Eze è l’ultimo ingrediente che mancava ad Arteta

Per ottenere un perfetto e saporito filetto alla Wellington ci sono quattro ingredienti dei quali è impossibile fare a meno. Il celebre chef britannico Gordon Ramsey li identifica nella pasta sfoglia, nel manzo, nel prosciutto di Parma e nei funghi. La pasta sfoglia serve a dare solidità e struttura al piatto, con la sua asciutta croccantezza. Il manzo è invece il protagonista, un taglio di carne pregiato e morbido al palato. Il prosciutto di Parma fa poi da scudo, evitando che i succhi rilasciati dal manzo raggiungano la pastry e la inzuppino. I funghi, infine, servono a produrre la duxelles, una pasta che dà ancora più sapore al composto e che fa da collante tra i componenti. Quattro ingredienti imprescindibili per ottenere il risultato desiderato, anche su un campo da calcio. Analizzando l’Arsenal di Mikel Arteta, sembra infatti che lo chef basco quest’anno sia riuscito a unire tutti e quattro questi ingredienti in quello che è il suo filetto alla Wellington, Gunners Edition. La pasta sfoglia è rappresentata dal pacchetto difensivo formato soprattutto da Raya, Saliba e Gabriel, senza tralasciare l’importanza dell’italiano Calafiori : sono loro che danno solidità e compattezza alla squadra londinese, reggendone la struttura. Il manzo sono invece Gyökeres, Saka, Trossard e Merino, giocatori che attraverso i loro gol devono essere i protagonisti. Il prosciutto di Parma sono Odegaard, Zubimendi e Rice, scudo a centrocampo dai piedi deliziosi. I funghi sono Martinelli e soprattutto Eze, coloro che danno fantasia e quel tocco di sapore in più al tutto. “Let him cook”, è uno slogan diventato ormai di moda nell’epoca dei social. Un invito a lasciare che chi sta costruendo qualcosa di importante possa continuare a farlo. “Lasciatelo cucinare”, è la traduzione letterale in italiano, e possiamo dire che chef Arteta sta cucinando davvero un ottimo piatto. Il suo Arsenal sta infatti dominando in questo momento la Premier League e lo sta facendo con grande solidità e fantasia, come si è visto anche nell’ultimo North London Derby contro il Tottenham. Solidità che deriva da una struttura ormai collaudata da anni, di cui fa parte il maggior numero dei calciatori sopra citati. La fantasia la porta invece più di tutti Eberechi Eze, l’ultimo arrivato, nonché l’assoluto mattatore nella classicissima londinese contro gli Spurs. Se Trossard è stato l’antipasto nel ricco banchetto allestito all’Emirates, Eze è stato il primo, il secondo e pure il dolce nel 4-1 che ha appagato i palati dei tifosi dell’Arsenal. Al suo primo North London Derby in carriera, l’inglese si è riempito la pancia con una tripletta e, per poco, non si è spinto oltre, sfiorando l’indigestione: solo le parate di Vicario nel finale gli hanno impedito di condividere con il Tottenham pure il caffè e l’ammazzacaffè. Sarebbe stato troppo. Soprattutto perché a offrire l’amaro menù al Tottenham è stato colui che in estate sembrava già virtualmente un giocatore pronto a entrare nella brigata di Thomas Frank e che, invece, all’ultimo ha ricevuto la chiamata del ristorante concorrente, quello il cui logo aveva sempre sognato di vedere impresso sulla propria giacca: l’Arsenal. Il suo Arsenal. Eze nell’Academy dei Gunners era entrato infatti giovanissimo nel 2006, salvo poi essere rilasciato all’età di 13 anni. All’epoca il frutto di Greenwich venne valutato troppo acerbo da chi lo aveva colto. Le lancette nel nord di Londra non erano ancora sincronizzate con quelle nel meridiano più famoso al mondo. Non era ancora l’ora giusta. Eze si ritrovò quindi a passare per le giovanili di Fulham, Reading e Millwall e a scrivere un tweet a dir poco profetico il 17 aprile del 2015 : “I swear imma make it and when I do, they’re gunna show this tweet lol”. Tradotto: “Giuro che raggiungerò il mio obiettivo e, quando ci riuscirò, verrà mostrato questo tweet”. Aveva ragione. Il frutto è maturato, deliziando i palati della Championship con il QPR e quelli della Premier League con il Crystal Palace, finendo poi per diventare un ingrediente imprescindibile nell’Arsenal di Arteta. Il suo Arsenal. L’acquisto di Eze nelle ultime giornate della sessione di mercato estiva è costato ai Gunners quasi 80 milioni di euro, un prezzo da Premier League e che in pochi mesi Eberechi sta già riuscendo a ripagare. Che Eze fosse forte lo si era già capito quando il suo talento lo mostrava con la maglia del Wycombe Wanderers in quarta divisione inglese e con quella dei Queens Park Rangers in seconda. Che potesse trascinare un’underdog alla vittoria lo si è poi appurato nell’ultima stagione trascorsa al Palace, quando ha segnato l’1-0 che ha regalato alle Eagles la FA Cup contro il Manchester City di Pep Guardiola a Wembley, lo stesso stadio in cui ha poi alzato pure il Community Shield, superando il Liverpool ai calci di rigore . Che potesse metterci però così poco tempo a entrare nei ricercati meccanismi dell’Arsenal e diventare così rapidamente un giocatore chiave in una squadra che punta con fermezza al titolo è qualcosa che ha invece superato ogni più rosea aspettativa. Da quando è stato presentato ai tifosi dei Gunners prima del match casalingo contro il Leeds United, in programma alla seconda giornata di campionato, Eze ha sempre messo piede in campo in tutte le gare disputate dall’Arsenal, dividendosi tra centrocampo, trequarti e attacco. Ha collezionato 16 presenze, 5 gol e 3 assist tra Premier League, Champions League e Coppa di Lega, dimostrando di non sentire affatto il peso di indossare la maglia numero 10 che una volta era di proprietà di un giocoliere e idolo dei tifosi come Dennis Bergkamp. D’altronde, se da bambino eri abituato a sopravvivere calcisticamente nelle cosiddette gabbie, ovvero i caged pitches portati alla ribalta da videogames come Fifa Street, nulla può spaventarti quando sotto ai piedi di ritrovi un prato perfetto come quello dell’Emirates e se indossi quei colori per cui hai sempre tifato. Cresciuto in una famiglia di Gooners, con il mito dell’Arsenal, come Paul Ashworth in Fever Pitch – il meraviglioso romanzo scritto da Nick Hornby e trasformato poi in film da David Evans – Eze non ha mai smesso di credere nella realizzazione del suo sogno, neppure quando stava per iscriversi all’università e iniziare a lavorare part-time per la catena di supermercati Tesco. L’inglese ha sempre voluto l’Arsenal e quando gli si è presentata l’occasione l’ha colta al volo. Da appassionato di scacchi qual è , Eze ha aspettato pazientemente il momento giusto e poi ha compiuto la sua mossa, fino allo scacco matto nel North London Derby. In sede di presentazione, il direttore sportivo dell’Arsenal, Andrea Berta, lo aveva definito “un talento creativo ed esplosivo, dotato di doti tecniche eccezionali e in grado di decidere partite di alto profilo”. Arteta, come riportato sempre sul sito ufficiale dei Gunners, si era detto invece ammirato della “mentalità e ambizione” mostrata da Eberechi. Parole di grande fiducia che Eze ha ripagato totalmente nel derby contro il Tottenham, una partita mai banale per chi tifa Arsenal. Lo si è visto negli occhi e nel sorriso del numero 10, un mix di incredulità e soddisfazione dopo ogni gol. Nel suo primo North London Derby, Eze ha collezionato la sua prima tripletta in carriera, commentando così la sua straordinaria performance ai microfoni di Sky Sports al termine della gara: “Ho pregato affinché oggi potessi segnare tre gol e Dio me lo ha permesso. È una questione di fede”. Destro, sinistro e poi ancora destro. Un calciatore inglese dell’Arsenal non andava a segno al suo primo derby nel nord di Londra in campionato dal dicembre 1991, quando a riuscirci furono il compianto Kevin Campbell e Ian Wright. Non solo. Prima di Eze solamente altri tre giocatori erano riusciti a timbrare una tripletta in un match ufficiale tra le due squadre, ovvero Ted Drake , Terry Dyson e Alan Sunderland , il che lo rende il primo a farlo da quando la First Division ha lasciato posto alla Premier League . Quello realizzato da Ebs è stato, inoltre, l’hat-trick numero 400 nella storia proprio della Premier League, con Eze che è diventato il ventitreesimo giocatore diverso dei Gunners a sommare tre reti in una singola partita: il miglior dato per una squadra nella competizione. “Tu dèi sapere che gli uomini naturalmente appetiscono più cose e varie”, scrisse Giovanni Della Casa nel suo breve trattato Galateo, riassumendo in poche righe una teoria aristotelica. Eze quando vede il Tottenham appetisce naturalmente alla sua fame di conquista, quella che ti spinge a dare qualcosa in più quando di fronte ti trovi i tuoi rivali cittadini. Nelle sue ultime quattro partite giocate contro gli Spurs, il londinese ha infatti segnato sei gol e offerto un assist. Numeri alla Haaland. “He made it look Eze”, hanno sentenziato alcuni tifosi dei Gunners a commento dell’ottima prestazione offerta da Eberechi nel North London Derby, giocando con l’assonanza tra il cognome del calciatore e la parola easy. “L’ha fatto sembrare semplice, alla Eze”, il senso della frase. “Who Eze?”, si potrebbe anche dire, sfruttando questa volta l’affinità di suono con else: “Chi altro avrebbe potuto farlo se non Eze?”. Il 4-1 rifilato al Tottenham, la cui unica gustosa ciliegina su una torta indigesta è stato il tanto geniale quanto illusorio gol di Richarlison, ha permesso all’Arsenal di volare a 29 punti, a +6 sul Chelsea di Enzo Maresca, prima squadra ora all’inseguimento della capolista. Con un Liverpool che fatica a uscire dalla sua crisi inaspettata e un Manchester City che stenta a trovare continuità, i Gunners possono tentare lo strappo, affidandosi alla ricetta di Arteta. Pasta sfoglia, manzo, prosciutto di Parma e funghi. Ora gli ingredienti per fare un perfetto filetto alla Wellington ci sono tutti. Non resta che capire se il piatto manterrà la cottura e se, a fine stagione, ci si potrà versare sopra quella salsa al vino rosso che tanto bene ci sta come accompagnamento. Magari, travasandola da una coppa argentata, chiamata Premier League.

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Marco Garghentino