Ad ognuno il suo santo: strani "secondi nomi" nel mondo del calcio

Serie A

Vanni Spinella

DYBALA-3

Documenti alla mano, una simpatica rassegna alla scoperta dei secondi nomi, spesso sconosciuti, dei giocatori più famosi. Ce ne sono di improbabili, curiosi, ingombranti. E conoscete quelli di alcuni miti del passato?

Fuori i secondi. Inteso come i nomi, quelli che solitamente restano celati nelle carte d’identità, che si usano solo per firmare i documenti ufficiali, che conoscono al massimo mamma e papà. Quale migliore occasione del giorno di Ognissanti per svelarli, togliergli la polvere di dosso, restituire loro dignità. Procediamo per categorie?

Categoria “Ma dai!”

Possono piacere o meno, di sicuro sono particolari, inusuali. Per il fatto di venire dopo un nome molto classico, poi, fanno ancora più rumore. È il caso di Paolo Faragò del Cagliari, all’anagrafe Paolo Pancrazio; di Davide Brivio, o meglio, Davide Ernestino. Impareggiabile Francesco Cassata del Sassuolo. Si chiama Francesco D’Assisi Cassata: piuttosto impegnativo, no?

Un "santino" di Francesco D'Assisi Cassata, qui con la maglia dell'Under21

Categoria “Restiamo sul classico”

Senza considerare i brasiliani, che finiscono sempre per sintetizzare le loro lunghissime stringhe in un nomignolo, in proporzione sono comunque di più i giocatori stranieri ad avere un secondo nome, a volte anche un terzo, come Jordan Marcel Gilbert Veretout. Alcuni esempi, senza particolari lampi di fantasia: Adrian Marius Stoian, Marcus Christer Rohden, Santiago Juan Gentiletti, Stefan Daniel Radu, George Alexandru Puskas. “Classicissimo” all’italiana è Davide Marco Faraoni; e Marco, di secondo nome, fa anche Remo Freuler, che però è svizzero. E allora Marco van Basten?, direte voi. Intendete quel giocatore che nel Milan componeva il trio olandese assieme a Rudi Dil Gullit e Franklin Edmundo Rijkaard? Ma lui, all’anagrafe, si chiamava Marcel, non Marco.

Categoria “Buono a sapersi”

Abituati a chiamarlo Papu, rischiamo di dimenticare che il vero nome di Gomez è Alejandro. Se poi, magari nel corso di un’asta del fantacalcio, provate a chiamare “Alejandro Dario Gomez”, potreste anche assicurarvelo in sordina, tra i mormorii degli amici che si chiedono chi sia. Più difficile che il trucchetto riesca con Paulo Bruno Exequiel Dybala o Gonzalo Gerardo Higuain: il cognome li rende inconfondibili. Restando in tema di top-player, quanti di voi sapevano che il nome completo del “Maurito” più famoso della Serie A è Mauro Emanuel Icardi?

Allenamento dell'Argentina. Da sinistra a destra: Emiliano Ariel Rigoni, Paulo Bruno Exequiel Dybala, Mauro Emanuel Icardi, Dario Ismael Benedetto, Alejandro Dario Gomez

Categoria “Belli e bravi”

Solo due giocatori in questa speciale sezione, lo juventino Juan Guillermo Cuadrado e il napoletano José Maria Callejon. Niente di sconvolgente, ma nel loro caso a fare la differenza è il secondo cognome, che impreziosisce la carta d’identità. Juan Guillermo Bello Cuadrado, si legge su quella del primo; José Maria Bueno Callejon sull’altra. Come si può parlare male di due tipi così?

Categoria “Grandi nomi, sconosciuti secondi nomi”

Anche il suono di un nome ha la sua importanza. Alcuni sembrano fatti apposta per stare con quel cognome lì. La musicalità che sprigionano, in tani casi, contribuisce ad alimentarne il mito. Zinedine Zidane. Thierry Henry. Lothar Matthaus. David Bechkam. Franz Beckenbauer. Eric Cantona. Non suonano benissimo? Riuscite a cogliere le note? E non vi pare, addirittura, che rivelino lati del loro modo di essere? L’eleganza di Zinedine Zidane, la leggerezza di Thierry Henry, il carisma di Lothar Matthaus, e via dicendo. Ora provate a immaginare che calciatori sarebbero stati se si fossero chiamati con i loro (reali) secondi nomi. Yazid Zidane, Daniel Henry, Herbert Matthaus, Robert Joseph Beckham, Anton Beckenbauer, Daniel Pierre Cantona. Possiamo dirlo? Probabilmente meno forti.

E poi c’è il caso del più grande di tutti, che diventa musica proprio quando lo si chiama con entrambi i nomi. Dire Diego Maradona o Diego Armando Maradona non è la stessa cosa. Quell’Armando fa tutta la differenza del mondo, aggiunge mito al mito. Un’etichetta unica, che si legge tutta di fila. Nel suo caso, però, lui non festeggiava né San Diego né Sant’Armando, perché aveva un santo tutto suo. Santa Maradona.

Miti degli Anni Ottanta-Novanta: Herbert, Edmundo e Armando