Il colpo al cuore di Lippi, rinunciare al suo Buffon
Mondiali“Toglietemi tutto, ma non il mio Gigi”. Veronica Baldaccini, dal ritiro azzurro di Centurion, prova a leggere nel pensiero del ct dopo l'esito della risonanza magnetica che sottrae all'Italia il suo portiere. A Marchetti l'arduo compito di sostituirlo
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di VERONICA BALDACCINI
da Centurion (Sudafrica)
“Toglietemi tutto, ma non il mio Buffon”. Proviamo a leggere nel pensiero di Marcello Lippi in queste ore, ed è l’unica, nitida, riflessione, che riusciamo a decifrare dopo l’esito della risonanza magnetica. L’assenza del portiere più forte del mondo è uno spot al contrario per il nostro calcio, un colpo al cuore, dell’Italia e del suo commissario tecnico, che avrebbe preferito essere spogliato di tutto piuttosto che rinunciare a Gigi.
Puntuale nelle parate come l’orologio della pubblicità, più prezioso di quell’orologio, ma forse più delicato: si è inceppato un meccanismo nella schiena di Gigi, e ora il tempo – del recupero - è un punto interrogativo. Buffon vuole provarci, di tornare a casa non se ne parla: se l’Italia arriverà sino in fondo lui vuole esserci, o in campo o a bordo campo, e i compagni vogliono che lui ci sia, comunque.
Ma ora che Buffon non può parare non resta che copiarlo: quando incassa un gol non si volta mai a guardare indietro, a vedere il pallone incastrato tra le trame della rete. Anche quando lo raccoglie, guarda sempre avanti, e ora tocca a noi. Avanti c’è Federico Marchetti, e pare possa essere il futuro anche della Juventus. Per ora è il nostro futuro per domenica, contro la Nuova Zelanda, e sarà il nostro futuro contro la Slovacchia, il 24 giugno. Il presente di Marchetti, invece, è convivere con il paragone. C’è un cono d’ombra da cui deve uscire, come dai pali o dall’area: è quello della sagoma di Buffon, gigante, e per riuscirci serve un grande salto.
Curioso il destino dei due allenatori italiani al Mondiale, condannati dai tormenti fisici e psicologici dei loro portieri, la solitudine di numeri primi che non sempre sono numeri uno. Se Gigi lo è, non si può dire lo stesso di Green. Chissà che il destino di Lippi e di Capello non passi dalla porta. Principale, magari: quella che dà accesso al grande teatro della finale.
FANTASCUDETTO MONDIALE
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da Centurion (Sudafrica)
“Toglietemi tutto, ma non il mio Buffon”. Proviamo a leggere nel pensiero di Marcello Lippi in queste ore, ed è l’unica, nitida, riflessione, che riusciamo a decifrare dopo l’esito della risonanza magnetica. L’assenza del portiere più forte del mondo è uno spot al contrario per il nostro calcio, un colpo al cuore, dell’Italia e del suo commissario tecnico, che avrebbe preferito essere spogliato di tutto piuttosto che rinunciare a Gigi.
Puntuale nelle parate come l’orologio della pubblicità, più prezioso di quell’orologio, ma forse più delicato: si è inceppato un meccanismo nella schiena di Gigi, e ora il tempo – del recupero - è un punto interrogativo. Buffon vuole provarci, di tornare a casa non se ne parla: se l’Italia arriverà sino in fondo lui vuole esserci, o in campo o a bordo campo, e i compagni vogliono che lui ci sia, comunque.
Ma ora che Buffon non può parare non resta che copiarlo: quando incassa un gol non si volta mai a guardare indietro, a vedere il pallone incastrato tra le trame della rete. Anche quando lo raccoglie, guarda sempre avanti, e ora tocca a noi. Avanti c’è Federico Marchetti, e pare possa essere il futuro anche della Juventus. Per ora è il nostro futuro per domenica, contro la Nuova Zelanda, e sarà il nostro futuro contro la Slovacchia, il 24 giugno. Il presente di Marchetti, invece, è convivere con il paragone. C’è un cono d’ombra da cui deve uscire, come dai pali o dall’area: è quello della sagoma di Buffon, gigante, e per riuscirci serve un grande salto.
Curioso il destino dei due allenatori italiani al Mondiale, condannati dai tormenti fisici e psicologici dei loro portieri, la solitudine di numeri primi che non sempre sono numeri uno. Se Gigi lo è, non si può dire lo stesso di Green. Chissà che il destino di Lippi e di Capello non passi dalla porta. Principale, magari: quella che dà accesso al grande teatro della finale.
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