Si è tatuato una lacrima sotto l'occhio per ricordarsi di un'infanzia difficile, suo padre vendeva noci allo stadio e sua madre era una donna delle pulizie. Dopo un'estate con la valigia in mano e un errore decisivo per la Champions, Caicedo si è preso la Lazio
Caicedo ha un diploma in informatica e una specializzazione in probabilità. Da ragazzino amava la matematica, probabilmentera in classe era uno dei pochi, tant'è che ancora oggi sventola fiero il suo foglio di carta. Diplomato. Orgoglio di papà, venditore di noci allo stadio di Guayaquil, e gioia di sua madre, donna delle pulizie che ha sempre creduto in lui. Proprio come Inzaghi, allenatore paziente, il primo ad elogiarlo dopo il gol contro il Marsiglia: "Ho sempre avuto fiducia in Caicedo". Tradotto: ora è titolare e me lo tengo stretto. Probabilità, dicevamo. Perché Felipe, dopo un ritiro travagliato, avrà pensato più o meno questo: "Quante chance ci sono di riuscire a riprendermi la Lazio dopo un errore sottoporta che ci è costato la Champions?". Nessuna, forse. Un gol mancato contro il Crotone, un colpo di testa finito alto, un pallonetto che avrebbe garantito la vittoria decisiva. E' andata così. Critiche, insulti, giochi di sguardi e occhiate storte. Di quelle che fanno male al cuore e al rendimento. Caicedo ha passato un'estate con la valigia in mano e un ritiro ad Auronzo da separato in casa, bersagliato dai tifosi. Oggi, grazie a un gol contro il Marsiglia, si è preso la sua rivincita personale. E in silenzio, come ha sempre fatto.
Caicedo story, dal reality alla lacrima tatuata
Lo chiamano "Pantera" per via dei suoi graffi sottoporta, pungenti e decisivi. Giovedì ha colpito Garcia, prima ancora ha fatto male all'Atalanta. E in Europa League si trova sempre più a suo agio: 11 partite con la Lazio, 4 gol e 4 assist. Quest'anno, in tutte le volte in cui è partito titolare, la Lazio non ha mai perso. Probabilità, anche qui. Caicedo le ha studiate, soprattutto capite, sfruttate a suo vantaggio per far capire a Inzaghi che su di lui può fare affidamento. Che in questo momento, con Luis Alberto a mezzo servizio, deve spingere per farlo giocare. Caicedo è uno che ha sempre guardato avanti e mai al passato, meglio sorvolare: "Da ragazzino ho visto di tutto. Morti, scontri, sparatorie tra bande…”. Testimoniati da una lacrima tatuato sotto l'occhio, simbolo di un'infanzia difficile. Il calcio come via d’uscita dalla povertà: "Ho sempre sognato di diventare un professionista". Infine, un reality show stile "Campioni" per poter "vincere" un provino con una grande squadra. Felipe aveva 15 anni, il programma si chiamava "Camino a la Gloria". Caicedo vince a mani basse e va a fare uno stage col Boca Juniors.
Due gol stagionali per Caicedo
Il documentario dell'Ecuador e il jet per la moglie
Pragmatico, ragionatore, poco appariscente. In campo non si vede molto, ma ciò che fa è estremamente funzionale al gioco e alla manovra. Ha il talento di essere utile, mai un intralcio. E a Inzaghi piace. Romanticone come pochi poi: dicono che abbia conquistato sua moglie grazie a una gita in jet privato: "Ti accompagno a fare shopping a Saint-Tropez?". Il sogno di ogni donna, il guizzo del bomber vero. Oggi i due si sono sposati e hanno una figlia, tant'è che lui - ogni tanto - esulta mimando un cuore dedicato a loro. Attaccante giramondo, ha giocato in Spagna, Inghilterra, Emirati Arabi e perfino in Russia, tre anni al Rubin Kazan: 15 gol e una ventina di cappotti: "Odio il freddo, non ero abituato, nei primi 10 giorni me ne comprai addirittura due!". L'anno scorso ha lasciato la nazionale ecuadoriana dopo 22 reti in 68 partite. Una grave perdita per l'idolo dell'Ecuador, uno a cui hanno dedicato perfino un documentario chiamato "Luchador". Lottatore. Biglietto vincente, questione di calcoli.
Maria Garcia, moglie di Caicedo