Lettera aperta a Gigio Donnarumma

Caro Gigio, quando ho ascoltato le parole di Luis Enrique ho immediatamente pensato che anche questa volta fossimo di fronte a un soggetto ampiamente diverso rispetto ai dispensatori del nulla che spesso intervistiamo. Avrebbe potuto cavarsela con un semplice: “Dovete chiedere alla società, vorrei solo parlare della partita” e tutto si sarebbe sopito. Almeno per quanto lo riguarda. Invece ha mostrato il petto con orgoglio e detto che la responsabilità di questa decisione è tutta sua. Non so come la pensi tu, Gigio, ma è ampiamente probabile che non sia del tutto così. E cioè che la tua clamorosa esclusione dalla finale di Supercoppa, e dal Psg futuro, peschi prima di tutto nell’ampia palude contrattuale nella quale, questa volta, sei rimasto impigliato tu. So che molti milanisti, non tutti per la verità, stanno parlando di karma… Posso anche immaginare con quale stato d’animo guarderai la partita di Udine. Una partita che tutti dicono il Paris Saint-Germain giochi anche grazie alle tue parate. È certamente così ma, permettimi una battuta, in realtà è la finale di Monaco la partita che il Psg ha giocato grazie a te. Quella sera, di’ la verità, la partita l’hai vista da spettatore in campo in divisa da gioco. Ti sei goduto lo spettacolo da un osservatorio privilegiato ma il grosso del lavoro lo avevi fatto prima. E quindi ora puoi guardare PSG-Tottenham allo stesso modo, anche se non dal campo. Non riesco a stare completamente con te o completamente con la società in questa vicenda perché mi mancano troppi dettagli. E ho imparato quasi subito in questo lavoro che bisogna sempre sentire tutte le versioni. E finora abbiamo ascoltato la tua, quella del tuo procuratore e di Luis Enrique. Manca quella della società. C’è però uno schieramento nel quale oggi, anche grazie a te, sento di riconoscermi. In quel grande esercito silenzioso, forse ora minoritario ma certamente non allo sbando, che ancora pensa che il portiere debba come prima cosa essere bravo in porta e nelle uscite. Poi, certo, se ha buoni piedi tanto meglio. Una volta al campetto si mandava in porta quello più scarso con i piedi, a meno che non fosse il proprietario del pallone. In quel caso decideva lui. Oggi, peraltro, non so nemmeno più se esistano ‘i campetti’, forse non è più così. In ogni caso, caro Gigio, da oggi sei diventato di fatto il portavoce di un pensiero. Che sarà debole e bollabile come retrogrado ma affonda radici profonde nella storia del calcio. E che continua a farci preferire una parata in tuffo ad un lancio preciso e una respinta con i pugni in uscita ad uno scambio di prima nella tua area. Giochi pure Chevalier, caro Gigio. Ma se dovesse accadere, e tutti sappiamo che prima o poi accadrà, che questo signore arrivato dal Lille si faccia fregare la palla mentre prova un dribbling davanti alla sua porta ecco che tutti noi, tu naturalmente potresti farlo solo nel segreto della tua stanza lontano da occhi indiscreti, ci lasceremmo andare alla più grassa delle risate. “Avete vinto voi”, chiosava il sergente Lo Russo nell’indimenticabile Mediterraneo del Maestro Salvatores, “ma almeno non potrete considerarmi vostro complice”... Fabio

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Lettera aperta a Gigio Donnarumma

Fabio Tavelli