Slavia-Inter, cartoline da Praga: viaggio nella "Zemanlandia"

Champions League

Alfredo Corallo

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A mezzo secolo dalla "Primavera di Praga" e a 30 anni esatti dalla "Rivoluzione di Velluto" la capitale della Repubblica Ceca vive una nuova ondata di proteste, contro il premier Babis e il presidente "filorusso" Zeman. No, nessuna parentela con Zdenek: ma la vita dell'allenatore boemo è strettamente legata a quelle "metamorfosi" storiche e allo Slavia, avversario dell'Inter in Champions

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Fa una certa impressione pensare che "appena" mezzo secolo fa, in questa piazza, un ragazzo, uno studente di filosofia, sacrificava la sua vita in nome della libertà del popolo cecoslovacco e nella maniera più atroce: cospargendosi il corpo di benzina e dandosi alle fiamme. Colpisce perché oggi, nella stessa Piazza San Venceslao, ritroviamo un coetaneo - ma non connazionale, pare - di Jan Palach giocare alla "torcia umana" per racimolare qualche spicciolo, elemosinando l'insostenibile leggerezza dell'essere "social" dei turisti; gli stessi tourists che, a qualche decina di metri di distanza, apparentemente inconsapevoli del paradosso - troppo giovani o perché poco informati ("Kundera chi?") - si "sparano" i selfie sulla lapide dedicata al più celebre martire della nazione. Eppure, soltanto un paio di settimane fa, nel 30° anniversario della "Rivoluzione di Velluto" (la rivolta ispirata dalla "memoria" di Palach e guidata da Vaclav Havel che nell'autunno del 1989 portò alla caduta del regime comunista) oltre 300mila persone hanno invaso il Letna Park per chiedere le dimissioni del primo ministro Andrej Babis, tra gli uomini più ricchi e influenti del Paese, accusato di svariati conflitti d'interessi, "per di più" slovacco (come l'interista Skriniar) e appoggiato dal presidente "filorusso" Zeman...

Piazza San Venceslao, a Praga

Zemanlandia

Milos, Zeman. Da non confondere con il "nostro" Zeman che, pure, nella capitale è nato nella primavera del 1947 e dalla quale era scappato al tramonto di un'altra Primavera, ben più drammatica. Con l'invasione dei carri armati e l'occupazione militare sovietica a Zdenek - allora anche lui studente universitario - non rimase infatti altra strada che la fuga, dalla casa che si affacciava sul fiume Moldava e sulla Cattedrale di San Vito al mare di Palermo, ospite dello zio materno "Cesto". Non uno zio "qualsiasi": Cestmir Vycpalek era stato un grande centrocampista, un mito dello Slavia, con cui vinse diversi titoli nei primi anni Quaranta. Deportato nel campo di concentramento di Dachau in piena seconda guerra mondiale, trovò la salvezza in Italia, prima a Torino (acquistato dalla Juventus) e poi in Sicilia, trascinando i rosanero alla promozione in Serie A e diventandone capitano e nel 1958 anche allenatore. Finché, nel 1970, l'amico Giampiero Boniperti non lo riporterà in bianconero e alla conquista di due scudetti, eletto "Seminatore d'oro" nel 1972, primo straniero a essere insignito della medaglia di miglior tecnico. Un premio che non toccherà mai in sorte al nipote, neanche ai tempi del Foggia e della sua "Zemanlandia"; tutt'al più "Panchina d'argento" (per la super stagione in B con il Pescara) quando, nel 2013, Antonio Conte fu premiato con quella d'oro. Ciò non toglie che ZZ rappresenti ancora oggi un modello anche per le giovani generazioni di allenatori cechi, come lo stesso mister dello Slavia Trpisovsky che proprio a noi aveva "confessato" la sua stima per Zeman. Certo, la situazione è stata decisamente kafkiana...

Zdenek Zeman e Antonio Conte
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La Metamorfosi di Praga

E sì, perché alla vigilia dell'andata di Slavia-Inter, in fase di traduzione, alla nostra domanda su cosa pensasse del suo illustre conterraneo deve essere scattato un "corto circuito", provocando la risata generale dei giornalisti volati a Milano da Praga. "In che modo MILOS Zeman l'ha influenzata?" è il simpatico quesito che sarebbe arrivato alle orecchie di Trpisovsky, divertito anche lui da questa bizzarra "lost in traslation". Tentato per un attimo e subito rinsavito dal rischio di una battuta che nella contingenza politica dell'attuale Repubblica Ceca avrebbe potuto generare non pochi grattacapi. "Ehm... credo di avere capito la domanda... Il signor ZNEDEK Zeman ha la mia grande ammirazione. È un uomo testardo, e rispetto la sua coerenza. Ho imparato a conoscere il vostro campionato grazie a lui, con le sue idee ha cambiato questo sport". Tradotto (da noi): un visionario, un "mago". E non poteva essere altrimenti per un figlio della città "magica" per antonomasia, la culla degli alchimisti, ricca di leggende e simboli mistici, dal Ponte Carlo IV all'Orologio Astronomico di Stare Mesto; al Castello, da sempre sede del potere: dei re di Boemia, del Sacro Romano Impero, di quello Austro-Ungarico e adesso... del presidentissimo Zeman. Una capitale della cultura europea che ha conservato la sua innata natura musicale e artistica, eppure modernissima. Ma ora vuole di più, anche nel calcio. Partecipare alla Champions è un sogno che si è avverato, ma contro l'Inter di Conte all'Eden Arena i biancorossi vogliono fare la storia, regalare la prima vittoria nella massima competizione continentale ai fratelli di Franz Kafka e Antonìn Panenka, nel nome del "cugino" Milan... Kundera: "Sì, se si cerca l’infinito, basta chiudere gli occhi!". 

Praga
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