Il fantasista del Bologna continua ad aumentare la sua influenza sulla squadra di Donadoni, mostrando un talento unico, che tornerà utile anche in Nazionale
Il Bologna in questo momento si trova all’ottavo posto del campionato, una comoda mezza classifica con vista Europa. Ha gli stessi punti del Milan dei grandi investimenti ed è sopra squadre teoricamente più grandi o comunque più quotate come Atalanta, Fiorentina e Torino. Quella di Donadoni è una squadra organizzata e attenta in fase difensiva, con un centrocampo atleticamente di livello e che punta su transizioni veloci. In questo sistema ci sono comunque delle individualità che riescono a spiccare. La più luminosa di queste è quella di Simone Verdi, il cui impatto sul nostro campionato sembra in continua crescita.
Verdi già lo scorso anno si era preso il ruolo - inaspettato a quel punto della sua carriera - di leader tecnico del Bologna, prima che un infortunio al piede non lo fermasse proprio sul più bello. Nel finale della scorsa stagione non ha poi offerto prestazioni dello stesso livello, ma ha preso la rincorsa per questo 2017/18, dove si sta definitivamente affermando come uno dei talenti italiani più originali.
Per dare un’istantanea del gioco di Verdi basta prendere una normale azione contro l’Hellas Verona, una settimana fa. Alla mezzora di gioco riceve una verticalizzazione all’altezza della linea di centrocampo, la controlla con un tocco di prima di interno sinistro con cui alza la palla sopra la testa di un avversario, trovando Destro pochi metri più avanti. Quando Destro gli ridà la palla di tacco allora Verdi, con un solo movimento, stoppa con il piatto destro e lancia in diagonale per la fascia opposta con il sinistro. Appena partito il lancio scatta in verticale per farsi trovare poi in area sul secondo palo. La palla non gli arriverà mai ma l’idea che Verdi sia fonte primaria dell’azione e poi definitore della stessa la dice lunga sulla sua influenza sul gioco del Bologna. Un altro esempio è il gol segnato contro la Sampdoria. L’azione si sviluppa sul lato forte del Bologna - che è quasi sempre quello di Verdi - e si sviluppa dal lato opposto con il tiro di Destro, che porta alla respinta corta del portiere e al tap-in di Verdi. Nelle ultime tre partite dai piedi di Verdi sono arrivati 3 gol e 3 assist.
Verdi sta raggiungendo la propria maturità calcistica all’interno di una squadra che, con il suo contesto tattico, ne sta anche indirizzando lo sviluppo. Il Bologna gli chiede di prendersi il pallone molto indietro perché è una squadra che difende con un baricentro basso. Verdi deve stoppare spesso palloni difficili, proteggerli dalla pressione avversaria, magari saltare l’uomo, e da lì far iniziare realmente la manovra offensiva del Bologna. Il controllo del pallone, sia nello stop che nel dribbling, è ottimo. Verdi non è un giocatore particolarmente esplosivo ma la sensibilità tecnica e il baricentro basso gli permettono di rubare spesso il tempo agli avversari.
La peculiarità di Verdi, però, è soprattutto la capacità di arricchire questo tipo di caratteristiche - in fondo normali per un’ala - con un ottimo gioco spalle alla porta, inusuale invece per un giocatore della sua taglia. In conduzione non è certo un dribblomane ma il controllo del pallone lo porta a poter trovare spazio per servire un compagno se sotto pressione o a subire fallo se riceve un contrasto, così da far respirare e salire la squadra.
Le migliori partite però Verdi le ha giocate quando ha potuto ricevere nello spazio di mezzo di destra più che arretrato sulla fascia, come successo contro l’Inter, forse la prestazione di più alto livello finora in stagione, soprattutto perché arrivata contro un avversario di spessore. Più riceve largo ed arretrato e meno può incidere vicino alla porta.
Il Bologna lo lascia spesso in isolamento, distante dall’area, ed è una cornice tattica che lo porta a tirare troppo da fuori, anche quando è molto difficile creare dei problemi ai portieri avversari. Verdi ha una media di appena 2 tocchi in area per 90’: dei suoi 3.3 tiri per 90’ ben 2.3 arrivano da fuori area. Quando rientra verso il centro del campo difficilmente riesce a trovare un appoggio per costruire un triangolo ed entrare in area di rigore, e a allora quel punto preferisce calciare non appena vede lo specchio da venti metri, soprattutto quando è in corsa. Nonostante la sua grande tecnica di tiro con entrambi i piedi - e Verdi può tirare davvero in tutti i modi - deve limitare questo aspetto del suo gioco.
Angelo Antenucci, vice di Mihajlovic quando allenava il Torino e Verdi era nelle giovanili, ha dato forse la migliore descrizione dell’ambidestrismo di Verdi quando al suo arrivo a Bologna l’ha descritto così: «Verdi è sempre equilibrato sulle due gambe, ha ottimi appoggi, noi addetti ai lavori diciamo che appoggia sempre sulla bisettrice della palla, blocca perfettamente anca, ginocchia e caviglia, inclina il busto in avanti. Insomma, meccanicamente è perfetto» una descrizione che si cuce bene su un giocatore che quest’anno ha realizzato una doppietta su calcio di punizione usando due piedi diversi. Unico caso nella storia del nostro campionato. Quello dell’ambidestrìa è un aspetto su cui si insiste molto, e giustamente, quando si parla di Verdi, ma rischia di oscurare altre parti, altrettanto ricche, del suo gioco. Dato il contesto tattico difficile, forse in questo momento sta persino sfruttando solo una parte delle sue qualità.
Con 2.28 xG prodotti Verdi è il giocatore che ha creato di più per la sua squadra, anche se rimane solo il 27esimo giocatore in Serie A. Del resto il Bologna ha un disperato bisogno di Verdi lontano dall’area visto che è l’unico in grado di accendere la luce in una squadra piuttosto arida offensivamente: con solo 9.83 xG è i “felsinei” sono la terza peggiore produzione offensiva del campionato. Paradossalmente, in questo contesto, Verdi è chiamato a fare addirittura di più. La squadra, più che altro, dovrebbe metterlo nelle condizioni di migliorare la qualità delle sue conclusioni.
Torna però il famoso discorso della coperta corta. Verdi deve toccare più palloni in area ma al contempo la squadra non può prescindere da lui per cucire il gioco, soprattutto dal momento che non ci sono veri e propri registi, né mezzali di possesso.
Esclusi i calci piazzati, Verdi ha messo il compagno in condizione di tirare 13 volte, se aggiungiamo i calci piazzati si arriva a 21 totali. Da questi numeri sono però usciti fuori appena 4 assist. Quando Verdi è in transizione offensiva non ha molte opzioni: la mezzala e il terzino destro vicini, e solo la prima punta e l’ala opposta che ricercano la profondità. Con così poche linee di passaggio è difficile che emerga il suo talento associativo. La combinazione offensiva più battuta dal Bologna è allora il cambio di fascia di Verdi da destra a sinistra in diagonale.
Una situazione che ci ha abituato ai suoi bellissimi lanci e cross, ma che invece lo porta di rado a rifinire l’ultimo passaggio nel breve, dove peraltro è meno creativo. È difficile però dire se questo sia un suo limite tecnico o una situazione generata dal contesto tattico sfavorevole. Il fatto che il Bologna vuole attaccare in un campo grande esalta il suo gioco lungo e non ci fa capire del tutto i valori delle sue rifiniture corte sulla trequarti.
In questa stagione Donadoni lo preferisce a destra forse perché in questo modo riesce a coprire le lacune tecniche di una catena di destra e più in generale di un centrocampo più atletico che tecnico. Verdi però ha giocato anche a sinistra tridente contro il Napoli e contro il Genoa, addirittura davanti in coppia con Palacio contro il Sassuolo. In carriera ha giocato anche sia in mezzo al campo come trequartista nell’Empoli e nell’Eibar, che relegato a toccare la linea laterale nelle giovanili del Torino; Castori, quando lo ha allenato nei mesi a Carpi, lo vedeva anche seconda punta. Le caratteristiche tecniche di Verdi lo rendono un giocatore completamente malleabile. Pur senza le illuminazioni di Insigne, Verdi è un talento unico, estremamente disciplinato a livello tattico, che in campo può fare più o meno tutto quello di cui ha bisogno la sua squadra.
La sua comprensione del gioco senza palla sembra migliorare di giorno in giorno. Forse merito del lavoro di Donadoni, forse semplicemente per motivazioni dello stesso Verdi che sembra il primo critico di sé stesso: «Ho cercato di dare una mano anche in fase difensiva e ne sono felice, ultimamente questo mi era un po’ mancato. La continuità si trova quando durante la settimana ci si allena al massimo e si crea competitività sana dentro al gruppo» ha dichiarato dopo la partita contro la Samp. In questa stagione è effettivamente aumentata la sua capacità di lettura difensiva, che lo porta ad intercettare più palloni di quanto fatto prima (1.5 palloni intercettati per 90’, contro gli 0.6 dello scorso anno in un contesto simile) pur mantenendo un numero simile di contrasti tentati (2 per 90’ quest’anno, contro 2.3 della scorsa stagione).
Il Bologna è una squadra ordinata e atletica, ma grazie a Verdi moltiplica l’efficacia delle poche armi offensive a disposizione. Solo che a 25 anni per Verdi questo è già il momento di una scelta importante, soprattutto ora che la vetrina di un Mondiale è andata via. Il più forte giocatore del Bologna deve scegliere ora se essere un giocatore di culto di una media della Serie A, così da cementificare il suo posto nella storia della sua squadra, oppure provare il grande salto verso un contesto superiore, per capire anche se il suo gioco può realmente adattarsi a qualunque contesto - come in questo momento sembra - e migliorare così il suo calcio. Come primo passo, intanto, Verdi dovrebbe riuscire a ritagliarsi un suo spazio importante con il nuovo ciclo della Nazionale. Nonostante la grande concorrenza, pochi giocatori sanno fare così tante cose con così tanta qualità.