Se un rigore vuol dire Mondiale: Pagliuca e l'incubo Romario
MondialiL’INTERVISTA. L’ex-portiere della Nazionale ripensa alla finale del Mondiale 1994, persa ai rigori contro il Brasile. E non si dà pace: "L'errore di Baggio fu ininfluente. Romario mi spiazzò, ma se avesse tirato due centimetri più in là avremmo vinto noi"
GUARDA L'ALBUM DEI MONDIALI
di Vanni Spinella
Mai fidarsi di un palo. Specie se di mestiere fai il portiere. Ci sono volte in cui lo benedici, arrivi addirittura a baciarlo. Altre in cui vorresti prenderlo a calci.
Ne sa qualcosa Gianluca Pagliuca: lui, un palo, lo ha baciato veramente in una finale Mondiale, dopo che la palla gli era scivolata di mano, ed aveva trovato quell’alleato immobile pronto a salvarlo dalla papera che l’avrebbe bollato per sempre.
Non riesce a dimenticare, però, il modo in cui quello che si era rivelato un amico gli ha voltato le spalle nel giro di un’ora. Tradendolo con Romario.
Italia-Brasile è la finale del Mondiale di Usa ’94. Al termine di 120’ minuti di sofferenza e caldo asfissiante, siamo ancora 0-0. Si va ai rigori. E tutta l’Italia si affida ai guantoni di Gianluca Pagliuca.
Gianluca, riavvolgiamo il nastro e riassumiamo quella partita in 3 flash.
"L’ingresso in campo: è stata l’unica volta in vita mia in cui mi sono tremate le gambe per l’emozione.
Poi il tiro di Mauro Silva, con la palla che mi è sfuggita ed è rimbalzata miracolosamente sul palo. Per ultimo, la mia parata sul rigore di Marcio Santos"
Sensazioni durante la gara? Speravate di evitare i rigori?
"Tutt’altro. Io ci avrei messo la firma. Sapevamo che il Brasile era più forte di noi, aveva più qualità. Noi abbiamo fatto una grande partita in difesa, anche grazie al sacrificio dei centrocampisti e degli attaccanti. La sensazione era di poterci arrivare, ai rigori"
Il traguardo, quindi, era resistere 120’ senza subire gol dal Brasile?
"Il traguardo era vincere"
Avevi studiato i rigoristi del Brasile?
"Sapevo bene o male come tirava di solito Romario. Ma non c’entra niente conoscere o meno il modo in cui tirano gli avversari. L’unico che non conoscevo era Marcio Santos, ed è stato l’unico che ho parato"
Come hai fatto? Questione di istinto?
"Ho intuito che avrebbe tirato a destra e mi sono lanciato, senza pensare"
Rimpianti? Magari un rigore che avresti potuto prendere…
"Quelli che hanno segnato mi hanno spiazzato tutti e tre. L’unico rimpianto è sul rigore di Romario. La palla ha baciato il palo ed è entrata. Due centimetri più in là e avremmo vinto il Mondiale"
Addirittura?
"È la mia sensazione. Noi avevamo sbagliato il primo con Baresi, ma poi io lo avevo parato a Marcio Santos. Noi segniamo con Albertini e tocca a Romario. Ecco: calcolando che poi segnò Evani, se quella palla avesse preso il palo, noi saremmo andati sul 2-0 a tre rigori dalla fine"
Baggio è sul dischetto. Da compagno di squadra, sei tranquillo?
"Io ero da solo in un angolino. Ovvio, speravo che lo facesse, ma non credo che sarebbe cambiato molto"
Perché?
"Il rigore alto di Baggio è diventato l’immagine-simbolo di quel Mondiale. Tanti però dimenticano che, anche se avesse segnato, poi toccava ancora a loro. Il Brasile avrebbe avuto l’ultimo rigore a disposizione, per vincere"
Che ricordo hai di quel Mondiale, in generale?
"Per me fu un’altalena di emozioni: ho fatto un errore alla prima partita sul gol di Houghton, sono stato espulso alla seconda, poi mi sono beccato due giornate di squalifica. Il mio vero Mondiale è iniziato ai quarti, con la Spagna. E sono arrivato a un centimetro da un traguardo fantastico"
A Usa ’94, un rigore parato su 4. In carriera però sei stato un buon pararigori.
"Se guardo le statistiche dico di sì. Ne ho parati 24 o 25 su 90, cioè più di 1 su 4. Non male come media, direi…"
Quello che ricordi con più affetto?
"Il rigore parato a Matthaeus dell’Inter, quando ancora giocavo alla Samp. Era uno scontro diretto, e quella vittoria ci lanciò verso lo scudetto"
Le doti del vero pararigori?
"Esplosività, velocità, rapidità nell’andare subito a terra. E intuito: se indovini l’angolo, lo pari al 25%"
Guarda anche:
Di Biagio, black-out Mondiale: "La traversa, poi il nulla"
di Vanni Spinella
Mai fidarsi di un palo. Specie se di mestiere fai il portiere. Ci sono volte in cui lo benedici, arrivi addirittura a baciarlo. Altre in cui vorresti prenderlo a calci.
Ne sa qualcosa Gianluca Pagliuca: lui, un palo, lo ha baciato veramente in una finale Mondiale, dopo che la palla gli era scivolata di mano, ed aveva trovato quell’alleato immobile pronto a salvarlo dalla papera che l’avrebbe bollato per sempre.
Non riesce a dimenticare, però, il modo in cui quello che si era rivelato un amico gli ha voltato le spalle nel giro di un’ora. Tradendolo con Romario.
Italia-Brasile è la finale del Mondiale di Usa ’94. Al termine di 120’ minuti di sofferenza e caldo asfissiante, siamo ancora 0-0. Si va ai rigori. E tutta l’Italia si affida ai guantoni di Gianluca Pagliuca.
Gianluca, riavvolgiamo il nastro e riassumiamo quella partita in 3 flash.
"L’ingresso in campo: è stata l’unica volta in vita mia in cui mi sono tremate le gambe per l’emozione.
Poi il tiro di Mauro Silva, con la palla che mi è sfuggita ed è rimbalzata miracolosamente sul palo. Per ultimo, la mia parata sul rigore di Marcio Santos"
Sensazioni durante la gara? Speravate di evitare i rigori?
"Tutt’altro. Io ci avrei messo la firma. Sapevamo che il Brasile era più forte di noi, aveva più qualità. Noi abbiamo fatto una grande partita in difesa, anche grazie al sacrificio dei centrocampisti e degli attaccanti. La sensazione era di poterci arrivare, ai rigori"
Il traguardo, quindi, era resistere 120’ senza subire gol dal Brasile?
"Il traguardo era vincere"
Avevi studiato i rigoristi del Brasile?
"Sapevo bene o male come tirava di solito Romario. Ma non c’entra niente conoscere o meno il modo in cui tirano gli avversari. L’unico che non conoscevo era Marcio Santos, ed è stato l’unico che ho parato"
Come hai fatto? Questione di istinto?
"Ho intuito che avrebbe tirato a destra e mi sono lanciato, senza pensare"
Rimpianti? Magari un rigore che avresti potuto prendere…
"Quelli che hanno segnato mi hanno spiazzato tutti e tre. L’unico rimpianto è sul rigore di Romario. La palla ha baciato il palo ed è entrata. Due centimetri più in là e avremmo vinto il Mondiale"
Addirittura?
"È la mia sensazione. Noi avevamo sbagliato il primo con Baresi, ma poi io lo avevo parato a Marcio Santos. Noi segniamo con Albertini e tocca a Romario. Ecco: calcolando che poi segnò Evani, se quella palla avesse preso il palo, noi saremmo andati sul 2-0 a tre rigori dalla fine"
Baggio è sul dischetto. Da compagno di squadra, sei tranquillo?
"Io ero da solo in un angolino. Ovvio, speravo che lo facesse, ma non credo che sarebbe cambiato molto"
Perché?
"Il rigore alto di Baggio è diventato l’immagine-simbolo di quel Mondiale. Tanti però dimenticano che, anche se avesse segnato, poi toccava ancora a loro. Il Brasile avrebbe avuto l’ultimo rigore a disposizione, per vincere"
Che ricordo hai di quel Mondiale, in generale?
"Per me fu un’altalena di emozioni: ho fatto un errore alla prima partita sul gol di Houghton, sono stato espulso alla seconda, poi mi sono beccato due giornate di squalifica. Il mio vero Mondiale è iniziato ai quarti, con la Spagna. E sono arrivato a un centimetro da un traguardo fantastico"
A Usa ’94, un rigore parato su 4. In carriera però sei stato un buon pararigori.
"Se guardo le statistiche dico di sì. Ne ho parati 24 o 25 su 90, cioè più di 1 su 4. Non male come media, direi…"
Quello che ricordi con più affetto?
"Il rigore parato a Matthaeus dell’Inter, quando ancora giocavo alla Samp. Era uno scontro diretto, e quella vittoria ci lanciò verso lo scudetto"
Le doti del vero pararigori?
"Esplosività, velocità, rapidità nell’andare subito a terra. E intuito: se indovini l’angolo, lo pari al 25%"
Guarda anche:
Di Biagio, black-out Mondiale: "La traversa, poi il nulla"