho e Marco Materazzi. Quel tenero abbraccio d'addio, sullo sfondo della magica serata madrilena, segnava inesorabilmente la parabola discendente di un legame viscerale che al Bernabeu aveva partorito l'emozione attesa da una vita, seppur consapevole - Matrix - che il totem portoghese la sua decisione l'aveva presa da un pezzo: rimaneva a Madrid, "tradendo" la fede di un popolo che lo aspettava adorante nella folle alba della Milano nerazzurra e nessuno, giurano, amerà quell'uomo come l'hanno amato loro. Una promessa è una promessa.