Nigeria-Nord Corea, un sogno che poteva finire in tragedia
MondialiPierluigi Pardo, dal Sudafrica, prova a spiegare le ragioni degli oltre 20 feriti della ressa allo stadio di Mokhulong. Tifosi ammassati contro transenne chiuse, ondate di troppo entusiasmo che diventano pericolo per inseguire un sogno. GUARDA LE FOTO
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di Pierluigi Pardo
da Johannesburg
E’ appena un istante dopo aver lasciato lo stadio di Mokhulong, nella periferia est di Johannesburg, che capisci. Le bidonville sono ovunque e il chiasso delle vuvuzuelas ce l’hai ancora nelle orecchie. Nigeria–Corea del Nord era soltanto un’amichevole. Poteva finire in tragedia. Per pura disorganizzazione. Tifosi ammassati contro transenne chiuse. Panico. Ondate di troppo entusiasmo che diventano pericolo. Il conto finale dei feriti è di almeno venti ma per almeno due ore è impossibile azzardare una stima. Contano di più le sensazioni. I tifosi africani ti aprono il cuore con la loro allegria, urlano il nome di “Sky Sport” che leggono sull’adesivo della macchina, sorridono e cantano. Ti fanno le due dita alla Ronaldinho o sollevano il pollice. Partite come queste, in luoghi così, fino a oggi potevano solo sognarle, ma adesso non devono diventare tragedia.
Ti viene da pensare che i Mondiali siano effettivamente due. Quello degli stadi blindati, dei metal-detector ovunque, degli aeroporti dove ti controllano come e più che a New York e di queste feste spontanee, gratis, che sanno di casa. Come era già successo ai 50mila che a Soweto erano andati a abbracciare il Brasile. Rischiando però di farsi male. Imperdonabile.
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E’ appena un istante dopo aver lasciato lo stadio di Mokhulong, nella periferia est di Johannesburg, che capisci. Le bidonville sono ovunque e il chiasso delle vuvuzuelas ce l’hai ancora nelle orecchie. Nigeria–Corea del Nord era soltanto un’amichevole. Poteva finire in tragedia. Per pura disorganizzazione. Tifosi ammassati contro transenne chiuse. Panico. Ondate di troppo entusiasmo che diventano pericolo. Il conto finale dei feriti è di almeno venti ma per almeno due ore è impossibile azzardare una stima. Contano di più le sensazioni. I tifosi africani ti aprono il cuore con la loro allegria, urlano il nome di “Sky Sport” che leggono sull’adesivo della macchina, sorridono e cantano. Ti fanno le due dita alla Ronaldinho o sollevano il pollice. Partite come queste, in luoghi così, fino a oggi potevano solo sognarle, ma adesso non devono diventare tragedia.
Ti viene da pensare che i Mondiali siano effettivamente due. Quello degli stadi blindati, dei metal-detector ovunque, degli aeroporti dove ti controllano come e più che a New York e di queste feste spontanee, gratis, che sanno di casa. Come era già successo ai 50mila che a Soweto erano andati a abbracciare il Brasile. Rischiando però di farsi male. Imperdonabile.
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