Il ragazzo gentile diventato leggenda degli Spurs

Come molte storie, anche questa inizia con una sliding door. È l’estate del 2015 e il manager del Tottenham Mauricio Pochettino ha chiesto al presidente Levy un giocatore offensivo da affiancare a Harry Kane, appena consacratosi nella stagione precedente con continuità di gol e una notte da hat-trick contro il Chelsea di Mourinho il primo dell’anno. Gli Spurs sono a un passo da Saido Berahino, talentuoso attaccante del West Bromwich Albion, ma sul più bello salta l’accordo . Il Tottenham decide di virare il suo interesse su un ragazzo sudcoreano del Bayer Leverkusen, con un passato all’Amburgo, e un’ottima fama nel suo paese. Si chiama Son Heung-min e in Corea del Sud lo hanno già identificato l’erede di Park Ji-sung, pilastro del Manchester United di Sir Alex Ferguson. È un periodo in cui i calciatori sudcoreani vanno per la maggiore in Premier League. Non tanto per meriti calcistici quanto per l’imprescindibile via di accesso al mercato asiatico, estremamente remunerativo, come dimostra la via tracciata dal binomio Park-Man Utd appena citato. Eppure a parte Ji Dong-won, che a Sunderland ricordano ancora per il gol vittoria a tempo scaduto contro il Manchester City di Mancini e Ki Sung-yeon, infedele alle promesse iniziali fatte con la maglia dello Swansea e poi decaduto al Sunderland e al Celtic, il made in Korea è sinonimo di flop in quella determinata fase della Premier League. Di conseguenza, nessuno al Tottenham avrebbe immaginato che quel ragazzo di 23 anni, timido e con un inglese zoppicante, avrebbe cambiato la storia recente degli Spurs. Il filo temporale, con un rotondo dieci sugli anni passati con la maglia 'Lilywhite', e il doppio finale non possono che consegnare agli sceneggiatori la trama perfetta di un film a lieto fine. Con doppio finale si intendono i due momenti cult con cui Son ricorderà la chiusura della sua avventura al Tottenham. Il primo è il più importante, il più sognato. L’alzata dell’Europa League al San Mamès di Bilbao. Con tanto di lacrime di chi sa di essere riuscito dove gli altri, anche i più grandi, avevano fallito. 17 anni di digiuno cancellati in una sola magica notte al culmine di una stagione fin lì patetica . A Bilbao, a sollevare il trofeo che leviga anni di sofferenze e delusioni per tutti i tifosi degli Spurs, non ci sono né Kane né Bale. C’è Son. È lui l’uomo a cui il destino disegnato dagli déi del calcio offre il privilegio di cambiare una storia. Quella del perdente che diventa vincente. Il secondo è la location del finale vero e proprio. Seul, non la sua città natale visto che viene dalla ben più piccola e meno conosciuta Chuncheon , ma la capitale del popolo che lo idolatra. Perché Son nel suo paese è un’entità più vicina al divino che all’umano. Basti pensare a tutti i sudcoreani che hanno popolato negli anni il Tottenham Hotspur Stadium, o le accoglienze da rock star durante i tour estivi a partire dall’aeroporto di Incheon dove iniziava il pellegrinaggio dei fedeli. O la grafica delle partite del Tottenham sulla tv coreana che oltre a indicare minuto e punteggio presentavano una piccola immagine di Son per segnalare la presenza in campo del loro campione. In queste righe è inutile perdersi in numeri e record di Son al Tottenham. Ma vale la pena ricordare alcuni episodi che hanno evidenziato tutta la gentilezza della persona, qualità umana che ha accompagnato per mano la sua formidabile carriera in Premier League. Per esempio la reazione a quel gesto di follia a Goodison Park, quando preso da un raptus infortunò il centrocampista dell’Everton Andrè Gomes pentendosene un secondo dopo e scoppiando in un mare di lacrime. O tutte le volte che ha salutato i bambini più piccoli quando si riscaldava a bordocampo. La pacatezza con cui ha condotto ogni intervista. La disponibilità e l’educazione come scudo a un mondo di prepotenti. Le foto scattate dalla sua esultanza rimarranno impresse nella memoria di Son e del Tottenham. Momenti indimenticabili, momenti storici , momenti dolci. Di amicizia e relazioni profonde instaurate negli anni con compagni, staff e tifosi. Perché Son, anzi Sonny, come lo chiamano tutti, è stato e sarà per sempre adorato da tutti. Dai tifosi del Tottenham e dagli amanti del calcio. Perchè alzi la mano chi - da neutrale - a Bilbao non ha fatto un po’ il tifo per lui, il ragazzo gentile diventato leggenda.

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Filippo Benincampi