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Andy Robertson, dal gabbiotto della biglietteria al biglietto per Euro 2020

Europei

Gianluigi Bagnulo

Il terzino del Liverpool otto anni fa, da giocatore amatoriale, arrotondava lavorando alla biglietteria di Hampden Park. La prossima estate sarà il capitano della sua Scozia all'Europeo

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Andy Robertson sarà il capitano a Euro2020 di una Scozia che non si qualificava a un torneo per nazionali da 22 anni, causa pandemia e slittamento fate pure 23. L'ultima presenza era stata a Francia '98, Robertson aveva 4 anni e neanche se la ricorda bene, per sua fortuna, visto che la nazionale scozzese fu eliminata al girone. Così come nelle otto precedenti manifestazioni disputate. Eppure c'è un sacco di storia dentro questa storia, un sacco di tradizione.

 

La nazionale che prima di muovere il pallone intona “Flower of Scotland”, uno degli inni più emozionanti in circolazione, è amata oltre ogni misura da un popolo che da troppo tempo aspettava una soddisfazione così. Dovesse essere una faccia, questo amore, sarebbe quella del portiere Marshall che urla dopo aver atteso la conferma del Var sul rigore decisivo parato a Mitrovic.

 

Ebbene, quella stessa faccia, misto di adrenalina e stupore, shock e gioia che sgorga nelle vene, potrebbe essere la reazione ideale al racconto della storia personale di Andy Robertson.

Flashback di otto anni, neanche troppi, al 2012 quando l'attuale terzino del Liverpool giocava nel Queen's Park, squadra amatoriale scozzese che non era neanche in grado di garantirgli uno stipendio. Così per arrotondare Robertson all'epoca lavorava nella biglietteria del leggendario Hampden Park, rispondendo al telefono a chi voleva ordinare biglietti per partite della nazionale o semplicemente per concerti. Ogni giorno, dalle 9 di mattina alle 5 di pomeriggio, poi alle 6, due volte alla settimana, allenamento col Queen's Park. Esordio a 18 anni davanti a 372 spettatori, ore davanti alla televisione a guardare il Celtic, la squadra del suo cuore. Se a quell'età questa è la tua vita, ovvero quella di un normalissimo calciatore dilettante, difficile immaginare un futuro come quello attuale. E invece Robertson viene acquistato dal Dundee United, vince il premio di miglior giovane dell'anno e su di lui arriva l'Hull City, che lo porta in Inghilterra per 3 milioni. Debutta in nazionale e poco dopo segna il suo primo gol con la Scozia, contro l'Inghilterra, a Celtic Park, la casa della squadra dei suoi sogni. L'astronave continua a viaggiare, nel 2017 lo compra il Liverpool per 8 milioni. Parte da riserva di Alberto Moreno, diventa grazie al lavoro di Klopp prima il titolare, poi il miglior terzino sinistro del mondo. E l'astronave viaggia ancora, diventa capitano della nazionale, vince la Champions League, la Premier League che mancava da oltre 30 anni, il Mondiale per Club. Un viaggio di trasformazione costante, su quell'astronave Andy diventa Robertson.

Fino all'ultimo capitolo, ieri, quando Marshall respinge il rigore di Mitrovic e la Scozia torna dopo 23 anni a giocare un torneo internazionale. Giocherà nel Gruppo D con Croazia, Repubblica Ceca e... Inghilterra. Gruppo D di Destino, visto che a Wembley da capitano della Scozia Robertson si troverà di fronte, sulla sua fascia, il gemello Alexander-Arnold. Il suo migliore amico, il suo contrappunto, l'uomo con cui divide non solo il dominio delle fasce laterali dei campi di mezzo mondo ma anche una trasmissione, dal nome “Wingmen”, in cui i due scherzano in macchina come due buoni amici raccontando la quotidianità.

In questi giorni Robertson festeggerà felice sorseggiando un Cheeky Vimto, un drink a base i gin, il preferito di sua zia Vera. Lo scrisse qualche tempo fa lui stesso nella biografia che racconta questa incredibile storia: “quando Zia Vera cresceva a sorsi di Cheeky Vimto la Scozia andava ai mondiali e il Liverpool vinceva regolarmente il campionato. Dovessi riuscire a riportare anche la Scozia all'Europeo, dopo aver interrotto il digiuno di titoli del Liverpool, festeggerò con quel drink in sua memoria”.

 

Già, memoria. Quando Robertson all'Europeo scenderà in campo per la prima partita da “ragazzo che ha la fortuna di uscire davanti ai suoi compagni di squadra”, probabilmente ripenserà a quel gabbiotto, alle chiamate di prenotazione, ai biglietti. Al fatto che li ha venduti tutti, tutti tranne uno, che ha tenuto per sé: quello dell'astronave che lo ha portato in giro per la vita che sognava.