Manchester City-Liverpool è Guardiola contro Klopp: look, frasi e filosofia a confronto
Uno elegante, l'altro in tuta. Le scarpe italiane e il cappellino. Tiki-taka e gegenpressing, cori coi tifosi alle sei del mattino e sigari. Klopp suona sul campo un heavy metal senza tregua, Pep è come Wonderwall degli Oasis, una parola meravigliosa ma che non esisteva, come il suo calcio rivoluzionario. City-Liverpool è live domenica 10 alle 17.30 su Sky Sport Uno e Sky Sport Football, anche in 4K
di Marco Salami
Jurgen Klopp è un doppio pedale della batteria. Il suo è un calcio heavy metal. È martellante, è senza tregua. È come Fuel, la canzone dei Metallica, Gimme fuel, gimme fire, Gimme that which I desire! Dammi carburante, dammi fuoco, dammi ciò che voglio. Pep è una sinfonia, è Wonderwall degli Oasis, cioè una parola che letteralmente non esisteva ma che ora tutti conoscono. E a pensarci bene ha perfettamente senso, è come il suo gioco rivoluzionario: il tiki-taka, l'attaccante che non c’è perché il suo attaccante è lo spazio, lo spettacolo.
STILE A CONFRONTO - Questione di filosofia. Guardiola contro Klopp è un immenso capitolo del grande libro del calcio, di quelli con un nuovo colpo di scena ad ogni pagina. I due personaggi vestono diverso anche nello stile: l'eterna lotta del look tra l'allenatore elegante e quello in tuta. Pep, a Manchester si presentò così.
A Barcellona si era seduto in panchina nelle prime due giornate del campionato 2008/09 con maglioncino, camicia o cardigan: un pari e una sconfitta. Il suo Barça delle meraviglie stava nascendo, e lui con esso: la svolta ancora più elegante è dietro l'angolo. Da allora il completo, sempre. Come completo - inteso come pieno, armonioso e meraviglioso - è diventato il gioco della squadra entrata nell'olimpo del calcio insieme a poche altre. Era nato il tiki-taka.
Il cashmere morbido come i passaggi dei suoi centrocampisti, praticamente tutti, dal portiere all'attaccante. Le linee sinuose dei tessuti come gli schemi sul campo. Lui, terzo figlio di un muratore. Il suo amico David Trueba - scrittore, regista e sceneggiatore - amava far notare come "nelle costose scarpe italiane di Pep, batteva sempre un cuore con le espadrillas".
E poi a Manchester. Forse più casual, ma sempre trendy. Più coperto perché lì tira un vento diverso rispetto a quello di Barcellona. Il maglioncino, il cardigan pesante, la giacca a vento in inverno, appunto; la felpa Open Arms come sostegno alla ONG catalana.
E dov'è Jurgen Klopp? - recitava una pubblicità. È sull'altro fronte della moda della panchina. La tuta, gli occhiali che oggi non indossa più ("la mia faccia ora è buffa"). L'inseparabile cappellino. Klopp è la quintessenza nel "normal one". Esattamente come si era presentato alla stampa a Liverpool nell'ottobre del 2015.
Da lì una Champions, due finali (Europa e Champions League), la prima storica Premier nella storia del Liverpool. A un certo punto Klopp il cappello se l'è tolto. Come il mondo del calcio nei suoi confronti.
IL LINGUAGGIO NON VERBALE - Jurgen Klopp e Guardiola sono diversi anche in questo. Pep è sobrietà al potere, le mani sul volto, lo sguardo talvolta allucinato ma che non pecca mai di armonia, la postura composta. Klopp è la mano sul cuore, oggi anche un murale a Jordan Street, ma anche il viso deformato dalla grinta che trasferisce in campo ai suoi giocatori.
È il pugno lanciato tre volte (o più) verso la Kop alla fine di ogni partita, sancito dalle ovazioni del suo pueblo come in una corrida dei tori. I denti digrignati. È l'alter ego mimico del suo stesso calcio.
Mentre Pep è l'immagine dell'estasi che il suo stesso gioco produce. Finezza. Gli occhi di un bimbo che va al luna park per la prima volta e assaggia il divertimento sotto forma di dolcissimo zucchero filato. Qualcosa di molto simile a veder giocare Messi. O come quando Lewandowski (è il caso di questa foto) aveva appena segnato al Wolfsburg il suo quinto gol personale, in rovesciata, nello spazio di nove minuti.
TIKI-TAKA E GEGENPRESSING - Ma la filosofia è soprattutto sul campo. Tiki-taka e gegenpressing sono entrambi nel vocabolario del calcio e di quello di tutti, qui in Italia, per esempio, sulla Treccani. Tiki-taka, neologismi 2014: "Nel calcio, sistema di gioco basato su passaggi rasoterra continui e brevi per mantenere costantemente il controllo del pallone". Gegenpressing, neologismi 2018: "Nel calcio, l’immediata pressione sul portatore di palla avversario non appena si è perso il pallone".
Il calcio heavy metal, perché a Klopp piace definirlo così, arriva da lì. È un doppio pedale della batteria di una canzone che non ti lascia tregua. Esattamente come il suo Liverpool. Il counterpressing inglese, contro-pressing all'italiana. L'immediata pressione subito dopo una palla persa. Gli avversari sono attaccati alla giugulare, un possesso che entra nelle sabbie mobili dell'intensità del Klopp-pensiero, dove più provi a muoverti e più sprofondi. E perdi palla, fiato, sicurezze e, alla fine, la partita.
"A uno come Wenger piace avere il pallone, giocare, passare la palla. È come un'orchestra, ma è una canzone silenziosa - disse Klopp una volta al Daily Mail -, a me piace di più l'heavy metal. Voglio più rumore". Anche se poi - parlando di musica in senso stretto - confessò di mettere "al primo posto i Beatles, poi mi piacciono i Genesis e i Kiss, il frontman aveva una lingua lunghissima". I was made for loving you (sono nato per amarti) cantavano loro. Oggi glielo dicono i suoi tifosi.
Dall'altra parte c'è il neologismo amato e odiato (letteralmente, "Odio il tiki-taka", firmato Pep Guardiola, agosto 2014). I passaggi, la cura del dettaglio, una squadra di soli centrocampisti. L'assenza dell'attaccante perché - frase simbolo del movimento - "il nostro centravanti è lo spazio". Tutto questo in un unico allenatore che ama dire di "non aver inventato niente, ciò che ho fatto lo facevano già Johan Cruyff e Charlie Reixach".
Inventato forse no ma innovato sì, sperimentato, fallito e compiuto. Non osato: come quando Karl-Heinz Rummenigge rivelò che al Bayern avrebbe voluto schierare Neuer da centrocampista.
LE FRASI FAMOSE - Le due manifesto Jurgen Klopp le ha pronunciate nel 2015, all'alba della sua avventura nella città del Liver Bird, l’uccello mitico mezzo cormorano mezza aquila. "I'm the normal One", una dichiarazione d'intenti, proprio alla prima conferenza. Un motivo ricorrente per tutti i suoi anni nei reds, resi grandi e ora normalmente grandi. Un po' come lui.
L'altra frase simbolo è altrettanto uno slogan ma tutt'altro che fine a se stesso. Una missione: entrare nella testa di giocatori, tifosi e di tutto il movimento: "Change from Doubters to Believers", dobbiamo passare da scettici a credenti. Jurgen ce l'ha fatta, vietando a suoi undici di toccare la celebre scritta "This in Anfield" nella pancia dello stadio almeno fino alla prima grande vittoria. Ora la possono toccare.
Ma anche il guardiolismo è una corrente di pensiero. La tattica che entra nelle sinapsi dei giocatori, nei loro sogni di notte, un profeta della lavegnetta in grado di indicare la via. E Dani Alves infatti una volta disse: "Essere allenati da Guardiola è meglio di fare sesso".
Risposta laconica di Pep: "Preferisco il sesso".
A proposito di quello. Finale di Champions 2018, il Liverpool di Klopp perde a Kiev con due sciagurate papere del proprio portiere ma lui si intrattiene fino alle 6 del mattino a cantare coi suoi tifosi: "Prima o poi riporteremo a Liverpool quella coppa". Missione compiuta l'anno dopo, quando al posto di cantare Let's Talk About Sex Klopp virò su un ancor più esaltante Let's Talk About Six, come la sesta coppa nella storia del club.
VIDEO. QUANDO KLOPP CANTAVA COI TIFOSI ALLE 6 DI MATTINA DOPO LA FINALE PERSA
E Pep? Alle vittorie (tante) ha abbinato anche un sigaro e Don't Look Back in Anger.
VIDEO. QUANDO GUARDIOLA FESTEGGIÒ CON SIGARO E OASIS
E poi le dediche, perché la grandezza riconosce la grandezza. Pep vinse la prima Champions nel 2009 e la dedicò a Maldini: "Vorrei fare una dedica per questa vittoria al calcio italiano e soprattutto a Maldini, un esempio per tutti. So che ha avuto qualche problema nel giorno dell'addio, ma sappia che ha l'ammirazione di tutta l'Europa, da venticinque anni". Ma anche a Mazzone: "Un mio maestro, sono orgoglioso di averlo avuto come tecnico".
Pep-filosofia tra tattiche rivoluzionarie: "Le penso di notte, contro l'Atletico giocheremo in dodici" e rivalità: "Klopp mi ha migliorato".
Forse alla fine tutto torna a questo, cioè alle recentissime parole del tedesco alla Bild: "Guardiola è il migliore allenatore del mondo. Il mio piano non è mai stato avere la squadra migliore del mondo, ma avere una squadra che sia in grado di battere la migliore del mondo". Pep, nato per essere il migliore. Jurgen, nato per battere i migliori. Chi vincerà?
LE PAROLE DI KLOPP ALLA BILD