Dani Alves: io come Picasso, migliorato dalla Juve
Serie AIl laterale brasiliano parla dal ritiro della Seleçao con cui disputerà la 100esima gara mercoledi prossimo a Lima in Perù: "Il calcio italiano? Va interpretato, non serve solo fare ma occorre anche capire"
La personalità forte, la forma eccentrica di vestire e le dichiarazioni a volte polemiche e quasi mai banali sono le caratteristiche di Dani Alves, che ha vinto tutto con il Barcellona e conta di fare altrettanto con la Juventus. Intanto è l'uomo del giorno in Brasile perché arrivato a 99 presenze in nazionale e arriverà quindi a quota 100 nel match che la Selecao giocherà mercoledì prossimo a Lima contro il Perù.
Andando nei particolari, finora con la casacca oroverde ha ottenuto 68 vittorie, 18 pareggi e solo 13 sconfitte, con 6.897 minuti in campo con la maglia del Brasile e 7 gol. Per festeggiarlo gli è stata consegnata in ritiro la maglia oro verde con il numero 100 e il suo nome sulla schiena, poi il laterale destro si è concesso in conferenza stampa.
"Il mio stile è particolare e a volte allontana i tifosi? Come persona io sono come Picasso - ha detto Dani Alves -: chi riesce a capirmi, a 'decifrarmi', mi ama, chi non ci riesce non paga per venire a vedermi". "Arrivare a cento presenze in nazionale è una gioia enorme - ha aggiunto -, una grandissima soddisfazione. Ma quando me ne andai di casa a soli 15 anni sapevo che sarei tornato solo il giorno che fossi diventato calciatore professionista e che per questo avrei sempre dato il massimo. E ora vivo il privilegio di essere qui, nella Seleçao. Tutte partite giocate con questa maglia sono state un'emozione particolare".
Poi l'elogio per un allenatore: "Tite è un grande tecnico e un ottimo gestore di uomini, proprio come Guardiola - ha detto -. La sua grandezza è nel fatto che qui (in nazionale n.d.r.) ha fatto cambiare tutto, e ha un grande rispetto per ogni calciatore che convoca: si preoccupa di più per chi esclude che per chi fa giocare. Se può fare bene anche in Europa? Sono certo che può fare bene ovunque, anche se in Europa la sua è una professione dura".
Non poteva mancare una sua considerazione sull'esperienza in Italia, alla Juve. Cosa è cambiato rispetto al Barcellona? "Penso che la differenza tra il calcio brasiliano e quello che si gioca in Spagna sia piccola - ha detto Dani Alves -, visto che si va in campo soprattutto per attaccare, prevale il calcio offensivo. In Italia predomina la parte tattica, la lettura della partita e il modo migliore d'interpretarla. Non devi solo fare ma anche capire. E questo per me e' un bene: quanto più capisci il football, tanto meglio lo giochi, conoscere vuol dire accorciare la strada. Farlo secondo me non vuol dire essere pigro, ma intelligente".