Sarri si affida troppo spesso al suo undici collaudato: nell'ultimo periodo, i giocatori non hanno risposto bene al doppio impegno tra campionato e coppa. Allegri e Di Francesco invece cambiano spesso e la loro ricetta turnover funziona bene. Spalletti, senza impegni europei, non sente necessità di ricambi
“Siamo arrivati stanchi a questa partita, ci è mancata brillantezza”: con queste parole, Maurizio Sarri ha commentato lo 0-0 col Chievo Verona che ha ridotto ulteriormente le distanze tra il Napoli e le inseguitrici. Affermazioni che confermano un momento di flessione da parte degli azzurri, che risentono della necessità di certezze del proprio allenatore. Non è difficile, infatti, osservare come la capolista proponga quasi sempre gli stessi giocatori in campo, che se da un lato garantiscono combinazioni tecniche e tattiche di grande livello, talvolta possono risultare inefficaci contro squadre più toniche e muscolari. Sarri ha richiamato anche gli infortuni di Ghoulam e Milik, profili più funzionali da un punto di vista fisico, ma che non possono essere esimenti per una condizione atletica non ottimale, giunti a questo punto del campionato. Ovviamente, i problemi dal lungo termine dei due calciatori riducono ulteriormente lo spettro delle soluzioni per l’allenatore, che dovrà trovare soluzioni alternative se vuole assicurarsi sempre quella brillantezza a cui lo stesso faceva riferimento. Soprattutto in attacco, dove il disagio è più evidente. Il tridente composto da Mertens, Insigne e Callejon non ha mai saltato una partita, se non la prima di campionato dove Sarri ha scelto Milik (andato anche a segno) dal primo minuto. Il belga, in particolare, nelle ultime due partite ha calciato 10 volte ma soltanto in un’occasione il pallone è finito verso la porta. Insigne, pur essendo il giocatore del Napoli con più minuti in stagione (1.533’), è l’unico che in rapporto al rendimento regge meglio all’impiego reiterato dell’allenatore.
Questione di turnover
Andando ad approfondire il tema turnover, confrontandolo con Juventus e Roma, che come il Napoli sono impegnate in Champions League, ecco che tutto sembra quadrare. Sarri difficilmente supera due cambi rispetto alla partita precedente, e spesso vengono operati a centrocampo, dove ha in Zielinski e Diawara le alternative più affidabili. Finché l’ha avuto a disposizione, è stato impiegato anche Milik. Di fatto, dopo le due sconfitte col City sono arrivati due pareggi: uno più logico, con l’Inter; l’altro meno atteso, col Chievo. Una tendenza negativa, dunque, da sovvertire per tenere vive le ambizioni scudetto. Considerando inoltre che salvo clamorosi ribaltoni, il Napoli continuerà ad avere un impegno europeo per i prossimi mesi, che sia in Champions o in Europa League. Allegri, ad esempio, cambia sempre almeno quattro uomini dopo le gare europee, e ha ottenuto tre vittorie e un pari in campionato (con l’Atalanta, dove ha cambiò sei uomini). Di Francesco, invece, oscilla sempre tra i quattro o cinque cambi a partita, e ha funzionato: la Roma ha sempre vinto dopo la Champions, in cui è prima nel girone, contro avversari nemmeno troppo facili e quasi sempre in trasferta (Verona in casa poi Milan, Torino e Fiorentina fuori).
I minutaggi
Nello specifico, si nota come gli undici titolari del Napoli abbiano tutti giocato oltre mille minuti in stagione. Si va dai 1.076 di Allan ai 1.533 di Insigne, con Reina e Koulibaly a 1.530. Seguono poi Callejon (1.486), Ghoulam (1.468) e Mertens (1.461). Tra le riserve, come detto, solo Zielinski e Diawara superano i cinquecento minuti in campo, con Giaccherini, Ounas e Mario Rui i meno utilizzati, oltre a Sepe. Gli highlander di casa Juve sono Dybala (1.359’) e Higuain (1.355’), mentre gli altri titolari non arrivano a 1.200 minuti giocati. In particolare, si evidenzia come in difesa e a centrocampo siano state eseguite molte rotazioni, che permettono a Rugani (810’) di avere quasi gli stessi minuti di Barzagli (769’), così come Pjanic (1.027’) e Matuidi (900’) possono contare sul ricambio di Khedira (620’), Bentancur (519’), Sturaro (397’) e anche Marchisio (166’). I bianconeri cambiano meno in attacco, dove la prima alternativa è Douglas Costa, con 666 minuti giocati, a fronte dei 1000 minuti di Cuadrado e dei 1163 di Mandzukic; in tal senso, va considerato anche l’atteso rientro di Pjaca, che costituirà insieme a Bernardeschi un’ulteriore alternativa. La Roma esalta il concetto di turnover, avendo soltanto quattro titolari (Alisson, Kolarov, Nainggolan e Dzeko) oltre i mille minuti in campo, nonostante i problemi legati agli infortuni di Schick, Karsdorp ed Emerson. Il portiere brasiliano le ha giocate tutte (1.350’), come Dzeko, a cui però sono stati risparmiati venti minuti. I gregari dalla panchina sono Florenzi, Bruno Peres e Pellegrini, entrambi sopra i 650 minuti in campo. L’Inter, di rimando, evita troppi cambiamenti: Spalletti ha trovato l’assetto maggiormente produttivo e non intende abbandonarlo. Per questo, tra i nerazzurri vi sono casi di giocatori che non solo le hanno giocate tutte, ma non sono stati nemmeno mai sostituiti: Handanovic, Skriniar, Miranda e Perisic, tutti con 1.080’. La riserva più utilizzata è Joao Mario, con soli 359 minuti di gioco, mentre a D’Ambrosio (1.075) e Icardi (1.064), l’allenatore ha voluto evitare qualche minuto di troppo. Un lusso che la mancanza di coppe europee permette con risultati soddisfacenti.