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Mondiali 2018 Russia, luci e ombre della Germania di Löw

Mondiali

Francesco Lisanti

La Germania, sotto enorme pressione, ha avuto una reazione da grande squadra contro la Svezia. Ma i problemi non sono spariti

COREA DEL SUD-GERMANIA LIVE

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Al novantatreesimo minuto di gioco di una partita che stava complicando tremendamente il Mondiale della Germania, è diventato improvvisamente chiaro che in mezzo a quel caso un giocatore, Toni Kroos, aveva in realtà ben chiaro in mente come avrebbe vinto la partita.

Dopo essersi abbassato a recuperare l’ennesimo pallone, nella partita in cui ha registrato il record storico di palloni toccati (144) da un solo giocatore nella storia della nazionale tedesca, ha pescato Reus sulla linea di fondo campo, su lato destro dell'area svedese, con un lancio in spaccata che ha scavalcato nove giocatori svedesi. Una traiettoria difficile da immaginare ancor prima che da realizzare, perché la corsa di Reus era nascosta dalla coltre di maglie schierate a protezione dell’area, e perché l’equilibrio con cui ha calciato era precario e il marcatore molto vicino, oltre al fatto che la pressione del cronometro stava schiacciando la Germania. Reus, forse sorpreso anche lui dal passaggio di Kroos, ha provato a mettere dentro la palla al volo, calciando fuori.

Quel lancio di Kroos, anche se non ha portato a nulla, è una giocata da numero 10, in un Mondiale dominati dai numeri 10 (per restare agli ultimi due giorni: Eriksen, Modric, Xhaka, James Rodriguez), a conferma che «non serve avere la maglia con il numero 10 per esserlo», come ha certificato Alex Del Piero. Un lancio che oltretutto è il manifesto della strategia della Germania nel secondo tempo, che Toni Kroos ha messo in atto con pazienza fino all'ultimo secondo, di giocare sulle fasce in profondità e poi, da lì, aspettare che succeda qualcosa. Il primo gol è nato da una palla bassa messa in area da sinistra, il secondo da una punizione conquistata da Timo Werner dopo aver ricevuto un passaggio, semplice stavolta, di Kroos sempre quel lato.

L'ultimo dei 144 tocchi di palla di Kroos è quello decisivo, la firma su un capolavoro che rischiava di restare incompiuto.

Un altro momento iconico da aggiungere all’album dei Mondiali.

I cambi di Löw e la pressione esterna

Bruciato dalla travolgente sconfitta contro il Messico, Löw aveva provato ad accontentare tutti, anche le vecchie glorie della Nazionale - che siccome la Nazionale tedesca bene o male arriva sempre in fondo sono veramente tante, e sulla stampa tedesca trovano sempre spazio, un aspetto che accomuna tedeschi e italiani al di là della secolare rivalità calcistica.

Il mirino dell’opinione pubblica, già seccata dalle foto sorridenti con Erdogan e dai silenzi osservati durante l’inno nazionale, si era in particolare centrato su Mesut Özil. Effenberg aveva detto che «Löw dovrebbe metterlo in panchina»; Lothar Matthaus che «gioca senza cuore, senza gioia, senza passione», e che si aspettava di vedergli lasciare la Nazionale alla fine di questi Mondiali; mentre Mario Basler che «è patetico, ha il linguaggio del corpo di una rana morta». Al suo posto ha giocato l’invocatissimo Reus, che ha firmato una partita tra luci e ombre (1 gol con l’unico tiro in porta, 1 cross, 0 dribbling, 0 occasioni create).

Dopo qualche resistenza, Löw ha rinunciato anche a Khedira nella linea di mediana, incontrando le richieste dei tifosi. Contro il Messico, oltre al pallone perso che aveva mandato in porta Lozano, Khedira era apparso sempre un passo indietro rispetto all’evoluzione della manovra, mai nella posizione giusta per recuperare il pallone o sporcare una linea di passaggio, sconfitto in ogni aspetto del gioco da avversari fisicamente troppo più brillanti. Inconsistente tanto nella fase difensiva (0 contrasti vinti su 4 tentati, 0 anticipi, 0 disimpegni, 0 tiri bloccati, 0 duelli aerei ingaggiati) quanto in quella offensiva (la miseria di 12/19 passaggi completati nella trequarti del Messico e 1 tiro, per di più respinto). Di rado i numeri riescono a fotografare con questa precisione una brutta prestazione.

Le formazioni iniziali: entrambi gli allenatori si sono attenuti ai moduli base.

Al suo posto ha giocato Rudy, poi costretto ad uscire per un colpo alla testa dopo trenta minuti, poco prima del vantaggio svedese. E persino in quel momento Löw ha preferito tenere Khedira in panchina e mandare in campo Gundogan, più dinamico e più tecnico. Le gerarchie a centrocampo dovrebbero restare queste da qui alla fine dei Mondiali, mentre in difesa restano dei dubbi.

Boateng e Hummels, al di là di qualche leggerezza, hanno disputato una gran partita contro il Messico e hanno impedito che il parziale dilagasse, poi Hummels si è dislocato due vertebre del collo e il suo rientro è incerto, mentre Boateng si è fatto espellere a dieci minuti dalla fine contro la Svezia e salterà la Corea del Sud. Nell’ultima partita del girone, la Germania potrebbe entrare in campo senza nessuno dei suoi titolari.

Che problemi ha la Germania?

Nel frattempo, per sostituire Hummels, Löw si è affidato a Rüdiger, difensore più rapido di Sule e quindi più adatto al contesto di gioco che richiedeva un’efficace copertura della profondità. La pressione inesistente della Svezia sulla linea di difesa ha di molto semplificato il compito dei centrali, ma in quelle poche situazioni di più difficile lettura Rüdiger non ha offerto garanzie: al dodicesimo è inciampato sul pallone e ha spalancato la porta a Berg; al trentaduesimo è scivolato in ritardo verso sinistra, lasciando spazio all’inserimento di Toivonen per il vantaggio della Svezia.

Al di là delle caratteristiche dei singoli, l’impressione dopo le prime due partite è che chiunque giochi al centro della difesa tedesca sia destinato a finire sotto accusa. Il centrocampo, con o senza Khedira, oppone un filtro molto precario, mentre i terzini sono spesso alti per contribuire allo sviluppo della manovra. Di conseguenza la transizione difensiva della Germania è fragilissima, e per fortuna Kroos non sbaglia quasi mai la misura dei passaggi a metà campo, perché appena succede gli avversari arrivano in porta (ieri ci sono stati due errori vistosi, dopo il primo di questi la Svezia ha segnato).

Questione di efficienza: i 7 tiri della Svezia hanno registrato gli stessi xG dei 18 della Germania.

Quando dispiega tutti i suoi effettivi al di sopra della linea della palla, la Germania sembra necessitare di un’ulteriore presenza davanti alla difesa, per conservare un blocco di tre uomini a protezione dell’area. Per questo motivo, Löw potrebbe pensare di rinunciare al trequartista per impiegare stabilmente Rudy da vertice basso. Se invece la Germania dovesse andare avanti con il 4-2-3-1, la presenza di Rudy sul centro-destra potrà mettere una pezza su un altro dei problemi strutturali della Germania, lo spazio alle spalle di Kimmich.

Contro il Messico, in più di un’occasione compreso quella del gol, il terzino del Bayern si è trovato in difficoltà nel recuperare la posizione sui ribaltamenti di fronte. Avrebbe dovuto coprirlo Khedira, che però era in evidente difficoltà motoria, oppure Boateng, ma i meccanismi della linea di difesa non erano sufficientemente oliati.

Sotto questo punto di vista, il confronto con la Svezia non si può considerare particolarmente attendibile. Con il suo 4-3-3, il Messico mirava a deviare il possesso della Germania verso una fascia per poi chiuderlo all’interno di quella porzione di campo. La Germania non aveva trovato contromisure e aveva finito per accettare lo stile di pressing del Messico, limitandosi a costruire le azioni d’attacco unicamente sulla fascia destra. Anche alla vigilia dei Mondiali, del resto, lo scollamento tra la catena di destra e la catena sinistra rappresentava uno dei principali problemi nella costruzione della Germania.

Contro la Svezia, invece, i terzini avevano la possibilità di spingersi in avanti senza ripercussioni, e la palla circolava da un lato all’altro del campo agevolmente. Il 4-4-2 di Andersson mirava soltanto a bloccare l’accesso centrale in area di rigore, che di fatto la Germania non ha mai trovato. Quando però il possesso divergeva verso le fasce, la rinuncia al pressing della Svezia permetteva alla Germania di cambiare fascia con relativa facilità, coinvolgendo tutti gli uomini in campo. In particolare Kroos, che ha dominato il centro-sinistra (in fase di possesso si abbassava formando una specie di difesa a 3 con Rüdiger al centro e Hummels a destra, lasciando Gundogan come vertice alto del rombo di costruzione) ha trovato molto più facilmente spazio per ricevere rispetto alla partita contro il Messico - da 68 passaggi ricevuti a 109 - mentre lo squilibrio nell’influenza dei due terzini è stato ancora evidente (Héctor ha ricevuto 38 passaggi, Kimmich 75).

La differenza nella distribuzione di Kroos tra il primo e il secondo tempo, quando ha decisamente alzato il baricentro di influenza e ha servito 4 palloni in area (0 nel primo tempo).

Quando dispiega tutti i suoi effettivi al di sopra della linea della palla, la Germania sembra necessitare di un’ulteriore presenza davanti alla difesa, per conservare un blocco di tre uomini a protezione dell’area. Per questo motivo, Löw potrebbe pensare di rinunciare al trequartista per impiegare stabilmente Rudy da vertice basso. Se invece la Germania dovesse andare avanti con il 4-2-3-1, la presenza di Rudy sul centro-destra potrà mettere una pezza su un altro dei problemi strutturali della Germania, lo spazio alle spalle di Kimmich.

Contro il Messico, in più di un’occasione compreso quella del gol, il terzino del Bayern si è trovato in difficoltà nel recuperare la posizione sui ribaltamenti di fronte. Avrebbe dovuto coprirlo Khedira, che però era in evidente difficoltà motoria, oppure Boateng, ma i meccanismi della linea di difesa non erano sufficientemente oliati.

Sotto questo punto di vista, il confronto con la Svezia non si può considerare particolarmente attendibile. Con il suo 4-3-3, il Messico mirava a deviare il possesso della Germania verso una fascia per poi chiuderlo all’interno di quella porzione di campo. La Germania non aveva trovato contromisure e aveva finito per accettare lo stile di pressing del Messico, limitandosi a costruire le azioni d’attacco unicamente sulla fascia destra. Anche alla vigilia dei Mondiali, del resto, lo scollamento tra la catena di destra e la catena sinistra rappresentava uno dei principali problemi nella costruzione della Germania.

Contro la Svezia, invece, i terzini avevano la possibilità di spingersi in avanti senza ripercussioni, e la palla circolava da un lato all’altro del campo agevolmente. Il 4-4-2 di Andersson mirava soltanto a bloccare l’accesso centrale in area di rigore, che di fatto la Germania non ha mai trovato. Quando però il possesso divergeva verso le fasce, la rinuncia al pressing della Svezia permetteva alla Germania di cambiare fascia con relativa facilità, coinvolgendo tutti gli uomini in campo. In particolare Kroos, che ha dominato il centro-sinistra (in fase di possesso si abbassava formando una specie di difesa a 3 con Rüdiger al centro e Hummels a destra, lasciando Gundogan come vertice alto del rombo di costruzione) ha trovato molto più facilmente spazio per ricevere rispetto alla partita contro il Messico - da 68 passaggi ricevuti a 109 - mentre lo squilibrio nell’influenza dei due terzini è stato ancora evidente (Héctor ha ricevuto 38 passaggi, Kimmich 75).

I sortilegi di Andersson: per i tedeschi l’area di rigore sembra inaccessibile, gli svedesi in proporzione ci entrano con relativa facilità.

Prima della partita, Forsberg aveva dichiarato di sposare l’impronta ostinatamente attendista («dovremo essere difensivamente compatti - le nostre occasioni le raccoglieremo strada facendo»), e già che c’era si era preso il disturbo di lanciare qualche messaggio destabilizzante in direzione della spedizione tedesca («abbiamo visto contro il Messico che non sono invincibili, vediamo, la pressione è tutta su di loro»). La Svezia sa come rendersi frustrante, e aveva già eliminato Olanda e Italia in questo modo: prosciugandone le energie fisiche e nervose, convincendole che la porta fosse un miraggio dovuto allo sforzo, un ricordo di vite passate. È andata a una manciata di secondi dal riuscirci ancora, questa volta contro i campioni del mondo in carica.

Sarebbe stata la terza eliminazione consecutiva della squadra campione del mondo nel primo turno dei Mondiali, la quarta nelle ultime cinque edizioni. A posteriori non sarebbe parso così assurdo, perché della squadra a fine ciclo la Germania stava mostrando tutti i sintomi: il possesso circolare che non trovava sbocchi, le incomprensioni in campo (come l’errore di Kroos in occasione del gol di Toivonen), gli eccessi di foga (come l’entrataccia di Boateng a dieci minuti dalla fine che ha lasciato la Germania in 10), e gli errori drammatici sotto porta (come quello di Mario Gómez, arrivato a colpire il pallone di testa da solo a centro area dopo un altro cross geniale di Kroos). La strategia tedesca, con l'occupazione degli spazi di mezzo e dell'ampiezza per arrivare al cross con un'area molto piena, aveva generato grande pressione sulla Svezia, e un controllo pressoché totale del pallone e degli spazi, ma in un certo senso aveva fatto anche il gioco della Svezia, capace di ripiegare fin dentro l'area piccola per difendere un risultato che sarebbe stato incredibile e che gli avrebbe garantito un pezzo di qualificazione. 

I momenti immediatamente precedenti alla perla di Kroos aiutano a cogliere l’atmosfera caotica in cui si stavano giocando: il fallo da cui è generata la punizione se l’era procurato Werner, che si era riciclato ala sinistra di strappi e isolamenti perché al centro Gómez occupava lo spazio al centro staticamente, coprendo così la scelta divisiva di Löw che aveva tolto un posto nelle convocazione a Sané, micidiale ala sinistra di strappi e isolamenti. In campo, sempre su quel lato, c'era anche Brandt, altra ala sinistra in grado di strappare, perché non si è mai abbastanza per provare a creare superiorità contro la Svezia che si difende.

La Svezia poteva risparmiarsi un fallo così chiaro e così vicino all’area, motivo per cui Durmaz nelle ultime ore è stato oggetto di messaggi di odio e razzismo riversati sul suo profilo Instagram, ma poteva addirittura chiudere il discorso qualificazione qualche secondo prima, quando in possesso del pallone e nella metà campo tedesca Guidetti avesse deciso di conservare la palla e aspettare l’inserimento di Forsberg, invece di calciare debolmente tra le braccia di Neuer. Fatalmente, proprio i due giocatori mandati in campo da Andersson a partita in corso hanno impedito alla Svezia di vincere la partita, ma è stato il giocatore più forte in campo a consegnarla nelle mani della Germania.

Nel calcio non va sempre così, capita che i giocatori migliori deludano nelle occasioni decisive, ma in questo Mondiale - eccezion fatta per le prime due tremende partite di Messi - sta andando spesso così. E la Germania, con tutti i suoi problemi, ha uno dei giocatori migliori in assoluto di questo Mondiale. Nel momento decisivo, quando la strategia conservativa della Svezia sembrava avere la meglio, la Germania ci ha tenuto a ricordare al mondo intero quante soluzioni ha a disposizione, e quanto creda in ognuna di esse, anche in confusione, anche a un secondo dalla fine. Perché c'è più di una ragione se al centro della maglia bianca hanno quello stemma dorato con sopra disegnata la Coppa del Mondo.