L'eterna partita a scacchi tra Pep e Carletto: un'analisi di Manchester City-Real Madrid

Non era solo una semplice gara d’andata di un play-off. Era molto di più. Non poteva essere diversamente. Non poteva essere altro che il primo round di una sfida dal peso specifico incalcolabile. Un duello dove storia e leggenda si incontrano e si danno la mano. “Ormai è come un derby”, aveva detto Pep alla vigilia. “E’ come un Clasico”, aveva risposto Carlo. Difficile dar loro torto. Il football contro il futbol. Nelle ultime tre edizioni della Champions League chi è sopravvissuto a questo confronto alla fine ha sempre alzato la coppa. È successo al Real Madrid di Ancelotti nel 2022 e nel 2024 per la quattordicesima e la quindicesima coppa campioni/champions league della storia della casa blanca. È successo al Manchester City due stagioni fa in occasione di uno storico treble completato dai successi in Fa Cup e in campionato. Alla vigilia di appuntamenti come questo lo scacchista Guardiola ha sempre dormito molto poco. E il risultato è stato spesso una mossa a sorpresa nella formazione e nella preparazione della partita. Mosse spesso geniali che hanno rimescolato le carte e sorpreso gli avversari. Forse con un’unica dolorosa eccezione: l’esclusione addirittura del divino Rodri dall’undici iniziale nella finale di Champions League del 2021 contro il Chelsea di Tuchel. La leggenda vuole che la squadra alla vigilia fosse completamente spiazzata da questa scelta tanto che Gundogan pare sia arrivato a dire a Guardiola la sera prima: “Rodri deve giocare. Piuttosto togli me”. All’indomani Bernardo e Gundogan titolari con Zinchenko terzino che si accentrava in costruzione. Rodri in panchina. Senza giocare neppure un minuto. E alla fine a trionfare furono i Blues. Ma stavolta Pep ha stupito tutti con una super Guardiolata. Ricordate i quattro difensori centrali di ruolo schierati nelle due semifinali contro il Real Madrid e in finale contro l’Inter? Stavolta Pep è andato oltre: cinque difensori centrali di ruolo in campo dall’inizio. 4 in linea dietro in fase di non possesso più Stones davanti alla difesa a disegnare un 4-1-4-1 che diventava 2-3-5 in fase di possesso. La chiave della partita immaginata e preparata da Guardiola era proprio in questa impostazione 2-3 con Akanji e Gvardiol che si stringevano ai lati di Stones perno centrale del torello mancuniano in fase di prima costruzione. Dias e Akè restavano staccati dietro. Il City dominante al centro ha fatto soffrire Ceballos e Camavinga, i due centrali di centrocampo costantemente in inferiorità numerica. Questa preponderanza del City al centro ha costretto il Real ad aiutare con gli esterni d’attacco permettendo a Savinho a destra e a Grealish a sinistra di ricevere tanti palloni e di puntare i terzini madridisti. E dopo l’infortunio di Grealish la musica non era cambiata con Foden a destra – entrato bene in partita – e Savinho dirottato a sinistra. Ne è venuto fuori un primo tempo dove il City è sembrato forse per la prima volta in stagione riuscire a controllare a tratti la partita. Una sensazione pressoché sconosciuta alla squadra sbilanciata, poco equilibrata e sempre in affanno nelle transizioni negative vista quest’anno. L’occasione avuta da Mbappè a fine primo tempo - un interno destro calciato alto malgrado una discreta libertà, non la prima e non l’ultima - era un’avvisaglia di una tempesta che si sarebbe abbattuta sul City nel secondo tempo. Già nel primo il Real Madrid, pur costretto alla prudenza da una linea difensiva forzatamente sperimentale per le assenze di Lucas Vazquez, Carvajal, Militao, Rudiger e Alaba, aveva comunque tirato ben 9 volte. Sarebbero state addirittura 20, invece, le conclusioni della squadra di Ancelotti a fine partita: un dato clamoroso. Nessuna squadra aveva mai fatto tanto in casa del Man City da quando in panchina siede Guardiola. E se l’idea iniziale di Guardiola era stata azzeccata e produttiva, il capolavoro di Ancelotti è stato proprio quello: riuscire a conciliare una partita condizionata da una linea difensiva in emergenza che lo ha costretto a non essere mai troppo aggressivo e mai troppo in alto con una prestazione esaltante sul piano offensivo. Nel secondo tempo il Real è stato devastante con i suoi uomini migliori: Mbappè, Bellingham - entrambi a segno - ma forse soprattutto Vinicius Jr. Il brasiliano è stato in costante crescita col passare dei minuti e capace di terrorizzare dalla sua parte il suo avversario diretto, che dopo l’infortunio di Akanji a fine primo tempo era diventato Rico Lewis. Il City ha il rimpianto di aver rimesso le mani sulla partita a dieci minuti dalla fine riportandosi sul 2-1 grazie al rigore conquistato da Foden con una giocata delle sue. E di non aver sfruttato la grande serata di Haaland, che nelle prime quattro sfide contro il Real non era mai andato a segno, e che stavolta si è esaltato senza dimenticarsi di aiutare in fase di non possesso. Gli errori di Ederson nel finale hanno reso beffardo per il City il modo nel quale il Real si è preso la vittoria. Con tanto di gol dell’ex Brahim Diaz, talento cresciuto proprio nell’Academy dei Citizens. E di pugnalata finale da parte di Jude Bellingham, fenomeno nato a Stourbridge a 96 miglia dall’Etihad. Niente di nuovo in fondo. Per la quinta volta in stagione il City ha perso una partita da posizione di vantaggio. Per la terza volta il Real ha battuto il City con un gol a tempo scaduto in Champions League. Ricordate il 4 maggio 2022 e l’epica doppietta di Rodrygo a tempo scaduto nella semifinale di ritorno? Ma soprattutto niente di immeritato. Perché il Real nella produzione offensiva è stato comunque nettamente superiore doppiando i mancuniani negli xG: 3.4 contro 1.6! Ancora una volta tra City e Real è stato meraviglioso. Ancora una volta tra l’uomo del doppio treble e l’allenatore più vincente della storia della Champions League è stata una partita a scacchi decisa all’ultima mossa. Peccato sia finita. Per fortuna ce ne sarà un’altra.

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Paolo Ciarravano