Cosa è successo all'Atalanta? I motivi dietro l'eliminazione in Champions col Bruges

Alzi la mano chi avrebbe previsto l’eliminazione dell’Atalanta quando a fine gennaio, dall’urna di Nyon, pescò il Bruges anziché lo Sporting Lisbona. La frittata, semplicemente, non era preventivabile: la Dea arrivava dall’esaltante pareggio di Barcellona, aveva appena perso Lookman, Scalvini e Kolasinac, ma stava rientrando Scamacca, per aggiungere nuovi gol e peso all’attacco. L’entusiasmo per aver chiuso il maxi-girone di Champions al nono posto, come prima delle escluse, ‘spingeva’ i nerazzurri verso gli ottavi. Dove avrebbe incrociato una tra Lille e Aston Villa. E poi chissà nei quarti. Era il copione più logico, quasi certo. Scenari sui quali in sei giorni è calato il buio. Il Bruges si è rivelato tutt’altro che modesto, e sia in Belgio che al Gewiss ha strapazzato l’Atalanta con le sue stesse armi, sovrastandola clamorosamente sul piano fisico, tattico e tecnico. Ok, gli episodi hanno giocato contro - su tutti il rigore a tempo scaduto in Belgio - ma bisogna essere onesti, la squadra di Hayen ha strameritato di vincere. Game over, la Champions dei bergamaschi si ferma qui, e il gusto che lascia è amaro come il fiele. CHAPEAU BRUGES Nell’arco dei 180 minuti la squadra di Hayen si è rivelata più brava. Non più forte, ma più in forma, tonica, determinata, cattiva. Sia all’andata che al ritorno, quando ha mandato in fumo le speranze di rimonta dell’Atalanta con un cinismo e una facilità disarmanti. Con tre ganci al mento che hanno messo kappao De Roon e compagni. Per 16 volte - come nessun altro club europeo - il Bruges era uscito dalle coppe dopo aver vinto l’andata in uno scontro a eliminazione diretta, stavolta ha invertito il trend. PORTA STREGATA Col senno di poi si riscriverebbe la storia. Però per l’impatto che ha avuto Lookman appena entrato a inizio ripresa, affiora il rimpianto di non averlo schierato dall’inizio, quando avrebbe potuto imprimere la sua scossa prima che il Bruges dilagasse. Certo se avesse trasformato il rigore, forse la partita si sarebbe riaccesa sul serio, invece la rete si è gonfiata di rimpianti. Nota a margine: il penalty dell’anglo-nigeriano, appena rientrato dall’infortunio dopo sei partite saltate, è il quarto sciupato in stagione, dopo quelli di Pasalic contro il Torino a inizio campionato, di Retegui con l’Arsenal nell’esordio in Champions, e sempre di Retegui contro il Torino al ritorno. Tre su quattro nella stessa porta . RESTA SOLO IL CAMPIONATO Intanto l’Atalanta si lecca le ferite. Dopo aver chiuso il 2024 in affanno ma in testa al campionato, il 2025 finora è stato una corsa a ostacoli. Ha vinto appena tre volte in tredici partite. Un calo di rendimento preoccupante dovuto a una serie di infortuni senza precedenti che ha ridotto il ventaglio di rotazioni, costringendo così molti big agli straordinari. Risultato: alcuni nerazzurri sono arrivati al playoff di Champions con le batterie scariche. Dopo aver cominciato la stagione in lizza su cinque fronti, ora all’Atalanta resta ‘solo’ il campionato e, una volta metabolizzato lo shock dell’eliminazione, dovrà concentrarsi sull’unico obiettivo raggiungibile: mettere in cassaforte la qualificazione alla prossima Champions League. Con il crollo nel ranking e il sorpasso della Spagna, si fa sempre più concreto il rischio per l’Italia di tornare ad avere quattro squadre, anziché cinque, l’anno prossimo. Senza più impegni infrasettimanali, l’Atalanta avrà ora modo di tirare il fiato e di allenarsi come non capita quasi più. Dal punto di vista atletico ne beneficerà, calerà il rischio di farsi male, e il livello di gioco è destinato a crescere. Da qui a fine campionato mancano solo 13 partite. Curiosamente, le stesse giocate dall’inizio dell’anno. Dopo i punti lasciati per strada col Cagliari sabato, nelle prossime due giornate affronterà Empoli e Venezia. Poi il calendario sarà in salita, con Juventus e Inter prima dell’ultima sosta. C’è tutto il tempo per rifiorire e togliersi qualche soddisfazione. Napoli e Inter non sono scappate, ma è inutile pensare troppo in grande; senza cambiare registro più che davanti sarebbe opportuno dare un occhio allo specchietto retrovisore perché a furia di frenare s’intravede la sagoma di chi arriva da dietro.

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Massimiliano Nebuloni