Roma-Porto, la notte magica di Zaniolo vissuta da bordocampo

Champions League

Angelo Mangiante

Non una serata come le altre. Due gol, i cinquantamila che esplodono e De Rossi che conferma: "Sì, diventerà un campione". Dai consigli di Di Francesco accanto a lui sulla fascia destra alla reazione dell'Olimpico dei suoi tifosi, che già lo amano alla follia. Nicolò Zaniolo visto a pochi metri dal campo, nel racconto di una notte da star

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"Entra nell'area Nicolò. Entra e tira. Dai dai che ci siamo". Sono passati venti minuti nel secondo tempo. Di Francesco urla, Nicolò assorbe il suo messaggio e lo esegue. Cinque minuti dopo, di destro, batte Casillas nel primo passo di una serata storica. Cominciata da ala destra. Perché il giorno prima Di Francesco gli aveva parlato a Trigoria. Spiegandogli che senza Schick anziché da mezzala avrebbe giocato sulla fascia. "Non c'è problema" la sua risposta. Gli ha sempre risposto così. Anche quando gli aveva chiesto di esordire al Bernabeu. Anche quando lo ha schierato una volta da centravanti. Quattordici volte da trequartista, quattro da ala destra e tre da trequartista. "Non c'e problema".

Sulla fascia c'era Telles che spingeva e Brahimi, il più pericoloso. Dalla panchina Di Francesco sapeva come guidarlo: "Stai pronto a rientrare Nicolò. Dai una mano anche a Florenzi". Su e giù per la fascia. "Riparti Nicolò, punta Telles pure tu. Vai nell'uno contro uno". Duello fisico, tosto. Con Telles che entra duro e lui si rialza senza fiatare. Di gomma. Mai un cenno di reazione. Freddo, freddissimo. "Tieni palla Nicolò se vedi che la squadra è lunga. Proteggila". È dura la partita. Deve difendere, ripartire, dettare i tempi e possibilmente segnare. E quando arriva il secondo gol, è tutto un boato. Si abbracciano tutti. Cinquantamila in piedi e la Curva Sud con la vena di fuori.

Ci voleva un diciannovenne a sanare fratture e fischi. Roma è straordinaria. Si arrabbia come pochi e sa amarti come pochi. Ma se la conosci non ne puoi fare a meno. Perché queste serate di Champions ti riempiono cancellando 7-1 e flop imprevisti. "Soprattutto dopo i 7-1 ringrazio Dio per avermi fatto romanista" così un giorno disse De Rossi. Uno che ha preso Nicolò sotto l'ala protettrice. Perché lo ha visto arrivare in punta di piedi. Con umiltà. Come fanno gli ultimi arrivati che vogliono imparare. Uscendo quasi sempre per ultimo dal campo. Ha legato molto anche con Lorenzo Pellegrini e El Shaarawy. Con lo staff tecnico. Con il rispetto conquistato sul campo. Con i senatori che hanno capito ben presto chi fosse quel ragazzino arrivato senza ancora un minuto di Serie A. 

Dichiarazioni come sempre non di facciata nel post partita di De Rossi: "Nicolò è già un grande giocatore. Sono sicuro che diventerà un campione". Campione, ha detto così.

Chissà quale carriera riuscirà a percorrere. Da quel primo batticuore dell'esordio a Madrid non si è più fermato. Al Bernabeu nel tunnel ha confidato di avere le gambe che tremavano. Ma si era imposto dentro se stesso di non farlo vedere. Nessuno doveva accorgersi che aveva paura. L'umana paura. Quella che hanno tutti. La stessa che ora, a volte, hanno i tifosi della Roma: di perderlo. Ma non perché leggi 40 milioni su un foglietto di Paratici che, chissà perché, tra tanti stadi al mondo era proprio all'Olimpico. Non perché un giorno può essere rapito da una cosa strana che si chiama "plusvalenza". Non c'è un perché. Però c'è sempre qualcosa nell'aria che ti ricorda che in fondo non c'è "mai 'na gioia" a Roma. Allora stavolta va vissuta così. Con la malinconia mai sopita di vedere Totti in tribuna e il petto in fuori di vedere un nuovo marziano sbarcato lì. È arrivato out of the blue, all'improvviso, e si è preso Roma. Con la faccia pulita. I modi garbati. I muscoli d'acciaio. Un piede che ti stende. E guardarlo esultare lì, sotto la Curva Sud, tra un record e l'altro, significa tanto. Tantissimo. È l'orgoglio di esibire qualcosa per cui sognare. Basta quello. Sì, è dolce, dolcissimo anche solo quello. Sognare. In fondo, la doppietta è solo un dettaglio.