Il Manchester City sembra inarrestabile, il 4 a 1 al Tottenham è la sedicesima vittoria consecutiva - le stesse che Guardiola aveva ottenuto col Barcellona - e mostra ancora la profondità delle proprie risorse
Dicembre era un mese importante per pesare le possibilità di riaprire la Premier League, dopo l'inizio lampo del Manchester City. La squadra di Guardiola avrebbe dovuto affrontare due avversarie dirette in rapida successione: prima il derby di Manchester e, due settimane, dopo il Tottenham di Pochettino, con in mezzo la partita contro lo Swansea.
Il Manchester City è uscito da questo ciclo con 3 vittorie, 9 punti, 10 gol segnati, 2 subiti e il record di vittorie consecutive nella storia della Premier League: 15. L'impresa di sabato, che ha portato alla sedicesima vittoria, si è rivelata persino più semplice del previsto. Il Tottenham sta attraversando uno dei periodi più complicati della gestione Pochettino. Nelle ultime settimane gli "Spurs" hanno provato a cambiare qualcosa nei propri equilibri: il tecnico ha tolto un difensore per provare ad alzare il baricentro e conferire ancora maggiore centralità a Christian Eriksen. Così il Tottenham è passato dal 3-4-2-1 al 4-2-3-1.
Dei piccoli cambiamenti sono però stati pensati anche per la partita con il City. Pochettino ha proposto un modulo ancora nuovo, un 4-3-1-2, e tre novità rispetto all'ultima vittoria contro il Brighton. In difesa Trippier al posto di Aurier, a centrocampo Dembélé al posto di Sissoko e soprattutto Alli, che è tornato al suo posto dopo aver lasciato il ruolo di trequartista a Lamela nell'ultima partita.
La strategia difensiva del City
L’idea del Tottenham era quella di accettare il confronto alla pari con i Citizens e giocarsi la partita mettendo sul piatto gli stessi punti di forza della prima in classifica, in particolare il controllo della palla, da ricercare attraverso un possesso ragionato, e una buona aggressività sulla costruzione bassa avversaria.
Ma se il piano gara dei londinesi, capaci comunque di limitare il possesso dei padroni di casa (“appena” il 52,7%), ha deragliato, il merito è di una grandissima partita sul piano difensivo del Manchester City. La squadra di Guardiola ha esercitato una grande pressione sulla costruzione del Tottenham che, unità all'intensità in fase di riconquista, ha impedito agli "Spurs" di consolidare il gioco.
Ad inizio azione, Aguero ha aggredito il difensore centrale in possesso (ed eventualmente il portiere), la mezzala sul lato forte si orientava sull’altro centrale difensivo, quella sul lato debole prendeva Dembélé, l’ala sul lato palla saliva sul terzino mentre quella sull’altra fascia stringeva verso il centro del campo per prendere l’interno di riferimento. Nei rari casi in cui gli uomini di Pochettino superavano la prima linea di pressione e recapitare la sfera alle mezzali, toccava ai terzini alzarsi su Eriksen e Winks.
La pressione alta del Man City: Gundogan - scelto al posto di David Silva - esce su Dier, De Bruyne prende Dembélé mentre Sterling si accentra per marcare Winks.
L’obiettivo di questa strategia era tagliare fuori dal gioco Eriksen, indirizzando l'inizio azione sul lato del centrale meno bravo a impostare, cioè Vertonghen. Il difensore belga è stato spesso costretto a lanciare lunghe (6 volte, di cui solo 3 andate a buon fine) oppure a scaricare su Rose, a sua volta obbligato a lanciare lungo. A fine partita si conteranno 15 palloni persi dal Tottenham nella propria metà campo, (contro i 5 del City), la maggior parte dei quali nella seconda frazione. Il che la dice lunga sull’intensità e la continuità degli uomini di Guardiola. Quando i padroni di casa perdevano il possesso nella metà campo avversaria, tentavano il recupero immediato aumentando la densità di uomini in zona palla: oltre alla riaggressione cercata dall'uomo più vicino e dal giocatore sul lato di riferimento, usciva anche Fernandinho, che non si faceva problemi ad abbandonare la posizione, tanto meno a ricorrere al fallo, 5 complessivi. Il City a fine partita avrà commesso più falli nella metà campo altrui, 7, che nella propria, 6.
Il naufragio della strategia di Pochettino
In questo modo il City ha spezzato la connessione tra Eriksen e gli altri due grandi talenti della squadra, Kane e Alli. La capolista in pratica ha giocato una fase difensiva rimasta solo nelle intenzioni del Tottenham. Quando i padroni di casa costruivano da dietro, Kane e Son schermavano i difensori centrali, Alli si metteva su Fernandinho e le mezzali si orientavano sui terzini con l’intento teorico di portare il City a giocare internamente, dove il Tottenham poteva contare su un uomo in più. La pressione alta degli "Spurs" si è però rivelata inefficace: Eriksen e Winks non riuscivano ad uscire con i tempi giusti su Walker e Delph – che come al solito sull’uscita palla si è affiancato a Fernandinho – e quando si alzavano sui difensori con troppo anticipo scoprivano la linea di passaggio per le mezzali. Se invece rimanevano in posizione permettevano ai terzini la ricezione e la giocata.
Winks anticipa l’uscita su Walker e scopre la linea di passaggio verso De Bruyne. In ogni caso va sottolineata la qualità del passaggio taglia linee di Otamendi.
Dopo mezz'ora di gioco Pochettino è tornato al 4-2-3-1, con l'idea di coprire meglio l'ampiezza del campo, pur garantendo ad Eriksen la massima libertà di movimento. Eppure, anche nelle situazioni in cui i suoi uomini hanno obbligato il City ad allargare la manovra, restringendo il campo a chi controllava il pallone sulla fascia e creando dunque i presupposti per il recupero palla, il City ha eluso l’aggressività del Tottenham con relativa facilità. Merito di una condizione psicofisica invidiabile, della tecnica dei singoli e dei sincronismi collettivi, che gli hanno consentito di risalire il campo rapidamente con delle uscite a un tocco ad altissimo coefficiente di difficoltà. Sorvolando sulle qualità di Ederson da regista aggiunto e su quelle di Sanè negli 1 vs 1 (dominante nel duello con Trippier, vedi i 6 dribbling completati su 7), i Citizens quando sono stati aggrediti sulle fasce si sono affidati ai triangoli delle catene laterali (terzino-mezzala-esterno) per liberare il terzo uomo sul lato forte; oppure lo stesso uomo da cui è partita l’azione ha superato il diretto marcatore grazie a un uno-due con un compagno.
Come in questo caso, in cui Gundogan si libera di Dembélé grazie al triangolo con Sané.
L'ennesima grande partita di De Bruyne
Determinante in queste situazioni il riferimento centrale a cui appoggiarsi, che deve essere bravo a dettare un’opzione di passaggio pulita e lavorare da facilitatore di gioco. Spesso e volentieri questo ruolo lo ha recitato De Bruyne, che ha giocato un'altra partita straordinaria a questa stagione in cui ha compiuto davvero un nuovo salto di livello.
Ormai il suo stato di forma irreale non fa più notizia, ma vale la pena sottolineare l’evoluzione della sua prestazione, lievitata con il passare dei minuti. Il turning point della sua partita è stato il pestone che gli ha rifilato Alli al 67’: da quel fallo non solo ne è uscito indenne, ma si è ripreso pienamente e ha elevato il suo gioco ad un livello ancora superiore, chiudendo pochi minuti più tardi una gara rimasta in bilico fino a metà della ripresa per demerito soprattutto dell’imprecisione sotto porta dei suoi compagni. De Btuyne ha prima siglato il raddoppio con un sinistro di una potenza inaudita, che ha piegato le mani a Lloris, poi si è procurato il rigore fallito da Gabriel Jesus. Per finire, ha iniziato l'azione del 3 a 0: un'azione prepotente, nata da una riconquista palla su Dembélé e finita con un passaggio chiave per Gundogan. Scavando sotto gli highlights e i trick virali da compilation, si scova l’ennesima prova totale di De Bruyne, determinante in fase offensiva almeno quanto in quella difensiva (anche Guardiola ne ha sottolineato l’importanza senza palla). Il belga ha chiuso la partita con 6 passaggi chiave e 6 tackle vincenti; le sue giocate hanno regalato costantemente un vantaggio posizionale alla squadra, ed è stato forse il fattore più determinante per il 4 a 1 finale.
Il Tottenham, più che il piano gara audace, ha pagato il periodo di scarsa vena delle sue stelle, ma contro questo Manchester City forse non si poteva fare molto di più. Guardiola – che grazie al 4-1 di sabato ha centrato il 16° successo di fila in campionato, eguagliando la striscia di vittorie utili conseguita in Liga ai tempi del Barcellona - ha dimostrato di saper interpretare anche una partita differente rispetto allo spartito canonico a base di possesso palla e attacchi posizionali. Il Manchester City in ogni caso ha mantenuto un grande controllo sulla gara, anche con una percentuale più umana del possesso palla, grazie sopratutto alla precisione delle sua fase difensiva e alla qualità delle transizioni. Questo anche per chi continua in qualche modo associare Guardiola solo allo stereotipo del calcio di possesso. Più che il possesso palla, questa versione del Manchester City sembra dipendere molto dall'intensità che è in grado di esercitare in partita.
Nel prosieguo della stagione sarà curioso studiarne l’evoluzione, cercando di capire se questa squadra sarà in grado di gestire le gare pure quando non è in grado di alzare il volume dei propri ritmi.