Jack Grealish, in fondo, è proprio un bravo ragazzo

È assai probabile che in molti si siano rapidamente accorti che Jack Peter Grealish, nato a Birmingham il 10 settembre 1995 e cresciuto nella vicina Solihull in una famiglia di chiare origini irlandesi, avesse il giusto talento per fare due cose: emergere nel calcio e diventare un poeta maledetto della vita, caratteristiche che per altro spesso si combinano perfettamente insieme. Quasi trent’anni dopo si può ben dire che, nei due diversi settori, il lavoro è rimasto incompiuto. Jack è diventato certo un ottimo calciatore, ma senza salire al livello dei fuoriclasse assoluti, e anche nell’eccentricità dei comportamenti non ha raggiunto i vertici toccati dai conterranei George Best e Paul Gascoigne. Non che sia astemio, come dimostrato dal day after della vittoria del Manchester City nella finale di Champions contro l’Inter: Jack il mattino seguente uscì dall’hotel della squadra sostenuto a braccia dai compagni dopo una nottata in cui, si poteva concludere, non aveva limitato i brindisi celebrativi a qualche bicchiere di Crodino. Il bancone del pub lo aveva probabilmente onorato pure la sera in cui la polizia lo fermò alla guida di un’auto con la quale aveva urtato diverse vetture parcheggiate a bordo strada, guadagnandosi il ritiro della patente e una multa di 82.000 sterline. Sanzione che per altro poteva ben permettersi di pagare, trattandosi di una cifra che con lo stipendio del City guadagnava in circa due giorni. Un curriculum, insomma, insufficiente per emergere tra i Charles Baudelaire del pallone. Al massimo un ribelle di talento, come quando a inizio carriera pretendeva di giocare con i calzettoni abbassati e senza parastinchi, giudicato fastidioso per il suo estro che sintetizzava la sfacciataggine britannica e l’estro sudamericano. Al rimprovero dell’arbitro che gli ricordava l’equipaggiamento obbligatorio lui replicava con la fantasia: quello di mostrare un mini-parastinco adatto ai bambini delle scuole calcio che a suo giudizio non intralciava il suo magistero tecnico. Sembrava un predestinato, lui con un trisnonno, certo Billy Garraty, capace di vincere la coppa d’Inghilterra con l’Aston Villa nel 1905. Proprio con i Villans ha rischiato di emulare il trisavolo, raggiungendo ventenne la finale di Fa Cup ma perdendola 4-0 contro l’Arsenal. Il suo talento non era passato inosservato, e fu lunga battaglia tra le federazioni irlandese, che reclamava le origini degli avi, e quella inglese per assicurarsi i suoi servigi in nazionale . La svolta sembrò arrivare nel 2021, con Guardiola che arriva a sborsare 100 milioni di sterline, in quel momento cifra più alta mai pagata per un giocatore britannico, per portarlo al Manchester City: il catalano non otterrà mai i dividenti sperati, anche se è giusto ricordare come la migliore stagione di Grealish sia stata proprio quella del 2023, con la tripletta Premier, Fa Cup nella finale con i cugini dello United, e la già citata Champions contro l’Inter. Quella salutata da una notte che avrebbe portato in analisi i rispettabili rappresentanti dell’Esercito della Salvezza. Quella notte, in campo e nei brindisi, Jack avrebbe toccato il vertice della popolarità e di una carriera che da quel momento è andata in discesa e che ora proverà a ricostruire nell’Everton, dove è stato mandato in prestito e dove ha già deliziato i suoi nuovi tifosi con due assist, decisivi per la prima vittoria in campionato e nel nuovo stadio Sarà forse l’ultima chance per un ragazzo vicino al trentesimo compleanno e che per altro, lontano dalla luce dei riflettori, ha dimostrato una sensibilità che è giusto sottolineare: adorato dai compagni, su tutti Haaland, ha spesso parlato pubblicamente della sorellina Hollie, affetta da una grave malattia cerebrale, per sensibilizzare le persone verso chi soffre di simili problemi. “E’ la mia più grande amica”, ha detto Jack, che ha avuto un altro fratellino, Keelan, morto a nove mesi per una grave patologia. Forse Grealish non entrerà nella storia del calcio, e nemmeno nella leggenda dei maledetti dello sport, ma tra le persone di cuore merita il giusto riconoscimento.

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Jack Grealish, in fondo, è proprio un bravo ragazzo

Nicola Roggero