Mondiali 2018 Russia, la lettera di Dani Alves è da brividi: "Nessuno pianga per me"

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La copertina della lettera di Dani Alves, intitolata: "Dalla mia anima" (foto The Players' Tribune)

Emozionante lettera di Dani Alves dedicata alla sua nazione e al gioco del calcio. Il brasiliano salterà il Mondiale in Russia, ma il suo sogno si è già realizzato: "Ho pianto solo una volta, da solo. Ma nessuno versi lacrime per me". E ancora: il suo passato nella fattoria col padre a guardare la Coppa del 1994 in tv, l'esperienza religiosa del calcio e la squadra di Tite: "La miglior Seleção di sempre"

DANI ALVES KO, SALTERÀ IL MONDIALE

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QUANDO INIZIA IL MONDIALE?

No, Dani Alves al Mondiale 2018 non ci sarà. E questa era probabilmente l’ultima occasione sul palcoscenico più improntate dell’intero gioco del calcio per un ragazzino di 35 anni che continua a sentirsi un adolescente. C’è sofferenza, commozione, gratitudine e un misto di molte altre emozioni nella lettera aperta del brasiliano pubblicata sul The Players' Tribune, proprio in seguito alla notizia del suo forfait in Russia. Tante parole, frasi e ricordi che si intrecciano in una sorta di messaggio che solo all’apparenza è rivolto alla sua Nazionale. No, Dani Alves ha scritto anche per il padre aprendo un ponte temporale col suo passato. Ha scritto ai compagni del Psg e agli ex del Barcellona. Ha scritto a Tite, il Ct che proverà a riportare la Seleção in cima al mondo, ma - molto più semplicemente - il terzino brasiliano, tra i migliori al mondo e di sempre nel suo ruolo, ha scritto al calcio. Il gioco che ama.

“Ho pianto solo una volta, da solo"

“Quando ho sentito dolore al mio ginocchio la mia anima si è spenta nel mio corpo, e ho capito fin dal primo istante che non sarei salito su quell’aereo per la Russia nel prossimo Mondiale". Così Dani Alves apre la sua lettera e il suo cuore a tutti i lettori. "Subito dopo la partita negli spogliatoi i dottori del Psg mi hanno detto che avrei dovuto attendere qualche giorno per gli esami, ma nel mio cuore sapevo già che tutto fosse finito. Durante la festa per la Coppa di Francia appena vinta non ero triste, non volevo contagiare negativamente i miei compagni: ridevo e mi divertivo, ma chiunque poteva notare nei miei occhi che qualcosa, inevitabilmente, non andasse bene”.

“Ho pianto solo una volta, quando ero da solo. E fatemi dire una cosa: non voglio che nessuno pianga per me. Non voglio che nessuno sia triste per me. Ho vissuto e sto vivendo il mio sogno, Dani Alves non andrà al Mondiale, ma sono comunque il solito allegro figlio di p*****a di sempre! Guarderò il Brasile in tv - continua il terzino ex Juve - esattamente come facevo da bambino nella fattoria di famiglia, soltanto che questa volta la mia televisione sarà molto, molto più grande”.

La vita in fattoria

Dunque ecco il ricordo del passato, difficile, e di un sogno che nessun infortunio potrà mai spezzare. “Mi svegliavo alle cinque per aiutare mio padre a spruzzare sostanze chimiche sul raccolto, poi facevo dieci chilometri in bicicletta per andare a scuola. Mio padre vendeva le verdure che coltivava nella fattoria, e aveva costruito anche un piccolo locale dove fare affari, proprio lì c’era anche una tv. Era uno di quei vecchi televisori anni Settanta sui cui doveva mettere una paglietta di acciaio in cima all’antenna per trovare il segnale. L’immagine era speso sfocata, ma funzionava. Mio padre era partito per il calcio, ne era ossessionato, e quella tv per lui era tutto. Ricordo ancora i Mondiali del 1994 (Dani Alves ai tempi aveva solo 11 anni, ndr): la nostra casa era al centro del mondo e molti venivano da noi a vedere la partita. Immaginatevi cinquanta persone attorno ad una piccola tv, tra urla e festa.

Come Romario

Quindi il via alle partite: “Quando un match di quel Mondiale iniziava sembrava quasi che il campo fosse reale. In Inghilterra, Francia o Germania amano il calcio, ma sono solo dei tifosi. Hanno passione, ma le partite le guardano soltanto, noi - in Brasile - le giochiamo. Capite cosa intendo? Ricordo che guardavo Cafù e Romario su quella piccola tv, e quando loro attaccavano, noi attaccavamo. Quando loro difendevano, noi difendevamo. Tensione, sudore, stavamo realmente giocano anche noi. Molti dicono che in Brasile il calcio sia un’esperienza religiosa, ma in realtà è molto di più. E proprio guardando quel Mondiale ricordo di essermi detto: Voglio provare le stesse emozioni che sta vivendo Romario. Voglio essere in tv con quella maglietta oro indosso. E adesso, anche in questo prossimo Mondiale dove non ci sarò, non farò altro che fare le stesse cose che facevo da bambino: attaccare insieme al resto della nazione davanti alla tv”.

Il miglior Brasile di sempre

“Credo fermamente che il Brasile possa vincere il Mondiale. Abbiamo talento e abbiamo le stelle, ma, ancora più importante: abbiamo un maestro. Tite ha creato un ambiente unico tra di noi fin dal suo arrivo, ci ha dimostrato che non dobbiamo essere dei solisti, ma una perfetta armonia per raggiungere il nostro sogno. Sono stato in prima squadra per dodici anni - prosegue Dani Alves al The Players' Tribune - e questa è la squadra migliore di sempre. Abbiamo un giusto mix tra giovani come Gabriel Jesus e Coutinho e giocatori di esperienza”. Il Mondiale del 2022? “Chi lo sa…”, dice il brasiliano. “Magari potrò ancora competere per un posto in squadra. Il mio corpo sarà quello di un 39enne, ma la mia anima ancora da ragazzino di 17 anni. Nulla è impossibile, ricordo l’ultimo triplete con i Barcellona nel 2015, molte persone non credevano nella nostra impresa, ma poi abbiamo battuto la Juve e vinto tutto. Nella finale di Berlino dopo il fischio finale corsi ad abbracciare Adriano, ci siamo guardati e abbiamo iniziato a urlare e impazzire. Il giorno dopo, riguardandomi in tv mentre impazzivo mi sono detto: Che diavolo stai facendo amico?! Che sensazione ho provato in quel momento? Quella di essere ancora un ragazzino che non riesce a dire nemmeno una parola e che sa solo urlare; ma se vinceremo il Mondiale non lo farò, nemmeno una volta. Ve lo prometto: chiuderò la mia bocca e non ci sarà nessuna frase pronunciata da Dani Alves”.

“Se vinceremo rimarrò zitto, perché starò solo piangendo”.