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La Samp, il Napoli, l'incidente. Fabio Quagliarella a 360 gradi: "Gigi stavolta al Marassi ti abbraccio io"

Serie A

L'attaccante della Samp si è raccontato in una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport a poche ore dalla partita contro la sua ex Juve. 

LE PARTITE DELLA 13^ DI SERIE A E LA CLASSIFICA 

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Ha raccontato tutta la sua vita in un'intervista inedita alla Gazzetta dello Sport. È un libro aperto, Fabio Quagliarella. Lo fa a poche ore dalla sfida contro i suoi ex: quella Juve che gli ha fatto vincere 3 campionati e 2 supercoppe italiane, la squadra del capitano e amico Gianluigi Buffon. "Quagliaré, tu si 'o cchiù forte, mi diceva sempre Gigi in napoletano. Lo abbraccerò e cercherò di trasmettergli quello che ho provato lunedì quando dopo la Svezia ha fatto quell'intervista in lacrime. E gli dirò grazie per quanto ha fatto per il calcio italiano". Anche con un gol, Quagliarella non esulterebbe mai contro la Juve, come ha fatto sempre contro le squadre del suo passato: "Non scanso l'abbraccio dei miei compagni, saluto i miei tifosi, ma è come se dicessi agli altri 'Con voi sono stato bene, e non dimentico': tutti abbiamo un lato romantico, ma non dirò mai che chi esulta manca di rispetto". I bianconeri l'hanno sempre apprezzato e gli hanno sempre voluto bene: "Ancora non dimentico l'applauso dello Stadium quando giocai lì il derby con la maglia granata". Come Fabio non dimentica l'esclusione dalla lista Europa League: "A gennaio, a due giorni dalla fine del mercato, dissi 'Io non mi muovo'. E Conte: 'Allora sei l'ultimo degli attaccanti'. Non lo meritavo". 

Da Ferrero a Giampaolo fino a Mourinho

Già 7 gol in 11 partite per l'attaccante blucerchiato, il ritorno alla Sampdoria nel 2016 era destino: "Nel 2007 mi avevano perso alle buste ai danni del Torino, poi i casini con i granata per una mancata esultanza. Se sono qui è grazie a Ferrero, mi disse 'Fidati, vieni', non era la Samp di oggi, ma credo al coraggio di fare certe scelte e alla sorte". Un grazie anche all'allenatore del 1° e del 100° gol in carriera, quel Marco Giampaolo attualmente con lui alla Samp: "Dodici anni fa ad Ascoli ci faceva giocare con un 4-4-2 classico così le punte erano massacrate di lavoro per far entrare gli esterni, rigorosamente a piedi invertiti. Ora ho capito che è meno integralista, bravo a capire i movimenti, a togliere la pressione. E punta più sulla qualità". Da un allenatore ad un altro, l'uomo dei record che lo ha sempre apprezzato, lo Special One José Mourinho: "La cosa che mi fa impazzire di lui - dice Quagliarella - è che ti chiama per nome, quasi un suo amico. La prima volta fu a Udine, ero fuori dallo spogliatoio dell'Inter per scambiare una maglia e mi disse 'Vieni dentro Fabio. Anzi, sali sul pullman con noi che ti porto a Milano'. Poi questa estate in Samp-United a Dublino, mi stava aspettando nel tunnel: 'Dov'è Fabio Quagliarella?', poi mi ha abbracciato e fatto un sacco di feste. Lui a me: 'Fa ridere, no?'". 

Il Napoli, la sua casa, e quel poliziotto...

Quagliarella nasce e cresce a pochi passi dal Vesuvio, all'Annunziatella di Castellammare di Stabia: "Nel quartiere squillavo di continuo i citofoni delle altre case. Poi facevo il giro degli amici per farli scendere e giocare. Giocavamo in un parco, il Nuovo Tetto, dove però non c'era un vero campo. Così capitava rompessi lampioni a ripetizione. Ed ecco che il citofono di casa nostra suonava a ripetizione". L'esordio in A con l'Ascoli, poi Samp e Udinese. Nel 2009 il ritorno a casa sua. Quel Napoli che ha sempre avuto nel cuore, un paradiso rovinato per colpa di un poliziotto, Raffaele Piccolo. Prima un amico, poi stalker che rovinò la sua vita per più di 6 anni, minacciando lui e la sua famiglia e costringendo ad abbandonare la sua terra: "I danni che ci ha fatto non li cancella nessuno. Se domani dovesse venire da me e chiedermi scusa, non me ne potrebbe fregare di meno. Se l'è cercata e voluta, è giusto che paghi. Neanche un giorno né in carcere né ai domicialiari: un'infamata. Per questo non si pentirà mai davvero: lui continua a passeggiare per strada come se nulla avesse fatto, è stato trasferito ma continua a lavorare. Una presa in giro". Così nell'agosto 2010 il passaggio 'forzato' alla Juventus. Un trasferimento mai perdonato dai tifosi napoletani, fino a quando si venne a conoscere i fatti accaduti con Piccolo. Fabio fu perdonato da tutta Napoli e dai suoi ex tifosi, che al suo ritorno al San Paolo, la passata stagione, gli hanno dedicato uno striscione commovente: 'Nell'inferno in cui hai vissuto.... enorme dignità. Ci riabbracceremo Fabio, figlio di questa città'. L'attaccande ha così detto: "Non avrei mai immaginato una cosa così. È come se la maglia l'avessi già rimessa: è stato il mio, il loro, gol più bello. Rimettere la casacca per davvero? Essere accostato al Napoli è un piacere ma il progetto mi pare proiettato al futuro, io invece vivo al presente e il mio presente si chiama Samp". Il Napoli, per lui come per tanti, era di Maradona: "Anche se stava fermo per 90 minuti per noi aveva fatto una grande partita". Il Napoli, infine, delle sue passioni più grandi: la moto d'acqua e la batteria. "Se il mare è piatto esco alle 8 del mattino - dice l'attaccante -, vado al largo e spengo il motore. Sono solo io, a sinistra vedo il Vesuvio, a destra la costiera e alle spalle Capri. Lo strumento musicale? Suonarlo è una parola grossa, è una fissa che avevo e ho deciso di prendere lezioni. Mi piace guardare chi suona, penso a Tullio de Piscopo. Un assolo di batteria è talento e istinto puro. Un po' come un mio tiro in porta all'improvviso".

La Nazionale, il miracolo e l'indimenticato amico Niccolò Galli

Ultimo di quattro fratelli, durante la sua infanzia Quagliarella poteva rimanere vittima di un brutto incidente: "Da piccolo non mangiavo, non dormivo, piangevo per ore. Ci provavano Gennaro e Tina, i fratelli più grandi, e si addormentavano loro. Così mamma non poteva lasciarmi un attimo solo, e meno male: dopo il terremoto facevano siringhe di cemento ai muri per rinforzarli, un giorno esagerarono e mia madre mi trovò nella culla piena di malta. Un'altro minuto e sarei stato sepolto". Poi il 27, un numero dedicato all'amico Niccolò Galli, compagno della Nazionale giovanile morto a 17 anni per un incidente stradale: "Me lo ricordo a Parma, l'ultima volta che l'ho visto fu a Bari, in Under 17. Il suo 27 lo presi nella prima esperienza alla Samp, la prima volta che fu possibile e lo trovai libero. Mi telefonò suo padre: 'Lo sai che è il numero di Niccolò, vero?'. Io risposi di sì, e che speravo di portarlo per sempre. Ho mantenuto la promessa tranne per un anno alla Juve, perché Krasic arrivò un giorno prima di me". Ultima ma non ultima, la Nazionale italiana. Quagliarella ricorda ancora l'esordio amaro al Mondiale 2010 in Sudafrica. L'attaccante giocò la terza e ultima partita contro la Slovacchia, segnò il gol del 2-3 che però non valse la qualificazione: "Lippi venne messo al patibolo e da quel giorno ci fu il tormentone 'Quagliarella doveva giocare di più'. Marcello fece capire di essere pentito ma io per lui provo solo gratitudine: mi ha fatto vivere un Mondiale e quello resta. Ancora ricordo la mia prima volta: io di solito non sono mai timido, ma a stare vicino a tutti quei campioni del mondo ero imbarazzato e facevo fatica a parlare. Oggi ci ho messo una pietra sopra? Non io, e non sta a me toglierla".