L'Europa del calcio ha allargato i confini: Bodo, Almaty e Pafos ridisegnano la Champions

L’Europa del calcio ha un perimetro nuovo e francamente nessuno lo aveva immaginato. È successo tutto in una sera, all’improvviso, in modo inatteso, come ultimo paradosso di questa nuova Champions, forse mutata per soddisfare gli appetiti dei grandissimi club, certamente per azzerare la tentazione della Superlega simulandola un po’, eppure alle prese adesso con un meraviglioso rivolgimento in senso opposto, nel nome dell’inclusione. Mai c’è stata in Coppa una squadra più a nord del Bodø/Glimt, i norvegesi che giocano a pallone oltre la linea del circolo polare artico. Mai c’è stata una qualificata più a est di Almaty, 200 km di distanza dall’Asia, dove il Kairat ha fatto fuori ai rigori l’antica nobiltà del Celtic Glasgow, i campioni del 1967. Mai era stato ai gironi un punto più a sud di Pafos, nella parte meridionale dell’isola di Cipro, sulla stessa latitudine della Siria da una parte e della Tunisia dall’altra . Anche il Pafos ha sparigliato la scena con un atto fortemente simbolico, lasciando fuori la Stella Rossa di Belgrado, i vincitori del trofeo nel 1991. Così due nomi presenti nell’albo d’oro si sono dovuti far da parte e lasciare il posto a chi la Champions non l’ha giocata mai. Una risposta portentosa e definitiva a chi aveva immaginato il nuovo formato come l’anticamera della conservazione. Il pallone invece si diverte sempre a rotolare dove vuole, va per conto suo, certe volte rimbalza per caso, altre volte perché la scena evolve, i piccoli paesi si mettono a studiare, la circolazione globale delle idee e dei saperi favorisce la crescita di chi ha l’umiltà e la pazienza di aggiornarsi. Anche i soldi fanno la loro parte. Il Pafos, per esempio. Ha una decina d’anni di vita. È nato dalla fusione di AEK Kouklion e AEP, usufruisce di investimenti fuori scala per il calcio locale - capitali russi con una ramificazione in diversi paesi - e si è affidato a un direttore sportivo italiano, Cristiano Giaretta, ex Udinese: ha convinto David Luiz a regalarsi il tramonto a Cipro. Sarà un club della quarta fascia, ma la quarta fascia è la stessa del Newcastle, del Monaco e dell’Athletic Bilbao. A proposito di privilegi aboliti. Il Kairat è la seconda squadra di sempre del suo Paese a qualificarsi per il girone di Champions dopo l’Astana nel 2015. Dieci anni fa la trasferta del Benfica in terra kazaka diventò la più lunga nella storia del torneo, 6.162 chilometri per andare e altrettanti per tornare. Almaty è perfino più in là. Il Kirghizistan si trova a due ore di auto, la Cina dista mille km. Se il viaggio dovesse toccare allo Sporting oppure a una squadra di Madrid, quel vecchio record sarebbe battuto. È la squadra dal coefficiente Uefa più basso, ma quello con il coefficiente logistico più scomodo, figuriamoci se la trasferta dovesse capitare a ridosso di uno scontro diretto in campionato. Non saranno meno estremi i viaggi oltre il 66esimo parallelo, dove d’estate non fa mai buio e dove d’inverno non si vede il sole, a dieci ore di macchina da qualsiasi altra città di una certa dimensione. Il Wall Street Journal ha definito il Bodø/Glimt come la squadra di calcio che vive nell’oscurità perpetua. Otto anni fa il club è stato rilevato da Frode Thomassen, ex calciatore con un passato da dipendente del ministero della Cultura. Ha cominciato con un budget annuale da 4 milioni di dollari e ha chiamato nello staff un ex pilota di F-16 come mental coach. Thomassen racconta che quando contatta un calciatore, quello guarda la cartina e spesso gli risponde grazie, ehm, preferisco di no. Il Bodø si allena all’aperto tutto l’anno tranne nel periodo più duro, quando vengono organizzati degli stage in luoghi più caldi, spesso la Spagna. Jostein Gundersen, difensore centrale, ha detto: “Anche noi pensiamo che faccia molto freddo, non è che non lo sentiamo. Ma sappiamo che per gli avversari è molto peggio. Quindi speriamo sempre che ci sia vento, che ci sia buio e che nevichi". Un anno fa in tanti si sono detti felici per la sesta finale inedita nelle ultime sette edizioni e per la sesta squadra campione differente nello stesso periodo. Che bella la diversità. Adesso vediamo a chi piace davvero. Aiuto, si è allargata l’Europa.

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Angelo Carotenuto