Anche i Ratcliffe piangono: l’annus horribilis di Manchester United e Ineos

«My money is in this pot and I’m not here to make more – I just want to win» – Jim Ratcliffe «This club needs a shock» – Ruben Amorim, dopo Man Utd-Newcastle 0-2 «We are the worst team maybe in the history of Manchester United» – Ruben Amorim, dopo Man Utd-Brighton 1-3 Era la Vigilia di Natale, e sembra ieri. Ma del 2023, ed è già passato un anno – vissuto pericolosamente – da quando, quel 24 dicembre, Sir Jim Ratcliffe col suo colosso Ineos ha acquisito, dalla famiglia Glazer per 1,25 miliardi di euro, il 25% delle azioni del Manchester United, pochi mesi dopo che lo sceicco qatariota Jassim bin Hamad Al Thani, terzogenito dell’ex emiro Hamad bin Khalifa, aveva ritirato l’offerta da sei miliardi di dollari per rilevare la società. “La nostra ambizione – aveva dichiarato il nuovo boss – è riportare il club al suo posto, ai vertici del calcio inglese, europeo e mondiale”. Il progetto, per quanto grandioso, non era partito benissimo. E l’ottavo posto nel campionato 2023-24 – come la panchina mai stata salda di Erik di ten Hag – non poteva essere salvato con la Coppa d’Inghilterra , seppur vinta battendo 2-1 il 25 maggio a Wembley i ‘cugini’. Il Manchester City da sei giorni campione d’Inghilterra per la quarta volta consecutiva. La sesta negli ultimi sette anni. Nessuno allora poteva anche solo immaginare che, di lì a pochi mesi, la crisi del settimo anno sarebbe esplosa – e in modo così fragoroso – sotto la metà sky-blue del cielo mancuniano. Qui però analizziamo quella red-mist , e l’annus horribilis vissuto dai due poli sportivi dell’impero-Ratcliffe. Lo United in Premier e in Europa League, trofei che il club non conquista, rispettivamente, da altrettanto storici addii: nel 2013 a Sir Alex Ferguson, nel 2017 a José Mourinho. E la Ineos-Grenadiers di ciclismo: ‘appena’ 14 vittorie, tutte nella prima metà di stagione e nessuna principale, sono state un magro bottino per una squadra World Tour, e addirittura risibile per una big dal budget stimato sui 50-55 milioni di euro annui. Specie considerando lo status di super potenza abituata a dominare, e ancor più se si soppesa il peso specifico di quei successi: zero alla voce monumenti; una tappa nei grandi giri ; una classica di prestigio . Troppo poco, per uno squadrone che – un tempo – tremare il mondo faceva, quei quattro titoli nazionali: il 3 febbraio a Riobamba l’ecuadoriano Jhonatan Narváez, poi subito maglia rosa a Torino – in volata nella prima tappa, il 4 maggio a Torino – davanti a Maximilian Schachmann e sua maestà Pogačar al Giro; i britannici Joshua Tarling a crono a Catterick il 19 giugno ed Ethan Hayter in linea a Saltburn-by-the-Sea il 23 e il tricolore Ganna, contro il tempo, il 20 a Grosseto. Tarling si era imposto anche nel cronoprologo alla O Gran Camiño, il 22 febbraio a Coruña, però in una corsa Europe Tour. Come il Giro d’Austria con le vittorie del colombiano Brandon Smith Rivera, a Steyr nella seconda tappa il 4 luglio e dallo stesso Ganna nella quarta il 6 in volata a Kals. Per il resto, a livello World Tour, solo i tre acuti stagionali dello spagnolo Carlos Rodríguez, tra i pochi ‘Ineos’ a salvarsi in un’annata, in rapporto a status-ambizioni-budget – molto deludente: la sesta tappa – il 6 aprile a Eibar – al Giro dei Paesi Baschi, ma su un plotone decimato due giorni prima nella terribile caduta in discesa che coinvolse pure super big come Jonas Vingegaard, Remco Evenepoel e Primož Roglić; la classifica generale, il 28 aprile, al Giro di Romandia; l’ottava tappa – il 9 giugno a Plateau des Glières – al Giro del Delfinato, classico test pre-Tour de France. E infine, un gradino più sotto il World Tour e sopra i circuiti Continental, con il norvegese Tobias Foss a Cortina la prima tappa del Tour of the Alps, che ha ormai quasi soppiantato il Romandia come tradizionale test pre-Giro. In tre lustri dello squadrone che fu il Team Sky prima , poi Ineos e dal 2020 Ineos-Grenadiers, i tempi d’oro non sono mai apparsi – e forse stati – più lontani. Lo stesso, o qualcosa di molto simile, si può forse dire per l’ultimo gigante entrato nella ‘grande famiglia’ Ratcliffe: lo United. Ad affiancare il neo-patron, nel quartetto al timone – metafora non casuale, visto l’amore e gli investimenti del boss per la vela – e a suo diretto riporto il francese Jean-Claude Blanc, ex Juventus e PSG , e quel Dave Brailsford, ex deus ex machina nell’età dell’oro del Team Sky su strada e della Federciclismo britannica su pista; e, subito sotto, il franco-marocchino Omar Berrada, un parigino che, dopo essersi fatto le ossa al Barcellona, dal 2011 ha ricoperto varie cariche al Manchester City prima di passare alla storia, nel gennaio 2024 e operativo dal 13 luglio, come “primo assunto dall’esterno per il ruolo di CEO allo United”. Accomiatati l’amministratore delegato ad interim Patrick Stewart e il direttore finanziario Cliff Baty, come nuovo CFO è stato chiamato Roger Bell. Nomen omen hemingwayano, per chi suona… il campanello d’allarme dei conti. A bilancio come in campo, in sprofondo rosso da horror argentiano. Sprofondo rosso Sulla scia di quella persino inaspettata FA Cup, a luglio il quadrumvirato, forse nemmeno troppo convinto, ha prolungato il contratto di ten Hag, al costo di 12 milioni di euro, salvo poi esonerarlo a ottobre. E dopo aver speso, sotto la sua guida tecnica, l’irreale bellezza di 650 milioni di euro in trasferimenti. Ma l’operazione che forse più di ogni altra riflette come il club navighi a vista e senza bussola è l’inseguimento durato mesi per strappare – previo cospicuo indennizzo al club – al Newcastle United il 53enne direttore sportivo Dan Ashworth, ai Magpies dal 2022. Anche qui, per poi licenziarlo ma solo cinque anziché tre mesi dopo. Ashworth era arrivato il 1° luglio, ten Hag tre giorni dopo aveva rinnovato fino al 30 giugno 2026: e stando alla BBC, il loro addio è costato al Man U oltre 30 milioni di sterline. Infine, con la compiaciuta e compiacente arroganza da marchese del Grillo che solo il dané può dare , ecco gli 11 milioni di euro versati allo Sporting Lisbona per liberare subito il 39enne Ruben Amorim. E fargli prendere il posto del traghettatore Ruud van Nistelrooy, leggenda del club nell’èra-Ferguson, poi riparato, già dal 1° dicembre, al Leicester City, che a sua volta aveva rimpiazzato con Ben Dawson, ad interim per una settimana, l’esonerato Steve Cooper. Amorim è sbarcato sul pianeta-United l’11 novembre, proprio l’indomani del 3-0 del Man U traghettato da RVN sul Leicester… del suo immediato futuro. Quindi ben prima dei dovuti 30 giorni di preavviso che Amorim avrebbe dovuto allo Sporting all’inizio del mese. E proprio quando parecchio se non tutto faceva pensare a lui, in estate, come tra i più papabili per il dopo-Guardiola al City; tanto più per l’arrivo, dal 1° luglio 2024, di Hugo Viana, sodale di Amorim allo Sporting, come nuovo diesse dei Citizens per il post-Txiki Beguiristain. Già annunciato l’addio di Beguiristain, sembrava perlomeno probabile pure quello del suo compare Pep, in scadenza a fine giugno. E invece, proprio nel peggior periodo della carriera , Guardiola ha poi rinnovato fino al 2027. “Ruben Interim” Ma se Atene piange, Sparta non ride: decidete voi chi è chi, delle due sponde Mancunian, negli ultimi 15 anni forse mai così accomunate da cotanta aurea mediocrità. Il Man City, mai così male dal 5° posto finale con Roberto Mancini allenatore nel 2011 , fuori dalla Champions e ammesso ai playoff di Europa League. E nel periodo più buio: 5 sconfitte consecutive in tutte le competizioni, striscia aperta e chiusa contro gli Spurs fra il 30 ottobre e il 23 novembre , cui è seguito il se possibile ancor più fragoroso 3-3 di Champions League all’Etihad col Feyenoord: City avanti 3-0 al 53’ e rimontato nell’ultimo quarto d’ora. Di stop in serie ne sarebbero poi arrivati altri tre fra l’11 e il 21 dicembre prima della faticosa risalita, nei risultati se non ancora nel gioco: 1-1 con l’Everton, 0-2 a Leicester e 4-1 al West Ham in Premier, la passeggiata per 8-0 sul Salford nel terzo turno di FA Cup e il mezzo passo falso a Brentford di nuovo in campionato. Quanto allo United, i tabloid più coloriti ci sguazzavano prima col grigio oratore nederlandese ten Hag, figuriamoci poi con il più esotico portoghese ‘sbagliato’. Quel “Ruben Interim” che, a inizio 2024, pareva destinato nientemeno che al Liverpool per il dopo-Jürgen Klopp, prima che i Reds virassero su un altro Dutch Master, quell’Arne Slot primo artefice del Feyenoord così indigesto, pochi mesi dopo, proprio al City in Champions. Tutto si tiene, anche se non sempre torna. «Per il momento ho fatto l’allenatore, ma non ho allenato» – Ruben Amorim, allenatore Manchester United Scusa ma ti chiamo Amorim Cultore del dogmatico e lusitanissimo 3-4-3 , Amorim ha faticato maledettamente nel ritagliarlo su misura di una rosa che non sembra adatta a cucirselo addosso. E anche per questo è diventato il primo nella storia del club a perdere cinque delle sue prime dieci partite da manager: non accadeva dal gennaio 1932 con Walter Crickmer. Con sette punti in sette partite ha viaggiato a un ritmo più lento rispetto allo United di ten Hag, ha lasciato a lungo fuori Marcus Rashford e Alejandro Garnacho, non per caso finiti poi sul mercato e infatti appetiti, rispettivamente, da Milan e Napoli . E ha commesso un errore imperdonabile, coi famelici media britannici, dire la verità: “Abbiamo svolto solo quattro allenamenti veri. Per ora ho fatto l’allenatore, ma non ho allenato”. Concetto un filo metonimico ma che rende. Tutto questo bailamme sul campo si intrecciava con quello societario e ambientale. Mentre il club si apprestava a licenziare 250 dei mille dipendenti, il colosso Ineos cercava di operare tagli draconiani ovunque, tranne che nello spogliatoio. Ai direttori commerciali bloccate le carte bancarie aziendali in base all’importo, niente più inviti per i dipendenti a una finale di coppa , con la società che ha persino addebitato loro il biglietto dell’autobus, rifiutandosi, per questione di immagine, di permettere al capitano Bruno Fernandes di pagare per tutti, come lui stesso si era offerto di fare. E infine, in cauda venenum, agli inviati non era sfuggito il particolare che in sala stampa ci fossero meno fagioli nel consueto buffet riservato ai media. Piccola digressione autoreferenziale, non è sempre vero che si stava meglio quando si stava peggio: il 15 gennaio 2017, dunque in piena èra-Glazer, nel pre di quello United-Liverpool 1-1 ci fu servito un arrosto incommestibile, e le cui gastro-conseguenze vi risparmiamo. Ma quelli erano i detestatissimi americani Glazer , e per quanto le cose allo United attuale vadano male , Ratcliffe – mancuniano di Failsworth – resta popolare. Anche se sempre meno, pur avendo poi versato 288 milioni di euro, destinati alla ristrutturazione e all’ammodernamento delle infrastrutture del club ma non dello stadio, che ne hanno incrementato la quota azionaria al 28,94%, e perché – a differenza dei predecessori – è sempre presente allo stadio, concede interviste e ama davvero il club che tifa sin da quando era bambino. The Mancunian Candidate Figlio di un carpentiere diventato imprenditore e di una impiegata d’ufficio, Jim Ratcliffe – studi universitari da ingegnere chimico e master in finanza alla London Business School dal 1978 al 1980 – nel 1989 entra nel gruppo di private equity statunitense Advent International. Co-fondatore di Inspec, società costituita ad Anversa, in Belgio, per acquisire le attività petrolchimiche della allora BP conclude un’operazione di management buyout da 84 milioni di sterline che coinvolge la banca di investimento scozzese Murray Johnstone e l’americana BT Alex Brown. Nel 1998, per acquistare la Inspec , fonda nell’Hampshire la Ineos, di cui Ratcliffe –presidente e amministratore delegato – oggi possiede i due terzi. Specializzatosi nel rilevare attività in via di dismissione, come la Imperial Chemical Industries , e selezionando gli obiettivi in base al potenziale raddoppio degli utili in un quinquennio, la Ineos è diventata il terzo maggiore colosso chimico mondiale con un fatturato, nel 2023, di 61 miliardi di dollari. L’ultimo grosso colpo nel settore risale proprio a quell’anno con l’acquisizione – per 1,4 miliardi di dollari – della statunitense Chesapeake Energy, azienda che opera nell’estrazione di petrolio e gas con il sistema della fratturazione idraulica . In sintesi, la perforazione da formazioni rocciose profonde contenenti idrocarburi, per aumentarne la permeabilità, migliorare la produzione e incrementarne il tasso di recupero. Tutt’altro che pleonastica la specifica tecnica sul processo di fracking : basti pensare alle polemiche ambientaliste seguite all’ingresso del marchio Grenadiers – i giganteschi SUV bollati come gas guzzlers molto pseudo e poco green – come co-title sponsor della Ineos nel ciclismo World Tour. E percepito come un’onta, nel top professionismo della bici, il mezzo più ecosostenibile per antonomasia. Anche là però, pecunia non olet. Ratti, non parole Certo, per tornare allo United e a proposito di pecunia e immagine, non è stata una gran mossa – per quanto già comunicata da Ratcliffe all’interessato –togliere al neo-83enne Sir Alex Ferguson i 2,4 milioni di euro l’anno per fare l’ambasciatore del club e sedersi in tribuna. Contati a spanne, dal suo ritiro nel 2013 fanno quasi 30 milioni di euro. E come lui stessa sorte ai tanti ex giocatori che si presentavano nelle sale-hospitality il giorno della partita e persino ad alcune associazioni di beneficenza. Nel big picture però va considerato, appunto, tutto l’insieme. A partire dalle catastrofiche campagne acquisti che stanno intaccando i colossali ricavi commerciali del club. Solo entrando nel museo all’Old Trafford si ha una seppur vaga idea di che enorme macchina da soldi sia l’indotto-United. Ma neppure il gigante MUFC può permettersi di perdere 445 milioni di euro in un lustro. In una sorta di beffarda legge del contrappasso, il ‘suo’ United sarebbe oggi una di quelle aziende in via di dismissione che attirerebbe lo spirito speculativo del Ratcliffe imprenditore. Un magnate dal patrimonio netto, stimato da Forbes, di 21,1 miliardi di dollari, generato principalmente dall’Ineos Group, che genera ricavi per 65 miliardi di dollari l’anno. A livello finanziario e nonostante i ricavi-record, il Man U ha infatti chiuso in perdita per il quinto anno consecutivo, e con un passivo netto di 113,2 milioni di sterline . In un’intervista rilasciata a inizio dicembre a United We Stand, fanzine mensile del club, lo stesso Ratcliffe ha dichiarato di dover “ottimizzare ogni sterlina per portare il Manchester United dove vogliamo che stia… È un po’ come per il Paese, dobbiamo prendere decisioni difficili e impopolari. Se si evita di affrontare le decisioni difficili, nulla cambierà. Non faremo tutto alla perfezione e non accadrà dall’oggi al domani, ma non ce ne siamo stati con le mani in mano per nove mesi. Ci sono stati molti cambiamenti”. Fra questi, e tra i più contestati, l’esorbitante aumento di prezzo dei biglietti, già interstellari, che non solo non basta a rimpinguare le casse ma contribuisce a esacerbare più malumori e disaffezione soprattutto nelle aree più popolari, storicamente lo zoccolo duro della tifoseria. E se vi sovviene la memorabile polemica ai tempi di capitan Roy Keane sulla freddezza di certi “tifosi da sandwich ai gamberetti”, avete già intuito tutto. Ratcliffe ha un suo grande piano per un nuovo stadio da 100 mila posti, che costerebbe 2,4 miliardi di euro. Ha contattato Elon Musk e Jeff Bezos e sta valutando un progetto di naming rights che ai puristi apparirà sacrilego e che certo sarà osteggiato, ma il suo vero problema resta la famiglia Glazer, tuttora azionista di maggioranza e – paradossalmente in un’ottica iu-es-ei – per nulla disposta a investire in un nuovo impianto. Per i Glazer – patrimonio stimato in dieci miliardi di dollari e proprietari pure dei Tampa Bay Buccaneers della NFL – meglio ristrutturare l’Old Trafford, che però è pieno di falle e di recente è stato pure invaso dai roditori. “Bisogna avere il coraggio di investire nelle infrastrutture più che nei giocatori”, ha detto Blanc poco dopo il suo insediamento. Ma senza i risultati del campo, non arrivano quelli a bilancio. E il caos tecnico ha radici profonde e lontane che risalgono a ben prima dell’arrivo del gruppo Ineos e del suo ‘Progetto 150’: il sogno di vincere la Premier League nel 2028, in occasione del 150° anniversario del club. Lo United non vince il campionato dal 2013 e non arriva in semifinale di Champions League dal 2011. «This isn’t just a job to me. It’s a mission. We will get there, believe me. And when it happens, life will change for Liverpool and everyone else – dramatically» – Alex Ferguson, agosto 1988 C’era una volta l’America, mai così lontana dopo questo annus horribilis. Ripercorriamolo, dal calcio al ciclismo. GENNAIO 8/1, Wigan-MU 0-2, III turno FA Cup 14/1, MU-Tottenham 2-2, 21ª Premier League 28/1, Newport County-MU 2-4, IV turno FA Cup Il 2024 per i Red Devils comincia in campo lunedì 8 con il 2-0 esterno sul Wigan nel terzo turno di FA Cup. Ma per il resto del mondo United inizia davvero domenica 14, con il nuovo patron Jim Ratcliffe che si presenta in sala stampa all’Old Trafford prima del 2-2 col Tottenham, 21ª giornata di Premier League: “Un po’ di cose eccitanti ne ho fatte , ma questa ne è la punta di diamante”. Tra quelle “cose eccitanti”, da appassionato di viaggi, avventura e sport estremi, vanta a curriculum l’aver attraversato la Namibia da ultra-runner/rider, scalato il Cervino, camminato oltre il Circolo Polare verso il Polo Sud e corso raid in moto per mesi. E, l’inverno scorso, essere salito sul Britannia come cyclor, a quanto pare fornendo, in termini di watt, pure una buona produzione di energia. Niente di paragonabile però, in tutto questo vissuto, rispetto alle vertigini di guidare la versione UK del ‘més que un club’ barcelonista: il Manchester United. Qualcosa di troppo grande, forse persino per lui. Se, a 71 anni, Sir Ratcliffe, magari in crisi di terza età, era voglioso di ultime emozioni forti, col suo nuovo giocattolone avrà di che trastullarsi. Pure troppo, perché forse non sa bene in che grosso guaio a chi-town s’è cacciato. Se amante del brivido, ne avrà provati a profusione quando, due settimane dopo, domenica 28, il Newport County, club di League Two, ha sfiorato una storica rimonta in FA Cup e il Titanic Man U ha rischiato di affondare sul minuscolo scoglio del Rodney Parade davanti a 9086 infervorati gallesi del sud. Non inganni il tabellino: sotto 0-2 dopo 13’ , gli Exiles erano riemersi con Bryn Morris e Will Evans e, subìto il 2-3 di Antony al 68’, erano comunque rimasti in partita fino al 2-4 dell’ex atalantino Rasmus Højlund al 94’. E non finisce mica qui, per dirla con Corrado o cantarla con Hertz. Marcus Rashford, fatta serata in un locale notturno di Belfast, salta l’allenamento e la società lo punisce. “Marcus si è assunto la responsabilità delle sue azioni” il laconico comunicato del club. Intanto, sul mercato il gran consigliori di Ratcliffe, Sir Dave Brailsford – l’ex eminenza grigia dell’età dell’oro del Team Sky e della Federciclismo UK – avvia “a review of transfer strategy”. Tradotto: di nuovi, non arriva più nessuno. E se qualcuno ha ‘mal di pancia’, può farselo passare altrove. E così Jadon Sancho, floppone da 73 milioni di sterline, torna al Borussia Dortmund. Non male come primo mese di giostre al luna park di Queen City. FEBBRAIO 1/2, Wolves-MU 3-4; 22ª Premier League 4/2, MU-West Ham 3-0; 23ª Premier League 11/2, Aston Villa-MU, 1-2; 24ª Premier League 18/2, Luton Town-MU 1-2; 25ª Premier League 24/2, MU-Fulham 1-2; 26ª Premier League 28/2, Nottingham Forest-MU 0-1; V turno FA Cup Non c’è pace tra gli ulivi rossi mancuniani, nemmeno quando si vincono cinque delle ultime sette. Fra queste, rocambolesco a dir poco, il 3-4 a domicilio sui Wolves. I titoloni li conquista il 18enne Kobbie Mainoo, il centrocampista classe 2005 appena rientrato da un infortunio. Al 97’ su assist di Omari Forson, segna il suo primo gol in stagione. E regala i tre punti allo United rimontato dall’1-3 al 3-3 con le reti di Maximilian Kilman e Pedro Neto fra l’85’ e il 95’. Ma nella partita successiva, a mettere ancora più sotto pressione Erik ten Hag, come non ne avesse già abbastanza, è un altro infortunio, quello al ginocchio destro di Lisandro Martínez: lesionato il legamento crociato anteriore nello scontro con Vladimir Coufal al 68’ nel 3-0 sul West Ham del 4 febbraio. Un “personal disaster” lo definirà ten Hag, costretto a negare che tenere in campo il suo ex pupillo sin dai tempi dell’Ajax, prima della tardiva sostituzione con Raphaël Varane, avesse aggravato il problema. Per di più in un soggetto a rischio, se non proprio injury-prone, “incline agli infortuni” per usare un eufemismo anglofilo, come l’allora 26enne argentino: passato dall’Ajax allo United nell’estate 2022, la sua prima stagione finì in aprile, con l’intervento al metatarso del piede destro, fratturatosi cinque giorni prima nell’andata dei quarti di Europa League a Siviglia . Sul fronte societario, il 20 febbraio 2024 viene ratificato l’accordo con Ratcliffe e intanto dietro le quinte gli head-hunters lavorano per ‘sfilare’ alla concorrenza il know-how calcistico che ha fatto le recenti fortune di Newcastle e Southampton: Dan Ashworth dai Magpies come direttore sportivo, e Jason Wilcox, ex Manchester City, dai Saint come direttore tecnico. Quanto al campo, “siamo di nuovo in corsa, ma non nella posizione in cui, in questo club, vogliamo essere”, gonfiava il petto ten Hag dopo quelle cinque vittorie su sette. La settimana successiva, il 24 febbraio, lo United perderà in casa al 97’ contro il Fulham dopo aver pareggiato all’89’ con il tap-in di Harry Maguire: gol-vittoria di Alex Iwobi su assist di Adama Traoré. Ma quale ‘Cesarini’: ormai esiste, nel bene e nel male, una ‘zona-Manchester’. Vale per Atene/United come per City/Sparta. O viceversa, come preferite. MARZO 3/3, Manchester City-MU 3-1; 27ª Premier League 9/3, MU-Everton 2-0; 28ª Premier League 17/3, MU-Liverpool 4-3 ; quarti FA Cup 30/3, Brentford-MU 1-1; 30ª Premier League Tre giorni dopo, il baccano – più forte che mai – lo fanno i vicini chiassosi di fergusoniana memoria: all’Etihad il City vince il Mancunian Derby al di là del 3-1 in rimonta . Per ten Hag però, il divario stracittadino – per talento e in proiezione-titolo – non è quella Fossa delle Marianne che viene dipinta: “No, I don’t think so, absolutely not”. La risalita da quel baratro emotivo, più ancora che tecnico, arriva battendo in fila entrambe le Liverpudlian: 2-0 ai blu in campionato e, soprattutto, 4-3 ai rossi ai supplementari nei quarti di FA Cup: al 121’, assist di Alejandro Garnacho per il superbo gol di Amad Diallo, e Old Trafford – stipato di 72.291 trepidanti fedeli – esploso come ai bei dì. Proprio lo stadio è però la maggior preoccupazione di Ratcliffe: “Se ne costruissimo uno nuovo, sarebbe all’avanguardia, di livello mondiale, con una capienza di 90 mila, forse anche 100 mila posti”. Quanto al mercato, invece, profilo basso e niente più galácticos in salsa glazeriana: “La soluzione non è spendere un sacco di soldi per un paio di grandi giocatori”. Avercene. APRILE 4/4, Chelsea-MU 4-3; 31ª Premier League 7/4, MU-Liverpool 2-2; 32ª Premier League 13/4, Bournemouth-MU 2-2; 33ª Premier League 21/4, Coventry-MU 3-3 dts ; Wembley, semifinale FA Cup 24/4, MU-Sheffield United 4-2; recupero 29ª Premier League 27/4, MU-Burnley 1-1; 35ª Premier League Oggi le comiche allo Stamford Bridge. Il Man U prima riempie il secchio del latte rimontando da 2-0 a 2-3 con Bruno Fernandes e doppietta di Garnacho, e poi lo rovescia concedendo fra il 100’ e il 101’ due terzi della hat-trick a Cole Palmer, uno che da bambino tifava United e poi è sbocciato al City. Un ‘Cold’ Case che farà giurisprudenza. Ma cosa può esserci di peggio, per il popolo United, dell’essere solo arbitro nella corsa al titolo? Che a vincerlo sia il Liverpool, più ancora che il City. E così, in tempi bui, tocca accontentarsi almeno di farglielo perdere. Goduria doppia se in casa tua. A questo serve il 2-2 dell’Old Trafford, inutili i 28 tiri dei Reds verso la porta di André Onana: addio commiato con titolo per Jürgen Klopp, già sicuro di salutare a fine stagione. Lo United si consola con la finale di FA Cup, ma aver eliminato ai rigori il Coventry, squadra di Championship, è tutto fuorché un successo. Dopo che la ‘vittoria’ di Victor Torp è stata annullata dall’assistente arbitrale per fuorigioco. “C’è stata una mancanza di disciplina... oggi l’abbiamo fatta franca”, dice ten Hag mentre l’eroe dello United 1990 Mark Robins , la sua squadra di gran lunga superiore, viene smentito. MAGGIO 6/5, Crystal Palace-MU 4-0; 36ª Premier League 12/5 MU-Arsenal 0-1; 37ª Premier League 15/5 MU-Newcastle 3-2; recupero 34ª Premier League 19/5 Brighton-MU 0-2; 38ª Premier League 25/5 Manchester City-MU 1-2; Wembley, finale FA Cup Con la qualificazione alla successiva Champions League ormai sfumata da mo’, l’ombelico del mondo Man U è la finale di Coppa d’Inghilterra del 25 maggio coi ‘cugini’. E l’aberrante prospettiva di concedere loro il Double, con conseguente, inevitabile esonero dell’olandese zoppicante, che però su piazza non è poi così impopolare come i risultati autorizzerebbero invece a pensare. Ma poi a Wembley i Red Devils, con un sussulto d’orgoglio, e l’incosciente entusiasmo dei ragazzini terribili Garnacho e Mainoo , battono 2-1 il City e non solo alzano il trofeo ma lo fanno senza centravanti: 4-4-2 con Garnacho e Rashford esterni e due centrocampisti come Bruno Fernandes e il futuro napoletano Scott McTominay a inserirsi centralmente. Il trionfo in FA Cup, col senno del poi e nonostante il rinnovo, non basterà a salvare la panca di Erik ten Hag. E a dicembre il suo successore, come scriverà John Brewin sul Guardian, parlerà addirittura di retrocessione. In lotta per salvarsi, lo United! Dove andremo a finire, signora mia. Nel frattempo, Ratcliffe vieta ai dipendenti lo smart working e li esorta a, nel caso di mancata disponibilità a recarsi al lavoro in sede, a cercarsi un “impiego alternativo”. Il problema, non secondario, è che non ci sono spazi sufficienti per ospitarli, né a Manchester né nella filiale londinese del club. E ampliarli, o traslocare in sedi più grandi, costa. Tanto. GIUGNO Nonostante il fresco trofeo in bacheca, la permanenza di ten Hag è tutt’altro che sicura. Come suo possibile sostituto circola su tutti il nome del tedesco Thomas Tuchel, ex Chelsea, che il 16 ottobre sarà poi annunciato come nuovo Ct dell’Inghilterra. Il terzo straniero dopo lo svedese Sven-Göran Eriksson e il nostro Fabio Capello. Ma poi, out of the blue per dirla come oltremanica, l’apparente Dead Man Coaching viene confermato. “I dirigenti sono venuti a trovarmi mentre ero in vacanza a Ibiza”, dichiara ten Hag candido a una tv olandese. “Si sono presentati all’improvviso alla mia porta e mi hanno detto di voler continuare con me”. LUGLIO Lo United impazza sul mercato. In uscita con la cessione dell’attaccante Mason Greenwood all’Olympique Marsiglia per 26 milioni di euro. In entrata con il suo sostituto di Joshua Zirkzee, arrivato dal Bologna per 42,5 milioni di euro, e il 19enne difensore Leny Yoro, nazionale francese under 21 del Lille, battendo con 62 milioni di euro la concorrenza del Real Madrid. “Due risorse ad alto potenziale per il futuro”, li battezza ten Hag. Non sarà però buon profeta, e non solo perché non ne seguirà da vicino gli eventuali progressi. Zirkzee, nella sua atipicità, perlomeno per gli standard UK, resterà a lungo un oggetto misterioso. Con il clamoroso pedice della sostituzione con Mainoo dopo appena 33’, per di più giocati fuori ruolo, decisa da Amorim nella sconfitta per 0-2 all’Old Trafford col Newcastle del 30 dicembre in campionato. Yoro starà fuori tre mesi per la frattura a un piede subita nell’amichevole contro l’Arsenal nella tournée statunitense, durante la quale Ruud van Nistelrooy viene inserito nello staff tecnico come nuovo assistente allenatore. Per infortunio, ma al bicipite femorale, salterà l’inizio di stagione anche il centravanti ex atalantino Rasmus Højlund. Di qua dell’Atlantico, intanto, Ratcliffe impone tagli di 250 posti di lavoro allo United, e fra lacrime e sangue churchilliani fa risparmiare al club circa 10 milioni di sterline l’anno. AGOSTO 10/8 MU-Manchester City 1-1 ; Wembley, Community Shield 16/8 MU-Fulham 1-0; 1ª Premier League 24/8 Brighton-MU 2-1; 2ª Premier League Dove la proprietà non lesina soldoni è invece sul fronte acquisti, e in particolare la difesa, con 60 milioni di euro spesi per metà di quella del Bayern Monaco, in tutt’altri tempi tradizionale avversaria continentale: il centrale nederlandese ed ex juventino Matthijs de Ligt e il laterale marocchino Noussair Mazraoui firmano alla vigilia della nuova stagione, che per lo United partirà però col piede sbagliato. “Dobbiamo essere più continui e vogliamo puntare a tutte le competizioni a cui partecipiamo, anche la Premier League”, proclama spavaldo ten Hag. Ma il 10 agosto il City si prende ai rigori il Community Shield e la rivincita per la finale persa in FA Cup. E in campionato, dopo l’illusorio debutto col Fulham , ecco la prima sconfitta: 2-1 di testa di Joao Pedro per il Brighton al 95’. Nel frattempo, il quasi 28enne nazionale scozzese Scott McTominay, beniamino dei tifosi e più volte salva-panchina di ten Hag, passa al Napoli per 30,5 milioni di euro. Mentre per 50 arriva dal PSG il mediano Manuel Ugarte, nazionale uruguaiano del 2001. “Un altro dei nostri obiettivi primari di questa estate” esulta al rientro dalle vacanze il nuovo diesse Ashworth, strappato al Newcastle dopo una lunga e onerosa trattativa . SETTEMBRE 1/9 MU-Liverpool 0-3; 3ª Premier League 14/9 Southampton-MU 0-3; 4ª Premier League 17/9 MU-Barnsley 7-0; III turno Carabao Cup 21/9 Crystal Palace-MU 0-0; 5ª Premier League 25/9 MU-Twente 1-1; 1ª Europa League 29/9 MU-Tottenham 0-3; 6ª Premier League Rashford nel 3-0 esterno sul Southampton segna il suo primo gol in 189 giorni. Ma il mese si apre e si chiude con due 0-3 casalinghi resi ancor più pesanti per il nome degli avversari, Liverpool e Tottenham. In compenso, almeno a parole, la dirigenza difende la propria scelta di confermare il manico della squadra. “Se crediamo ancora in Erik? – si chiede e risponde l’ad Omar Berrada – Assolutamente sì. Pensiamo sia l’allenatore giusto per noi e lo sosteniamo appieno”. Il calcio però insegna che la fiducia confermata è spesso un foglio di via a termine, cui manca solo la data esatta. A domanda diretta se teme l’esonero, ten Hag svicola: “Non ci penso. In estate abbiamo preso la decisione di continuare tutti insieme, come proprietà, come gruppo dirigente”. OTTOBRE 3/10, Porto-MU 3-3; 2ª Europa League 6/10, Aston Villa-MU 0-0; 7ª Premier League 19/10, MU-Brentford 2-1; 8ª Premier League 24/10, Fenerbahçe-MU 1-1; 3ª Europa League 27/10, West Ham-MU 2-1; 9ª Premier League 30/10, MU-Leicester City 5-2; IV turno Carabao Cup Ratcliffe, intento a supervisionare il fallito assalto alla Coppa America con la sua Britannia del Team Ineos, ha fatto più onde con le sue dichiarazioni sul futuro dello United: “Erik mi piace, penso sia un ottimo allenatore, ma alla fine non spetta a me decidere”. Sì, vabbè. La ‘fine’ arriva sottoforma di un rigore molto contestato , quello assegnato da David Coote al West Ham per il fallo su Maximilian Kilman e trasformato al 92’ da Jarrod Bowen. In tutta probabilità quel rigore “ingiusto e ingiusto”, e forse avrebbe solo rinviato un destino già segnato. Ma la sensazione di aver subìto un torto attanaglia l’ultima conferenza stampa di ten Hag, che all’ora di pranzo del 28 ottobre è – ora anche ufficialmente – l’ex allenatore dello United. “Siamo grati a Erik per tutto ciò che ha fatto durante il suo periodo con noi e gli auguriamo il meglio per il futuro”, recita il comunicato di prammatica della società. Neanche una riga invece per annunciare che, dal nuovo anno, Sir Alex Ferguson, sarà sollevato dal suo ruolo di ambasciatore del club. Un risparmio da due milioni di sterline l’anno. Decisione “scandalosa, una tale mancanza di rispetto”, secondo il suo pupillo Éric Cantona. “Sir Alex Ferguson dovrebbe poter fare tutto ciò che vuole al club fino al giorno della sua morte”. NOVEMBRE 3/11, MU-Chelsea 1-1; 10ª Premier League 7/11, MU-Paok 2-0; 4ª Europa League 10/11, MU-Leicester, 3-0; 11ª Premier League 24/11, Ipswich-MU 1-1; 12ª Premier League 28/11, Bodø/Glimt-MU 2-3: 5ª Europa League Come traghettatore viene chiamato Ruud van Nistelrooy, ancora idolatrato dai tifosi per i suoi trascorsi in campo e pure così fortunato da restare imbattuto in panchina prima dell’arrivo – dallo Sporting Lisbona – Ruben Amorim, a 39 anni il più giovane manager dello United dopo il 36enne Matt Busby nel 1945. E nel club il secondo più giovane dopo il 31enne Wilf McGuinness, subentrato nel giugno 1969 al totem Matt Busby e poi esonerato tre giorni dopo il rocambolesco 4-4 in doppia rimonta del Boxing Day 1970 al Baseball Ground contro il Derby County. Amorim sarebbe dovuto arrivare a fine stagione, ma il precipitare degli eventi ha bruciato i tempi. Messo alla porta l’11 novembre, van Nistelrooy dal 1° dicembre era già al Leicester City. Mentre l’èra-Amorim, 13 giorni dopo il suo insediamento, inizia con l’1-1 al Portman Road contro l’Ipswich Town. Il 3-4-3 con Bruno Fernandes e Garnacho dietro Rashford non convince, a cominciare dai suoi. “Rischiamo un po’, soffriamo un po’ e con l’anno nuovo andremo meglio”, grida nel bosco di notte per convincersi di non aver paura. DICEMBRE 1/12, MU-Everton 4-0; 13ª Premier League 4/12, Arsenal-MU 2-0; 14ª Premier League 7/12, MU-Nottingham Forest 2-3; 15ª Premier League 12/12, Viktoria Plzen-MU 1-2; 6ª Europa League 15/12, Manchester City-MU 1-2; 16ª Premier League 19/12, Tottenham-MU 4-3; quarti Carabao Cup 22/12, MU-Bournemouth 0-3; 17ª Premier League 26/12, Wolves-MU 2-0; 18ª Premier League 30/12, MU-Newcastle 0-2; 19ª Premier League Se è vero però che la notte più scura si ha prima che albeggi, allora quella di dicembre è di un buio pesto. Come magra consolazione il derby vinto contro il peggior Man City dell’epopea-Guardiola. Ma sei sconfitte su nove nel mese, la peggior serie dal 1930, quando lo United poi retrocedette. Un pericolo, quello dell’inquietante corso e ricorso storico, subodorato col punto più basso toccato in chiusura di un annus horribilis: lo 0-2 la vigilia di San Silvestro in casa contro il Newcastle, ancora attapirato per lo scippo del diesse Ashworth, licenziato con corposa buonuscita il 6 dicembre . “Il nostro club ha bisogno di una scossa e dobbiamo capirlo”, dichiara Amorim. “È anche per questo che parlo di retrocessione”. E proprio sulla scelta del nuovo allenatore, o meglio sul non essere stato coinvolto nel processo decisionale, è finita la breve avventura di Ashworth, salutato il 6 dicembre – e una fallimentare campagna-acquisti da 182 milioni di sterline spesi in totale per cinque giocatori e quei risultati – con un comunicato in copia conforme a quello per l’addio a ten Hag: “Desideriamo ringraziare Dan per il suo lavoro e il suo sostegno durante un periodo di transizione”. Come non bastasse, è scoppiato pure lo scandalo degli escrementi di topo trovati in un chiosco di alimentari in una suite aziendale al piano terra dell’Old Trafford. Ma le polemiche più dure e pure divampano per la scelta del club di aumentare a 66 sterline il prezzo minimo dei tagliandi, e senza sconti per i minori o i pensionati. Una decisione ferocemente contestata prima del match in casa con l’Everton. “Non credo abbia senso che un biglietto del Manchester United costi meno di uno per il Fulham”, ha detto impavido il 72enne Ratcliffe in un remake tutto mancuniano delle brioche care a Maria Antonietta. E a corredo ha tagliato il finanziamento di 40.000 sterline l’anno all’Associazione degli ex giocatori del Manchester United. “66 sterline per un biglietto è ridicolo – è entrato in tackle come faceva in campo Paul Scholes, ospite il 7 dicembre a ‘The Overlap Fan Debate’. Se si pensa a Manchester, ci sono tantissime zone disagiate e lo stesso Sir Jim Ratcliffe viene da Failsworth, che è fra queste”. “Se porti con te un bambino sono più di 120 sterline, se porti una famiglia si parla di 300-400 sterline: non è giusto. Cosa offrono questi proprietari per aumentare i prezzi dei biglietti? Per quale valore: stiamo vivendo forse la nostra peggiore stagione di sempre in Premier League e loro hanno la faccia tosta di alzare i prezzi?”, ha aggiunto prima di chiosare con un definitivo “loro sono al comando da quasi un anno e tutto è negativo. Non c’è nulla di positivo in questa squadra. La rosa è mediocre. Non fanno nulla per i tifosi. Se ora abbiamo Sir Jim Ratcliffe, rispetto a tutti questi proprietari americani, che è cresciuto tifando United in una zona depressa di Manchester e continuano ad aumentare i prezzi. Questo dimostra che del club a loro non importa niente”. «Everything is still negative. I can’t think of something positive that they’ve done for the football club» – Paul Scholes, ‘The Overlap Fan Debate’, 7 gennaio 2025 Esame di Laurance Opinione estensibile al ciclismo. Il 5 dicembre si sono separate le strade della Ineos-Grenadiers e di Tom Pidcock, col 38enne Geraint Thomas l’ultima superstar della squadra e con l’australiano Caleb Ewan, buon amico di “Mr. G”, già in ritiro con la squadra e pronto a diventare il nuovo velocista del team. A neanche 26 anni , Pidcock sta per entrare nel prime della carriera e nel triennale alle stesse cifre col team svizzero Q36.5 – dove lo ha raggiunto il suo preparatore, il belga Kurt Bogaerts – potrà ritagliarsi un programma di corse ritagliato su misura per il suo eclettico talento. “È stata la decisione migliore per entrambi”, ha detto sul suo divorzio consensuale il talento di Leeds che nel cross è stato iridato a Glasgow 2023 e ha vinto l’oro olimpico sia a Tokyo sia a Parigi. Alla Q36.5 potrebbe ritrovare Elia Viviani , non confermato alla Ineos e ancora senza squadra. Anche per lui , un finale scontato per incompatibilità dei rispettivi obiettivi e programmi. Dopo la stagione negativa di sole 14 vittorie, il team ha operato una profonda ristrutturazione che ha portato al rinnovo di un terzo dello staff e a sei nuovi corridori, tra cui il 23enne francese Axel Laurance, iridato Under 23 a Glasgow 2023 e strappato alla Alpecin, e al taglio dei 2,7 milioni di euro versati a Pidcock, il settimo ingaggio World Tour del 2024 dietro Pogačar alla UAE , Roglić alla Bora, Vingegaard alla Visma e Mathieu van der Poel alla Alpecin , Wout Van Aert lui pure alla Visma e Remco Evenepoel alla Soudal-QuickStep. Il punto di non-ritorno, per Pidcock, era stata la rinuncia all’ultima monumento stagionale, in cui aveva fondate ambizioni da podio dietro l’inarrivabile Pogačar: “Proprio quando le cose si stavano mettendo bene dopo una fine di anno movimentata, sono stato escluso dal Lombardia di domani. Sono in ottima forma e non vedevo l’ora di partecipare”. “Tom ha grandi ambizioni in varie discipline e pensiamo che questa decisione permetterà a tutti di perseguire le proprie ambizioni con chiarezza e determinazione”, dirà poi John Allert, dal dicembre 2023 CEO dei Grenadiers a diretto riporto di Sir Dave Brailsford e Jean-Claude Blanc alla INEOS Sport. La situazione l’ha ben fotografata, sull’Équipe, Pavel Sivakov, il russo naturalizzato francese che dal 2018 al 2023 ha corso col Team Sky/Ineos e dal 2024 è gregario extra-lusso di Pogačar alla UAE Emirates: “Una organizzazione eccezionale come la Ineos non aveva un corridore in grado di vincere il Tour de France, l’unica corsa che per loro conta davvero. Non sono riusciti a compiere la transizione, a ritrovare la loro identità al Tour. È stato complicato per la squadra e per Tom. Dall’esterno si vedeva che c’era un conflitto. Tom potrà crescere in un ruolo multidisciplinare e, per la squadra, si libererà spazio per un altro corridore che punterà alla classifica generale”. Non sarà facile, però. Se c’è una cosa che l’annus horribilis di Man U e Ineos ha insegnato è che i soldi – da soli – non fanno risultato. E che a questo mondo anche i Ratcliffe, per quanti ne abbiano, piangono. Letture consigliate: Jim Ratcliffe, Ursula Heath The Alchemists: The INEOS Story An Industrial Giant Comes of Age Biteback Jim Ratcliffe, Aa. Vv. Grit, Rigour & Humour: The INEOS Story Bantam David Walsh Inside Team Sky Simon & Schuster Brendan Gallagher The Team Sky Way The Official Step-by-Step Guide to Cycling Success HarperSport

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Anche i Ratcliffe piangono: l’annus horribilis di Manchester United e Ineos

Christian Giordano