In palio non c'era solo la semifinale, ma anche una via d'uscita dal periodo di crisi che ha coinvolto Milan e Inter nelle ultime settimane. Per nessuna delle due squadre è stata però la partita della svolta
A questo punto della stagione di Milan e Inter, entrambe nel mezzo di un momento critico che caricava la partita di significati, a prescindere dal risultato, l’importanza del derby in programma ai quarti di finale di Coppa Italia andava oltre la posta in palio. Il Milan ci era arrivato dopo due sconfitte preoccupanti contro il Verona (3-0) e l’Atalanta (2-0) che avevano ulteriormente appesantito il bagaglio di difficoltà tecniche, tattiche e mentali che Gennaro Gattuso si porta dietro da quando è subentrato a Vincenzo Montella. Con la consueta drammaticità, il tecnico rossonero aveva alzato ulteriormente l’asticella paragonando questo derby a una finale di Mondiale (lo aveva fatto anche prima della partita con il Benevento, però...).
Anche l’Inter era alla ricerca di un segnale di svolta dopo la recente flessione, brusca e inaspettata, che sembra averne ridimensionato gli obiettivi. Subito dopo la vittoria sul Chievo e il primo posto ottenuto pareggiando a Torino contro la Juventus, la squadra di Spalletti ha perso l’imbattibilità con le sconfitte consecutive contro Udinese e Sassuolo, a cui va aggiunta la sofferta qualificazione ai rigori in Coppa Italia contro il Pordenone. Il derby, insomma, forniva l’occasione perfetta per invertire il trend e dimostrare la solidità nerazzurra di fronte al primo momento critico della stagione.
La partita, nervosa ed equilibrata soprattutto per l’incapacità di entrambe le squadre di costruire un contesto tattico favorevole, è stata il riflesso delle difficoltà evidenziate nelle ultime settimane. L’Inter ha confermato i problemi offensivi che la stanno accompagnando dopo il 5-0 al Chievo; la vittoria e il passaggio del turno danno un po’ di respiro a Gattuso (si era anche parlato di un possibile esonero in caso di sconfitta), ma il Milan non ha comunque mostrato progressi significativi che lascino intendere che sia vicino alla svolta.
La conferma dei problemi offensivi dell’Inter
Dalla partita contro il Chievo, la miglior prestazione offensiva della stagione, non solo per i gol segnati (5), ma per la quantità e la qualità delle occasioni create, l’Inter ha segnato una sola volta: con Icardi all’Udinese. Raggiunto il suo picco, la brillantezza offensiva dei nerazzurri si è come prosciugata. La sterilità della squadra di Spalletti contro la Juve era passata in secondo piano per l’ottima gara difensiva e la conferma del primo posto in classifica, ma è stata quindi messa a nudo dalle avversarie successive, Pordenone, Udinese e Sassuolo, contro le quali i nerazzurri non potevano sottrarsi dal prendere l’iniziativa controllando il pallone.
Anche il Milan, nel primo tempo, ha lasciato la palla all’Inter. Gattuso aveva preparato infatti una partita di ripartenze, poco nelle corde dei suoi giocatori, ma rassicurante e poco dispendiosa dal punto di vista difensivo. Il Milan si limitava a coprire gli spazi nella propria metà campo abbassando Suso e Bonaventura sulla linea delle due mezzali, Locatelli e Kessié, con il mediano alle loro spalle, Biglia, pronto a coprire i buchi nello schieramento causati dalle loro uscite. L’Inter era così invitata a entrare nella metà campo rossonera e a concedere spazi alle spalle che il Milan avrebbe sfruttato una volta recuperato il possesso. In assenza di un sistema organizzato con cui forzare i recuperi, la squadra di Gattuso si limitava comunque ad attendere un errore interista, scalando con maggiore decisione solo quando i nerazzurri si spostavano sulle fasce.
Era facile prevedere, d’altra parte, che sarebbe stata quella la via preferita dalla squadra di Spalletti per risalire il campo. Le sorti offensive dell’Inter poggiano infatti sulla quantità di cross che producono Candreva e Perisic e sull’istinto di Icardi in area di rigore. Anche contro il Milan, la scelta è stata di aggirare lo schieramento avversario passando dalle fasce, pur con degli adattamenti sulle catene dovute alle caratteristiche dei giocatori scelti da Spalletti. A sinistra, il triangolo veniva chiuso dai movimenti in orizzontale di João Mario, evidentemente più portato a spostarsi da quel lato piuttosto che a destra, che confinavano Perisic sulla fascia, coperto alle spalle da Nagatomo. A destra, João Cancelo tendeva invece ad alzarsi velocemente, lasciando a Vecino uno spazio in cui abbassarsi per costruire l’azione e dando modo a Candreva di entrare dentro il campo per giocare tra Romagnoli e Rodríguez.
Nonostante i problemi mostrati dal Milan durante la stagione nella protezione dello spazio ai lati e alle spalle del mediano, l’Inter non ha provato a manovrare all’interno dello schieramento rossonero, forzando magari qualche verticalizzazione con Skriniar, ma ha preferito puntare sui mismatch tra i propri esterni d’attacco e i terzini rossoneri, creando raramente però le condizioni per ricavarne qualcosa.
Cancelo si sta alzando, Candreva si accentra, Vecino si abbassa nello spazio lasciato dal terzino portoghese. Ci sono ben sei giocatori fuori dal blocco milanista e João Mário è dalla parte opposta rispetto al pallone. L’unica strada per far progredire la manovra passa dalle fasce.
Le difficoltà dell’Inter a manovrare all’interno dello schieramento del Milan si collegano inevitabilmente alla brutta partita giocata da João Mário, poco coinvolto nei compiti di raccordo per l’incapacità di farsi trovare con costanza alle spalle dei centrocampisti rossoneri e poco abituato ad accompagnare Icardi in area di rigore. Un difetto strutturale del suo stile di gioco, che l’Inter ha pagato quando il portoghese si è trovato da solo davanti ad Antonio Donnarumma, ma ha calciato in maniera sciatta addosso al portiere.
Durante la partita Spalletti ha quindi schierato da trequartista prima Borja Valero e poi Brozovic, probabilmente il giocatore che abbina meglio inserimenti in area, compiti di raccordo e iniziative individuali sulla trequarti. Il croato non fa però dell’affidabilità il suo punto di forza, e in questo periodo sembra particolarmente fuori forma. La palla persa durante l’ultimo attacco, che ha tolto la possibilità all’Inter di schiacciare il Milan nella sua area per gli ultimi venti secondi, con Ranocchia ormai stabilmente centravanti, inquadra meglio di ogni altra azione il momento che sta attraversando.
La sovrabbondante produzione offensiva garantita da Candreva e Perisic ha nascosto per quasi tutta la prima parte della stagione le difficoltà interiste a passare dal centro. Ora che i due esterni stanno giocando al di sotto dei loro standard, lo squilibrio creativo tra le fasce e il centro emerge con maggiore forza, specie contro le squadre che difendono schierate nella propria metà campo.
Dal secondo tempo in poi Spalletti ha provato a riportare la partita sui binari preferiti dalla sua squadra, allungando il campo con un atteggiamento più prudente in fase difensiva. L’Inter ha lasciato giocare il Milan per aprire spazi ai suoi corridori, si è costruita un paio di ripartenze pericolose, ma non è riuscita a finalizzare le occasioni create con la stessa efficacia avuta nel derby di campionato. La squadra di Spalletti non è così riuscita a segnare per la quarta volta nelle ultime cinque partite: un trend preoccupante che il tecnico nerazzurro deve invertire in fretta per non sperperare quanto di buono costruito finora.
Il Milan è lontano dall'aver risolto i propri problemi
La vittoria non rappresenta comunque la medicina per tutti i mali del Milan. Il periodo difficile attraversato dai rossoneri ha offerto il terreno fertile per le semplificazioni di Gattuso, in fase difensiva e in quella offensiva. Ovvero: pressing praticamente azzerato per non concedere profondità e spazi tra le linee, sviluppo della manovra prevalentemente a destra, sfruttando la connessione tra Suso e Kessié, l’unico a garantire strappi palla al piede in transizione e a muoversi con costanza senza palla, fornendo una soluzione allo spagnolo o semplicemente creando lo spazio per consentirgli di accentrarsi, e contributo ridotto del centrocampo, con grandi responsabilità del tridente offensivo nel garantire la progressione della manovra ripulendo i palloni in uscita dalla difesa e dando così il tempo necessario ai compagni per alzarsi e accompagnare l’azione.
Kessié apre la visuale a Suso portando via Ranocchia, Cutrone attacca Skriniar alle spalle con un tempismo perfetto e segna il gol decisivo. In precedenza era stato proprio lui a vincere un duello con Ranocchia su un lancio di Romagnoli, dando modo al Milan di sviluppare l’azione nella metà campo interista.
Gattuso non ha costruito il contesto tattico ideale per esaltare le caratteristiche della sua squadra, portata a palleggiare anche in transizione piuttosto che ad arrivare velocemente nell’area opposta, e ha fatto affidamento sui duelli vinti da Suso, Bonaventura e Kalinic per conservare il possesso per il tempo necessario ad avvicinare i giocatori attorno alla palla e a manovrare così nella metà campo interista.
Al solito, quando il possesso veniva costruito partendo dal basso, la catena destra ha funzionato meglio di quella sinistra, nonostante la libertà di cui godeva Rodríguez a inizio azione. Lo svizzero sembra però davvero fare molta fatica a coprire tutta la fascia e a garantire ampiezza in zone profonde, e si è sempre limitato a scelte conservative o a cambi di gioco che isolavano Suso. Lo spagnolo resta il principale fuoco creativo, anche grazie alla presenza di Kessié, l’unico a inserirsi senza palla e ad ampliare le soluzioni per la manovra milanista.
Alla fine l’equilibrio è stato spezzato dal giocatore più elettrico, Patrick Cutrone, entrato per l’infortunio di Kalinic. Pur giocando mezz’ora in meno del compagno, Cutrone ha toccato quasi lo stesso numero di palloni (22 contro i 25 di Kalinic) e si è impegnato in un numero simile di duelli (10 a 12), vincendone 7. Il suo ingresso ha davvero dato la scossa all’attacco milanista, aggiungendo la pericolosità e la presenza in area che Kalinic non era riuscito a garantire, nonostante la qualità del suo gioco spalle alla porta, che gli è oltretutto costato l’infortunio.
Cutrone ha finito la partita in lacrime dopo aver segnato il gol più importante della sua brevissima carriera. Contro l’Atalanta e il Verona in Coppa Italia si era applicato con generosità a giocare sulla fascia sinistra, con risultati poco esaltanti. Al centro dell’attacco la sua elettricità è invece tornata molto utile, specie in una squadra che faticava a creare vantaggi palleggiando da dietro e si è affidata soprattutto alle qualità individuali dei suoi giocatori offensivi. Anche se non ha risolto i problemi del Milan, il suo gol ha garantito quel minimo di fiducia indispensabile per guardare al futuro con maggiore serenità.