Roma, finché vedrai sventolar questa bandiera...

Il boato dell’Olimpico, quel colpo di scena che non poteva non esserci di fronte a tanto splendore. Tutti allo stadio con una bandiera, la più semplice possibile, metà gialla e metà rossa. L’appello arrivato nei giorni scorsi dalla Curva Sud è stato puntualmente raccolto anche dagli altri settori. Uno sventolio così non si vedeva probabilmente dal 17 giugno del 2001, da quel Roma-Parma che coincise con l’ultimo scudetto della storia romanista. Il tutto per un ottavo di andata di Europa League? È proprio così. Non c’è nessuna tabella a poter stabilire la misura di un gesto d’amore, a indirizzare la libertà di chi va allo stadio. Un giorno si potrà scegliere di non indossare nemmeno una sciarpa o un cappellino, un altro giorno di vestirsi di giallorosso da capo a piedi. Non c’è nessuna regola e meno male. Per la sfida all’Athletic Bilbao, il club manifesto in quanto a senso d’appartenenza e inclusività, i tifosi della Roma hanno scelto di unirsi ancora di più. L’obiettivo era mandare un messaggio alla squadra che, da quella moltitudine di bandiere, si sarà sentita avvolta, protetta, coccolata. Indirettamente, quella magia l’avranno percepita anche gli avversari, ai quali non è bastato passare in vantaggio in avvio di ripresa. Una doccia gelata che, in altri tempi, avrebbe annientato la Roma, ripensando all’occasione fallita da Dovbyk e alla traversa di Dybala colpita nel primo tempo. La squadra di Claudio Ranieri, invece, senza batter ciglio ha reagito immediatamente. Soltanto 6’ ed ecco il pareggio firmato da Angeliño. Lo spagnolo giallorosso che mette la propria firma contro l’Athletic, per ristabilire una parità che era il minimo sindacale per quello che si era visto in campo fino a quel momento. Un punteggio che però non poteva bastare, in vista della trasferta a Bilbao di giovedì prossimo. Dopo una prima fase più prudente, spazio al 4-4-2 super offensivo e nel giro di 11’ quattro sostituzioni, tutte in attacco. Dentro El Shaarawy e Saelemaekers per Baldanzi e Rensch e poi Shomurodov per Dovbyk, ma soprattutto Soulé per Dybala. A 19’ dalla fine più recupero, Claudio Ranieri sceglie di fare a meno del suo giocatore più forte, quello in grado anche con mezza giocata di risolverti la partita, privilegiando la maggiore freschezza di un altro talento, ma molto più inesperto, come l’ex Frosinone. Non certo un inedito nella carriera di un allenatore che, quindici anni fa in un derby, scelse di lasciare negli spogliatoi, dopo appena 45’, sia Francesco Totti che Daniele De Rossi per inserire Jeremy Menez e Rodrigo Taddei. E il risultato finale, neanche a dirlo, diede ragione all’allenatore nato a Testaccio. Quelle erano bandiere, le ultime nella storia della Roma che per tanto tempo hanno trascinato questa squadra. Non ce ne voglia Lorenzo Pellegrini, ma è lui stesso a sapere che un paragone del genere non può reggere. Ieri sera è rimasto in panchina per tutta la partita a fare il tifo per i suoi compagni, a esultare al 93’ per un finale che non poteva che essere così. Il gol di un ragazzo normale, Eldor Shomurodov, che prima in estate e poi a gennaio stava per lasciare la Roma e che di sicuro di questo club non sarà mai una bandiera. Quelle, parlando al plurale, c’erano eccome, erano tante e sventolavano sugli spalti. Claudio Ranieri in panchina è il perfetto tramite tra i desideri della gente e le possibilità di una squadra che di sicuro non sarà perfetta, ma che è tornata a farsi voler bene. I tifosi della Roma non chiedevano altro.

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Roma, finché vedrai sventolar questa bandiera...

Riccardo Gentile