Ventuno partite su 38 mantenendo la porta inviolata, solo 4 gol subiti nelle ultime 9 gare, zero nelle ultime 5. Sono alcuni degli impressionanti numeri della difesa di Simeone, ma un precedente - il 4-0 del Borussia Dortmund proprio in Champions - dà speranza alla Juve. Tre le modalità per arrivare dalle parti di Oblak: cross, tiri da fuori e... rigori
Partiamo dalle cattive notizie. In questa stagione, tra campionato e coppe, l’Atletico Madrid ha perso soltanto 4 volte. Tre di questi risultati, anche se dovessero replicarsi, non sarebbero sufficienti alla Juventus per ribaltare il 2-0 incassato a Madrid. Non basterebbe l’1-0 con cui il Real Betis, in casa propria, ha sconfitto i Colchoneros a inizio febbraio, e nemmeno il 3-1 con cui pochi giorni dopo il Real Madrid ha vinto il derby espugnando il Calderon: ripetuto a Torino, qualificherebbe comunque la squadra di Simeone.
Il 2-0 incassato dall’Atletico a inizio settembre contro il Celta Vigo porterebbe la gara ai supplementari, per cui l’unico precedente al quale la Juve può aggrapparsi e dal quale prendere spunto resta il 4-0 che il Borussia Dortmund ha inflitto ai Colchoneros, nella loro unica, fin qui, sconfitta in questa edizione della Champions. Era dalla finale di Champions del 2014, quella persa contro il Real quasi 5 anni fa, che l’Atletico non ne prendeva 4 in una partita sola, e in ogni caso va detto che in quell’occasione, al 90°, ne aveva incassato solo uno. Anzi, nemmeno quello, dato che il pareggio di Sergio Ramos dopo il vantaggio di Godin arrivò al 93° e solo ai supplementari il Madrid improvvisamente ringalluzzito dilagò su un Atletico che già si sentiva la coppa tra le mani. Ad ogni modo: alla Juventus, martedì sera, “basterebbe” il 3-0.
Cosa insegna il 4-0 del Borussia Dortmund
Il bigino più utile per capire come si possa segnare all’Atletico Madrid, dunque, resta quello scritto in tedesco dagli uomini di Favre nella partita del 24 ottobre giocata a Dortmund, con i gialloneri che sbloccarono la gara con Witsel verso la fine del primo tempo (conclusione da fuori deviata che prese in controtempo Oblak) per poi scatenarsi nella ripresa: Guerreiro al 73°, Sancho all’83°, ancora Guerreiro all’89°. Come a dire che la pazienza tanto predicata da Allegri in questi giorni è veramente l’arma migliore da sfoderare in partite del genere. Tatticamente, invece, quel precedente insegna che l’Atletico affondò soprattutto a causa di due mosse sbagliate, come risulta anche dall'analisi fatta da Stefano De Grandis nel corso di Sky Calcio Club: la prima, rintanandosi tutto nella sua area, affollando la zona centrale di uomini ma concedendo così le fasce al Dortmund per cross e facili cambi di campo; la seconda, schiacciandosi davanti alla propria porta, regalando agli avversari la possibilità di tirare da fuori indisturbati. Tra la palla e la porta c’era sempre la proverbiale “selva di gambe”, è vero, ma proprio così – con una deviazione – Witsel trovò il colpo che sbloccò la gara. Appunti utili fino ad un certo punto ad Allegri, dato che sono passati quasi 5 mesi e prima di lui quel filmato sarà finito sulla scrivania di Simeone, che nel frattempo avrà apportato delle correzioni…
Il fattore "rigore"
Dopo quel ko, infatti, ne sono arrivati solo 2 in 26 partite, quelli contro Betis e Real Madrid maturati nel giro di sei giorni a inizio febbraio, quando la testa, forse, era già all’ottavo di Champions contro la Juve in programma una decina di giorni dopo. I numeri parlano chiaro: in tutta la stagione, in 38 partite fin qui giocate, l'Atletico ha mantenuto la porta inviolata in 21 casi, e dopo quel recente doppio inciampo, ha sempre vinto, 5 su 5, senza subire nemmeno un gol. Allargando il discorso, nelle ultime 9 partite tra campionato e coppe la squadra di Simeone ha preso solo 4 reti (in quelle due famose partite), di cui due su rigore (da Canales del Betis e da Sergio Ramos, un incubo), che a questo punto diventa sul serio una delle "modalità" con cui è possibile bucare la porta di Oblak, nel senso che entrambi i tiri dal dischetto sono stati gentili omaggi di difensori distratti (fallo di mano di Filipe Luis) o fin troppo irruenti (Gimenez su Vinicius jr). Anche la difesa più arcigna, ogni tanto, si concede una pausa.