La storia della squadra catalana salvata da un quadro di Salvador Dalí

"Driss, mi dica, secondo lei perché la gente si interessa all'arte?" chiedeva Philippe al suo nuovo e insospettabile confidente nel film 'Quasi amici'. Il personaggio interpretato da François Cluzet, in realtà, custodiva già la risposta e giungeva alla logica conclusione che fosse "la sola traccia del nostro passaggio sulla terra". Quell'arte che segna le epoche, che dipinge delle 'O' di stupore sui volti di chi si perde nei musei come in un labirinto, di chi ne è rapito e chi, magari, ne soffre anche un po' di vertigini . Come davanti a un quadro di Salvador Dalí, per esempio. E magari non uno qualsiasi, ma "Gol". Il dipinto che salvò per davvero una squadra di calcio catalana negli anni Settanta. Un puntino in Catalogna Perché questa è decisamente una storia surreale come la sua pittura. E per questo bellissima, magica perché vera. E perché autentica. A disegnarla è il piccolo Sant Andreu - per la precisione Unió Esportiva Sant Andreu - uno di quei puntini nel mondo del calcio talmente piccoli e magici da innamorarsene facilmente. E magari a tal punto da comprarne una bella maglietta degli stessi colori della senyera, la bandiera catalana a fasce rosse su campo dorato. Oggi giocano nella Segunda Federación, cioè la quarta serie del calcio spagnolo, non proprio una D, visto che in Spagna corrisponde comunque al livello più basso del semi-professionismo. In squadra c'è un tale Sergi Garcia, unico che vanta dei gettoni in Liga , poche stagioni fa avevano addirittura affrontato l'Atletico Madrid in Copa del Rey — una storia da veri underdog, appunto, di piccole che battono i giganti — ma senza lieto fine, visto che l'Atletico vinse 1-0 all'andata e 4-0 al ritorno. Ma hanno comunque una storia pazzesca. Anzi, surreale e surrealista. L'idea È la stagione 1976/77, decennio di cambiamenti sociali e di nubi scurissime che passano sopra il cielo catalano di uno dei club più antichi della zona : la società è sull'orlo del fallimento finanziario proprio mentre attraversava la sua epoca d'oro in seconda divisione, praticamente a un passo, mai raggiunto, dall'olimpo del pallone spagnolo. Sono pagine di un libro già letto: stipendi non pagati, rischio fallimento, il presidente Joan Coma che se ne va. A quel punto è l'ex vicepresidente e poi numero uno del club Fèlix Romero ad avere l'idea talmente assurda da poter funzionare: chiedere al grande Salvador Dalí di dipingere un quadro per aiutare il club a risolvere i suoi problemi finanziari e salvarlo dall'imminente estinzione. Un'idea talmente surreale che un surrealista non poteva che amare: Dalí accetta e dipinge — guarda un po' — "Gol", un quadro di cui conosciamo i tratti ma avvolto nel mistero: oggi nessuno sa dove sia finito. Il mistero di "Gol" Sì, ma perché Dalí accettò? Intanto si dice da giovane fosse un portiere, e tra i pali non se la cavasse nemmeno malaccio. Tifoso di calcio, dell'Unió Esportiva Figueres e del Barcellona, per cui negli anni Settanta creò una litografia chiamata "Footballeur" in occasione di uno degli anniversari di fondazione del Barça. Il grande pittore del mantello, del bastone da passeggio e degli occhi sempre spalancati nelle foto si incontrò col presidente Romero all'Hotel Ritz di Barcellona. Erano i giorni in cui Generalitat de Catalunya — il sistema amministrativo del governo catalano — risorgeva dalle proprie ceneri dopo la morte della dittatura franchista e di Franco stesso. Dalí, innamorato della sua Catalogna, non perse l'occasione per aiutare quella piccola squadra che indossava, dicevamo, i colori della senyera: "È il giorno in cui la Generalitat de Catalunya torna ufficiale, e se la Catalogna ha segnato un gol con la Generalitat, io chiamerò questo dipinto 'Gol'". Il resto è storia, a metà tra il vero e la leggenda, come inevitabile visto il principale attore in campo: 'Gol' fu esposto e battuto per quattro milioni di pesetas , aiutò il Sant Andreu e rientrare delle difficoltà economiche e salvarsi, letteralmente. Chi l'abbia acquistato resta un mistero. Dove sia oggi 'Gol' altrettanto. È tutto così meravigliosamente surreale…

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Marco Salami