Saul: "Ho rischiato la mia salute per amore dell'Atletico Madrid. Burgos mi convinse a non rimuovere il rene"
LigaIl calciatore spagnolo racconta, in un'intervista rilasciata insieme al papà Boria a So Foot, i problemi che lo hanno costretto a giocare per due anni con un catetere interno. Una sofferenza a cui ha pensato di porre fine facendosi asportare il rene, prima di cambiare idea grazie al consiglio del Mono Burgos
"Ho messo a rischio la mia salute per difendere i colori dell'Atletico Madrid". Ogni tifoso di calcio sogna che un calciatore esclami e metta in pratica - in senso metaforico - una frase del genere per la propria squadra del cuore. Saul Niguez, però, ha fatto molto di più e in questi anni ha messo davvero a repentaglio la sua vita pur di continuare a giocare. La prima tappa di questa vicenda risale al 25 febbraio 2015, quando il giocatore dei Colchoneros, durante una trasferta di Champions in casa del Bayer Leverkusen, rimase a lungo a terra e fu poi costretto ad uscire per un durissimo colpo ai reni ricevuto da Papadopoulos che gli provocò giramenti di testa, vomito, tanto da convincere lo staff a portarlo in ospedale. Quel duro colpo subito in terra tedesca lo costrinse negli anni successivi a convinvere con una serie di dolori e conseguenze poco piacevoli. "Nelle ultime due stagioni ho giocato con un catetere interno, urinando molto sangue dopo ogni allenamento e partita" raccontava, infatti, lo scorso anno in un'intervista a Mega lo stesso calciatore dell'Atletico. Una situazione accettata pur di non mollare la squadra ma che, col tempo, gli iniziò a creare una serie di problemi, fino ad arrivare al punto di rischiare seriamente la pelle.
"Andammo in ospedale e Saul, piangendo, mi disse che non sentiva più né gambe né braccia - racconta oggi il padre José Antonio, meglio conosciuto come Boria (ex attaccante), in un'anticipazione dell'intervista rilasciata a So Foot -. Non lo avevo mai visto così in quello stato. Mi disse che era pronto a farsi rimuovere il rene pur di non smettere di giocare a calcio". Il dottore, infatti, gli propose l'asportazione: una soluzione che lo avrebbe tenuto fuori per circa un mese ma, poi, non gli avrebbe più creato ostacoli. Il classe '94 era pronto ad accettare la proposta - spiega il papà -, ma ci pensò il secondo di Simeone, il Mono Burgos, a convincerlo a cambiare idea. «Non farlo, dopo il calcio hai tutta una vita davanti a te» gli disse e mio figlio lo ascoltò. Inoltre, in quel rene, aveva già un problema congenito". Le cure, per fortuna, hanno avuto gli effetti desiderati e da un po' di tempo il calciatore sta nettamente meglio, tanto da essersi tatuato sulla pelle alcune parole che gli ricordano ciò che ha passato e gli danno sostegno in vista del futuro. "La forza non viene dalla capacità del corpo, ma dalla volontà dell'anima" è una delle frasi impresse sul polso, quello che bacia ogni volta che va a segno. E uno dei suoi gol più importanti, in particolare in chiave personale e spirituale, Saul lo segnò proprio l'anno scorso alla BayArena, lo stesso campo in cui il dolore era apparso per la prima volta e, con quella rete, si è forse definitivamente allontanato.