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Punizioni e volée: i gol più belli di Napoli-Juve

Serie A

Vanni Spinella

"Tanto gli faccio gol comunque". Sembrava una battuta, aveva ragione lui. Nasce così la "punizione impossibile" di Maradona (Foto da internet)

Il primo posto è di Maradona, e difficilmente qualcuno glielo toglierà. Dietro alla famosa "punizione impossibile", però, si fanno largo scorpioni, girate, maledette e volley-goal. Ce n'è per tutti i gusti

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Va bene: il primo posto è già assegnato e sarà dura scalzare Diego. Nella storia di Napoli-Juventus la sua punizione impossibile resta irraggiungibile. Alle sue spalle, però, sgomitano in tanti, con i loro pezzi pregiati: girate e stoccate, volée e scorpioni. Tutti da rivedere all'infinito.

Gonzalo Higuain, Juventus-Napoli 2-1 (29 ottobre 2016)

Si riparte da qui: da un gol dell’ex praticamente annunciato, perché quando il calcio si mette a scrivere le sue storie lo fa nel modo più scenografico possibile. E dunque Pipita che segna alla prima contro il Napoli, risultando decisivo. Troppo banale, dite? E allora ripuliamolo da ogni significato e limitiamoci a giudicarlo per quello che è, stilisticamente: un gran gol. [nel video da 1’24’’]

 

Lorenzo Insigne, Napoli-Juventus 2-1 (26 settembre 2015)

Sempre Higuain di mezzo, stavolta con la maglia azzurra e nei panni della “semplice” sponda per il compagno che gli chiede il triangolo. Lineare, rapido, pulito: così immediato da sembrare anche semplice, ma semplice non è. Perché a finire in mezzo a quella geometria è pur sempre la difesa della Juve e perché per realizzarla con tale millimetrica precisione al limite dell’area, zona sempre intasata di gambe, occorrono piedi sensibilissimi. Higuain dimostra di averli con quel tocco di ritorno, Insigne chiude alla grande senza bisogno di ricorrere alla potenza.

 

Andrea Pirlo, Juventus-Napoli 3-0 (10 novembre 2013)

Eccola, la vera “maledetta”, quella che sfruttando l’ormai celebre effetto Magnus si abbassa all’improvviso. Rincorsa dritta verso la palla, impatto con il collo del piede. Ne esce un tiro a 95 km/h che si impenna per poi scendere dietro la barriera posizionata da Reina. Con appena 23 metri a disposizione è un piccolo miracolo.  

 

Edinson Cavani, Napoli-Juventus 3-0 (9 gennaio 2011)

Il Matador fa tripletta, l’ultimo è un mistero: colpo di testa o di tacco? Intervento goffo o magico scorpione? Servono infiniti replay per chiarire come abbia colpito quel pallone e ancora oggi, comunque, ci si divide in due scuole di pensiero. Indipendentemente da come la pensiate, l’azione che porta a quel tocco merita.

 

Carlos Tevez, Juventus-Napoli 2-2, 7-8 d.c.r (22 dicembre 2014)

Supercoppa italiana con grandi firme argentine: doppietta di Tevez da una parte, doppietta di Higuain dall’altra. Il secondo dell’Apache è un capolavoro con cui conclude la manovra di accerchiamento juventina, iniziata sulla fascia destra da Morata, proseguita al centro con il tacco di Vidal e l’apertura a sinistra di Marchisio, conclusa con il guizzo di Pogba. Potrebbe già bastare così, ma Tevez impreziosisce il tutto con la giocata personale del campione, ovvero la finta con cui lascia scorrere il pallone per prepararsi il tiro nella maniera ottimale. [nel video da 1'01'']

 

Goran Pandev, Napoli-Juventus 3-3 (29 novembre 2011)

Aggancia un pallone leggermente arretrato in area, spalle alla porta; lo controlla, si gira in una piastrella, tira e segna. Bello. Bellissimo se lo fai nello spazio ristretto tra due colonne della Nazionale come Bonucci e Chiellini, trafiggendo poi il monumento di Buffon.

 

Paul Pogba, Juventus-Napoli 3-0  (10 novembre 2013)

Mai banale nei suoi gol al Napoli, ben tre e tutti piuttosto simili nella dinamica. Per farla breve, grandi conclusioni dal limite dell’area e sempre al volo. Di sinistro su respinta della difesa per il suo primo gol in Italia nell’ottobre 2012; in mezza girata sul palo più lontano nel 3-1 del gennaio 2015; il più bello dei tre, però, è il “volley-goal” in cui con il primo controllo vede il pallone impennarsi davanti a sè, lo aspetta nella sua discesa seguendolo con lo sguardo e poi impatta al volo, con precisione e potenza uniche. Capolavoro.

 

Diego Armando Maradona, Napoli-Juventus 1-0 (3 novembre 1985)

Nona di campionato: la Juventus di Trapattoni, capace di infilare 8 vittorie su 8 nelle precedenti giornate, fa visita al Napoli. Il San Paolo è un catino che strabocca di passione. Il campo, pesante, non favorisce certo grandi giocate, ma Diego sembra comunque in grado di danzare tra gli avversari. Che, come gli capitava spesso, devono ricorrere al fallo per fermarlo. Succede anche al minuto72, quando il signor Redini di Pisa assegna una punizione a due in area. Il punto di battuta è sul versante destro, cosa che dovrebbe favorire il piede sinistro più sensibile del mondo. Se non fosse che la barriera disposta da Tacconi è decisamente vicina. Troppo vicina. Praticamente a 5 metri dal pallone. Impossibile provare a calciare in quelle condizioni. I giocatori del Napoli fanno notare a più riprese all’arbitro che non c’è la distanza regolamentare tra palla e barriera juventina, ma Redini non ne vuole sapere. Si perde un minuto buono in chiacchiere e discussioni, finché Maradona non prende la parola e mette tutti d’accordo: “Non fa niente, tiro lo stesso. Tanto gli faccio gol comunque”. Pecci, miscredente, quella palla non gliela vorrebbe nemmeno toccare e continua a chiedere a Diego: “Ma come fai a calciare da qui? Come fai?”. Come? Ora ti faccio vedere io. Con una carezza. Diego fa due passi e sembra sfiorare appena la sfera. Sì, non la calcia, perché lui la palla non l’ha mai maltrattata: la coccola con l’interno del piede, dosando la forza, calcolando peso gravità pressione resistenza dell’aria e forse anche la temperatura. In pratica risolve in una frazione di secondo un’equazione senza aver mai aperto un libro di fisica in vita sua. La palla si alza, passa non si sa dove perché nel frattempo gli ultimi due uomini della barriera si sono anche staccati, arrivando praticamente a una spanna dallo scarpino di Diego, supera il muro bianconero posto a 5 metri e poi conclude la parabola scendendo in porta, appena sotto la traversa, nell’angolino che Tacconi pensava fosse impossibile da raggiungere. Ora possiamo dirlo: quel pomeriggio, al San Paolo, le leggi della fisica cessarono di esistere per qualche istante. Erano ferme anche loro, ad applaudire Maradona.