La fallimentare notte di Eindhoven: i motivi dell'eliminazione della Juve dalla Champions

La notte di Eindhoven è lunga. Senza appello. Juventus fuori dall’Europa. Nello spogliatoio del Philips Stadion l’umore è pessimo. Molti giocatori sono increduli perché dopo l’1-1 di Weah c’era la sensazione di avere in mano la partita. Alla vigilia regnava l’ottimismo. Il 2-1 dell’andata e la vittoria sull’Inter avevano esaltato l’ambiente con un pieno di autostima per il gruppo, lanciato da quattro vittorie consecutive. Invece la Champions si sbriciola in 120 minuti. Gli ottavi di finale erano uno degli obiettivi dichiarati della stagione ed è stato fallito. Vanno in fumo gli 11 milioni di euro della qualificazione più altri 6 tra botteghino, sponsor e possibili premi di risultato. Per le casse societarie già stressate dal mercato di riparazione diventa vitale almeno il quarto posto in campionato. Quello che era un importante ‘effetto Inter’ svanisce nel giro di poche ore: la tifoseria passa dall’esaltazione alla depressione. Sul pullman che riporta la Juventus in hotel aleggiano i fantasmi del Psv: dallo scatenato Noa Lang all’implacabile Perisic fino a De Jong che di testa le ha prese tutte. Quel gol di Saibari e il pasticcio sul 3-1 di Flamingo hanno sancito una condanna senz’appello. La notte da passare ad Eindhoven così è un supplizio. In attesa del volo per l’aeroporto di Caselle del mattino dopo. Thiago Motta ha dato la giornata libera. Saranno ore di riflessioni, dubbi e propositi di riscatto. I MOTIVI DELLA GRANDE DELUSIONE Thiago Motta sorrideva sornione nella conferenza stampa della vigilia: “Un pareggio? Ne abbiamo fatti troppi e poi non siamo capaci di giocare per il pari”. Sul campo la Juve ha retto bene il primo tempo, ma nel secondo ha subito la foga organizzata di un Psv sempre all’assalto con tagli dalle fasce, cross e azioni manovrate. Peter Bosz ha tenuto fede alla mentalità offensiva olandese. Il Psv spinto dal tifo indiavolato di casa ha messo sotto i bianconeri che si sono difesi bassi puntando sulle ripartenze. Una circostanza sottolineata in studio nel post partita da Fabio Capello: “Nel secondo tempo ho visto una squadra passiva che resta nelle sue posizioni senza fare pressing”. La delusione della Juventus è tremenda. Capitan Locatelli a caldo dice: “L’abbiamo buttata via noi, loro avevano più voglia”. Poco dopo Thiago Motta replica al suo giocatore: “Non abbiamo buttato via niente. Non è vero che loro avessero più voglia”. Cortocircuiti interni da tenere a bada e che investono la gestione dello spogliatoio da parte dell’allenatore. Al di là del caso specifico si impone una riflessione sui rapporti con i giocatori. Thiago Motta ha spiegato i cambi del secondo tempo come scelte legate alle condizioni fisiche dei giocatori. La sensazione è che emerga talvolta la difficoltà del gruppo a sposare in toto la filosofia dei ruoli trasversali. A volte pare che ci sia della confusione che porta poi a una sorta di ‘paralisi’, in cui ognuno tiene la posizione ma senza andare oltre. La differenza con il gioco chiaro, lineare e coraggioso del Psv è stata palese. Questa volta le giocate individuali estemporanee non sono bastate per evitare una sconfitta che brucerà ancora per molto. E ADESSO? Il Psv ha vinto attraverso il gioco. Senza Di Gregorio il passivo sarebbe potuto essere molto più pesante, ma pesa lo stesso come un macigno questa eliminazione. In attesa del bilancio che alla Juventus si fa sempre a fine anno, non potranno mancare dei confronti tra l’allenatore, i dirigenti e il management. Il che non significa mettere in discussione Thiago Motta e il progetto triennale varato questa estate – almeno, non adesso - ma capire dove e come intervenire per migliorare, cambiando qualcosa se necessario anche nei modi di rapportarsi e nelle decisioni da prendere. Si tratta di un dialogo che appare ancora più indispensabile per coinvolgere tutte le componenti societarie e a supporto dell’allenatore. Ci sono situazioni personali ancora da districare. Dagli alti e bassi di Koopmeiners e Nico Gonzalez all’utilizzo di Douglas Luiz fino al rischio svalutazione di Vlahovic. Nel post partita del Philips Stadion la delusione di Thiago Motta era evidente, consapevole della gravità sportiva dell’eliminazione, ma soprattutto del modo con il quale è arrivata dopo i primi buoni 45 minuti. Lo spumeggiante Psv ha messo sotto Juventus giocando un calcio ‘europeo’ coraggioso e redditizio: “Rifarei tutto, non ho nulla da rimproverarmi” ha detto Thiago Motta. Dunque, delusione sì ma autocritica no. Detto che non è certamente l’unico a non farla, nel presente e nel passato, resta il fallimento dell’obiettivo minimo degli ottavi di finale che peserà inevitabilmente sui giudizi finali. Ma Thiago Motta ha ancora modo di risollevare l’annata bianconera, a patto che non sbagli più nulla. Il margine di errore non si è ridotto. Il margine di errore adesso è zero. SALVARE LA STAGIONE Oggi la delusione è enorme. Ma il futuro può regalare delle gioie. Il riscatto passa dalla qualificazione alla prossima Champions insieme alla vittoria della Coppa Italia: questo binomio lenirebbe la delusione europea e darebbe forza ai programmi per la prossima stagione. Il quarto posto è l’altro obiettivo minimo indicato dalla società. Fallirlo sì che potrebbe aprire scenari imprevedibili per la panchina. Ma è presto per discuterne. La Juventus è in piena corsa, ma ci sarà da lottare. Si comincia domenica il Cagliari. Poi le tre sfide allo Stadium: i quarti di finale con l’Empoli in Coppa Italia, il Verona e lo scontro diretto con l’Atalanta. Serve un percorso netto. Per mettersi alle spalle la notte tremenda di Eindhoven. I conti si faranno alla fine. Perché a oggi non tornano.

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Paolo Aghemo