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Di Canio Premier Special, 'Danke, Jürgen: L’era di Klopp'. Appuntamento da oggi su Sky

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Nuovo appuntamento con Paolo Di Canio che in questa puntata racconta Jurgen Klopp. Un viaggio nel mondo della Premier League tra storie, analisi, aneddoti e tanto altro. In onda da stasera alle 20 su Sky Sport Uno e alle 21.45 su Sky Sport Calcio. In streaming su NOW e disponibile on demand

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Bisogna sempre frenare, di fronte alla tentazione del racconto emotivo, emozionante e spontaneo su atleti e allenatori, perché il rischio è quello di contestualizzare poco e cadere nella retorica e nell’agiografia, in un ritratto ai limiti della santità che gli stessi protagonisti, per primi, sarebbero in imbarazzo ad accettare. Ci sono casi in cui però si fa fatica: perché di Jürgen Klopp non si trovano che elogi, complimenti e ricordi positivi.

L'arrivo al Liverpool

I suoi otto anni e mezzo alla guida del Liverpool hanno indirizzato il club verso un futuro di rinnovate speranze, dopo alcune stagioni in cui scelte sbagliate o clamorosi colpi di sfortuna, come lo scivolone di Steven Gerrard che aprì la strada al gol di Demba Ba del Chelsea e allo sfumare di un titolo che poteva essere vinto, nel 2014, avevano creato una frustrazione crescente. E non per nulla, sapientemente guidato dai suoi consiglieri, al suo arrivo Klopp aveva espresso il desiderio che i tanti scettici diventassero credenti, fedelissimi, convinti. Un cambiamento di mentalità che non è arrivato subito: sempre in quell’autunno 2015, quello dell’insediamento di Klopp, fu famosa una sconfitta interna contro il Crystal Palace in cui molti tifosi abbandonarono in anticipo lo stadio, delusi. E fu anche per questo motivo che poche settimane dopo un pareggio interno raggiunto in extremis contro il West Bromwich Albion fu festeggiato con veemenza dal tecnico tedesco: quello che normalmente sarebbe stato un risultato deludente contro un’avversaria mediocre fu letto da Klopp come primo segnale della svolta, dell’assorbimento di una mentalità guerriera, poco disposta ad accettare le situazioni negative.

Memorabili rimonte

La stessa mentalità che portò poi a memorabili rimonte in Coppe europee, compresa quella contro il Borussia Dortmund in Europa League, arricchita dal fatto che era l’ex club di Klopp, e quella contro il Barcellona, 0-3 all’andata ma 4-0 ad Anfield, in un’annata che era proseguita, nella fase a gironi, grazie alla miracolosa parata di Alisson su Milik, l’attaccante del Napoli. Non è che dal 1990 al 2015, arrivo di Klopp, il Liverpool non avesse vinto nulla, anzi: i trionfi in coppa, particolarmente nella Champions League 2005 a Istanbul, sono passati alla storia, ma nemmeno Rafa Benítez, che era al timone in quel 2005, ha lasciato una traccia come quella di Klopp, danneggiando anzi in parte il proprio ricordo con la scelta di accettare poi la panchina del Chelsea. Qualcosa che Klopp non farebbe mai: il suo addio al Liverpool, da persona saggia, stanca, consapevole della fine di un ciclo e desiderosa di aiutare nella costruzione del ciclo successivo, è anche l’addio alla Premier League e non è da escludere che sia un addio al calcio, perlomeno di club. Troppo forte il legame con i Reds, troppo alta la percentuale di mentalità da Scouser, da uomo di Liverpool, acquisita in questi anni, in cui questo omone proveniente da un paesino ai margini della Foresta Nera si è immerso nella città che lo ha ospitato, sapendo però trovare i suoi spazi: è andato infatti ad abitare in una cittadina lungo la costa, a nord, dove poteva andare al pub in relativa tranquillità e passeggiare nella natura con il suo cane, come del resto faceva un suo quasi vicino di paese, Carlo Ancelotti. 

La grandezza di Klopp

In questo, una differenza con Bill Shankly, il fondatore del Liverpool moderno, 1959-1974 il suo periodo in sella: Shankly veniva da un villaggio di minatori del sudovest della Scozia e coniugava in modo a volte difficile la naturale preferenza per lavoro duro e testa bassa con una umana aspirazione ai riconoscimenti e alla notorietà. Abitava pure lui lontano dal centro di Liverpool, ma ancora nei confini cittadini, e quando girava con la sua auto di colore vistoso era impossibile non notarlo, cosa che gli faceva sempre piacere. Anche per questo, una volta lasciato il posto di allenatore nel luglio 1974, ebbe quasi subito un ripensamento e a lungo andò comunque al centro tecnico, quasi gli fosse impossibile staccare la spina. Ad un certo punto dovettero quasi supplicarlo di non farsi più vedere, e Shankly cominciò a fare le stesse visite, ma… all’Everton, club che aveva spesso denigrato durante i suoi anni da protagonista. Ecco, Klopp non lo vediamo proprio, a fare una cosa del genere, e anche questo racconta della sua grandezza.