Pallotta: "Garcia, Spalletti, Totti: spiego tutto"

Serie A
Il presidente della Roma, James Pallotta, commenta il 2016 giallorosso (foto Getty)
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Il presidente della Roma commenta il 2016 giallorosso al sito ufficiale del club: "Rudi? Dovevo mandarlo via prima. Luciano era la scelta giusta per la Roma, nonostante tanti mi avessero cercato. Francesco? Il suo rinnovo non era una ricompensa"

2016: rewind. Uno sguardo all’anno ormai quasi alle spalle, gli occhi sono quelli di James Pallotta. Il n.1 della Roma ripercorre le grandi tappe dell’anno giallorosso, a cominciare dall’esonero di Rudi Garcia: "È stata una decisione relativamente facile da prendere, considerata la serie di partite senza vittorie e l’ottima squadra che avevamo a disposizione, sebbene molte persone pensassero che avremmo dovuto aspettare la fine dell’anno. Credo che la squadra stesse subendo un rapido calo dal punto di vista psicologico. Se non avessimo fatto nulla, non saremmo mai potuti arrivare tra le prime cinque, figuriamoci qualificarci per la Champions League al termine della stagione. Non ero soddisfatto di come andavano le cose in termini di prestazioni durante gli allenamenti. A dicembre, quando i giocatori ti confessano che non riescono a entrare in forma, qualcosa deve pur voler dire. I calciatori dovrebbero dirti "Sono distrutto, non ce la faccio più", ma invece sostenevano di "non riuscire a entrare in condizione". Credo che avrei dovuto farlo prima - ammette Pallotta al sito ufficiale del club giallorosso. Già la stagione precedente avevo notato alcuni segnali. Le cose stavano cambiando dal primo al secondo anno e ce n’erano ancora due, quindi non era così semplice. Provi a far arrivare persone che credi possano essere d’aiuto, ma c’è stata l’incapacità di accettare ogni tipo di aiuto. Io credo che la squadra debba lavorare insieme e che ci debba essere collaborazione a tutti i livelli ma si stava andando verso il "io lavoro così e basta". Non c’era la volontà nemmeno di ascoltare alcune delle persone che erano lì per dare una mano. Noi non vogliamo rappresentare questo tipo di organizzazione".

Baldissoni sull’addio di Garcia - "Naturalmente non è piacevole optare per un cambiamento. Tu hai stabilito un rapporto a livello personale con un essere umano prima ancora del livello professionale. Quando devi interrompere il suo lavoro, non è un messaggio piacevole da trasmettere. Dall’altra parte, quando ciò accade, è ovvio e chiaro che le cose non stanno andando bene, quindi è un qualcosa che non arriva inaspettatamente. Rudi in quel momento poteva vedere che non stava riuscendo nel tentativo di cambiare le dinamiche. Era tutto molto negativo all’interno dello spogliatoio e la squadra non reagiva. Quindi, quando un allenatore perde la forza e la possibilità di cambiare il pensiero dei calciatori dentro lo spogliatoio, deve lasciare. Gli allenatori sanno quando è così", spiega il dg della Roma Mauro Baldissoni. "Guardando indietro, dopo la seconda metà della stagione, è ovvio dire che sarebbe stato meglio fare prima questa scelta. Ma ripeto, è troppo facile dirlo "a giochi fatti". Abbiamo dovuto pensarci con molta attenzione, perché dovevamo fare la giusta sostituzione. Il sostituto doveva essere la persona con cui continuare per il futuro - prosegue il manager della Roma -. Ciò non può funzionare se scegli qualcuno soltanto per sei mesi, perché potrebbe non avere la credibilità e la forza nei confronti dei giocatori. Per fare la scelta giusta con poche opzioni e in fretta non è sicuramente la situazione migliore in cui trovarsi. Guardando indietro, la decisione probabilmente poteva essere presa prima, ma dovevamo prendere tempo per ponderarla e pensarci bene prima di farlo".

Il ritorno di Luciano Spalletti - "Ho parlato molto con persone che conosco e rispetto: ex allenatori e professionisti attualmente impegnati che sarebbero venuti volentieri a Roma, ma dopo aver parlato con Luciano, e averlo incontrato a Miami, ho capito che era lui la persona che stavamo cercando. Aveva già vissuto un’esperienza a Roma e fortunatamente è molto preparato dal punto di vista tattico, strategico e psicologico. Dopo la gara con la Juventus, difficile da affrontare visto il poco tempo a disposizione, ci sono state 17 partite senza sconfitte, davvero notevole. Questo ci ha consentito di tornare in corsa. Credo che salutare Garcia fosse una decisione più semplice di quanto si possa pensare perché avevo visto in che direzione stava andando la squadra. È stata la passione, il modo in cui parlava di strategia, di tattica, e di come allenava i giocatori. Durante gli allenamenti, prima, non si parlava praticamente mai di strategia e tattica. Magari in altri paesi non è poi così importante ma in Italia…", spiega James Pallotta sulla scelta di Spalletti per sostituire Garcia sulla panchina della Roma.

Baldissoni su Spalletti - "A metà stagione non hai tutte le opzioni che vorresti avere. Quasi tutti i migliori allenatori sono già alla guida di altre squadre, quindi abbiamo valutato altre opzioni per la fine della stagione, ma questo avrebbe potuto significare rimanere con Garcia - spiega Baldissoni -. Questo è stato il motivo per il quale abbiamo dovuto pensarci con attenzione per il resto della stagione, oppure sostituire Garcia con qualcuno che ci avrebbe portato fino a giugno ma senza continuare in futuro. Il rischio di farlo avrebbe mandato un brutto messaggio alla squadra, come se la stagione fosse già finita e noi orientati alla pianificazione del futuro, invece che concentrati sulla stagione corrente lavorando giorno per giorno. A quel punto, la scelta di Spalletti era quasi naturale perché era certamente la migliore opzione disponibile. Lui ha avuto un’esperienza a Roma di grande successo: conosceva alcuni giocatori, il club, l’ambiente e il calcio italiano. Era la persona con le migliori chance di essere efficace sin dal primo giorno e anche per le stagioni future. Questo è il motivo per cui abbiamo scelto Luciano. Quella con Pallotta e Spalletti a Miami è stata una conversazione interessante ed emozionante. Luciano era molto contento di avere l’opportunità di tornare. Aveva avuto precedentemente un’esperienza molto positiva a Roma in termini di risultati, che purtroppo si concluse con degli aspetti negativi e amari e dovette lasciare prima della fine della stagione - prosegue il dg della Roma -. Si sentiva di dover completare un lavoro e pertanto era molto motivato ed emozionato di avere la possibilità di tornare. Lui ci spiegò tutte queste cose e quanto era motivato. Inoltre, dato che a lui piace farlo, spiegò la tipologia di accorgimenti tattici che stava per introdurre e alcuni miglioramenti da apportare alla squadra che riteneva necessari. Inoltre, è stata una conversazione molto intensa riguardo agli elementi tattici del suo calcio e in generale molto proficua. L’impatto è stato tremendo. Come ho detto prima, lui ha avuto il vantaggio di conoscere il club, l’ambiente e alcuni giocatori, quindi ha potuto trovare immediatamente gli elementi giusti da cambiare. Prima di tutto, ha cambiato la mentalità dei giocatori restituendogli la fiducia che stavano perdendo. Inoltre, anche gli aspetti tattici e tecnici che voleva introdurre considerando che lui è uno dei migliori allenatori nel mondo. L’impatto è stato fenomenale, sottolineo principalmente l’effetto sulla mentalità e sulla consapevolezza dei giocatori. C’era bisogno di recuperarli e lui lo ha fatto molto rapidamente", prosegue Baldissoni.

Spalletti sul suo ritorno - "Ho capito che sarei tornato alla Roma solo quando mi hanno chiamato. Ero con la mia famiglia, in particolare con i miei figli. A me stimolava come idea, ma loro erano molto entusiasti: sono grandi romanisti, come me. Ne abbiamo parlato. Mi piaceva la squadra, mi piaceva il fatto che mi avessero ricercato e mi dispiaceva vedere la Roma non al massimo", confessa lo stesso Spalletti sul suo ritorno.

James Pallotta sul rinnovo di Totti - "Ha dimostrato che può avere ancora un ruolo importante e quelle partite sono state fondamentali per la qualificazione in Champions League. Non direi che il nuovo contratto sia stato un premio per le sue prestazioni. Nel corso dell’anno avevamo già parlato più volte del fatto che alla fine della stagione avremmo discusso della situazione basandoci su come si sentiva lui. Mentre molte persone, anche nei media, hanno continuato a chiedersi per tutto l’anno perché non avessimo fatto questo o quello, per me si trattava semplicemente di questioni che riguardavano soltanto noi. Era una cosa tra Francesco e me e, come squadra, non potevamo permettere che i nostri affari diventassero una discussione pubblica. Non avrebbe avuto senso. Il contratto non è stato una ricompensa, semplicemente Francesco pensava di poter continuare a giocare e noi credevamo che potesse dare ancora il suo contributo, dopo aver parlato con lui e con il nostro staff", conclude James Pallotta.