Dal diverso utilizzo dei trequartisti da parte di Inzaghi e Giampaolo all'esordio di Gattuso contro il Benevento, fino ad arrivare al nuovo Sassuolo di Iachini: tutto ciò che non dovete perdervi in questo weekend di campionato
Come usano il trequartista Inzaghi e Giampaolo
Lazio e Sampdoria sono due delle squadre più brillanti della Serie A, soprattutto a livello tattico. Arrivano alla sfida di domenica dopo un passo falso: una brutta sconfitta a Bologna per la Sampdoria, e un pareggio all’ultimo minuto in casa contro la Fiorentina per la Lazio. Proprio dal loro confronto una delle due potrebbe rilanciarsi per fare la corsa sulle prime quattro oppure staccarsi definitivamente.
Sia Inzaghi che Giampaolo giocano col trequartista, eppure lo usano in maniera molto diversa.
Inzaghi usa Luis Alberto come primo perno centrale del gioco della sua squadra. Quasi tutte le azioni offensive della Lazio passano per i suoi piedi e non stupisce che sia il migliore per assist in serie A (6) - anche grazie alla sua capacità nel calciare da fermo, dove la Lazio è la squadra che segna di più in Serie A - che per passaggi chiave, 2.9 per novanta minuti. Le sue caratteristiche lo rendono perfetto per il sistema della Lazio: dalla trequarti con la sua capacità di verticalizzare il gioco può servire i movimenti di Immobile, ma la sua tecnica gli permette anche di associarsi negli spazi stretti con Milinkovic-Savic. Luis Alberto è bravo a non offrire mai punti di riferimento agli avversari, trovando sempre lo spazio per ricevere e girarsi fronte alla porta.
Qui Luis Alberto si è spostato sulla zona sinistra del campo per ricevere il passaggio di De Vrij tra le linee. Subito dopo aver ricevuto si gira e serve il taglio di Immobile alle spalle della difesa. L’attaccante italiano salterà il portiere, ma poi concluderà sul palo
Giampaolo invece non usa il trequartista per risalire il campo come Inzaghi, ma principalmente come un giocatore in grado di dare opzioni di passaggio con i suoi tagli dall’interno verso l’esterno. Per Giampaolo il trequartista non è il fulcro del gioco, ma uno dei giocatori predisposti a creare rombi di costruzione. Tutti i componenti del centrocampo della Sampdoria hanno un passato da trequartista e tutti sono coinvolti nella manovra offensiva. Giampaolo usa Gastón Ramírez in quel ruolo proprio perché ad una visione di gioco non comune abbina grandi doti atletiche e fisiche (è alto 183 cm e pesa quasi 80 chili). Nelle diverse fasi della partita l’uruguaiano può andare ad occupare gli spazi lasciati liberi da Quagliarella, che spesso scende tra le linee, funzionando da attaccante, oppure può allargarsi sulla fascia e diventare un esterno.
Quagliarella si sposta verso l’esterno e Ramirez va ad occuparne il posto al centro dell’attacco per creare il rombo di costruzione. Qui riceverà palla spalle alla porta, che grazie al fisico riesce a difendere e girarsi per servire dall’altra parte il taglio di Caprari davanti al portiere
Difficile dire chi sarà più decisivo dei due: Luis Alberto può risultare devastante negli spazi lasciati dalla Sampdoria in transizione; Ramírez invece può dare fastidio alla Lazio nelle ricezioni ai fianchi di Lucas Leiva. La Sampdoria in casa sembra un’altra squadra, ma la Lazio sembra più forte: vedremo chi la spunterà e qualche trequartista giocherà meglio.
Benevento - Milan, De Zerbi vs Gattuso, una partita stranissima
Il match del Vigorito sarà la partita più bizzarra della Serie A 2017/18 fino ad ora, per tanti motivi.
1. Il Milan ha esonerato Montella per Gattuso, che da allenatore non ha un curriculum scintillante: dopo aver ricoperto il ruolo inusuale di giocatore-allenatore per gli Svizzeri del Sion, è stato esonero dal suo ruolo manageriale; l’anno dopo arriva al Palermo di Zamparini.
Dopo un mese e mezzo di campionato viene esonerato. Il giugno successivo finisce all’OFI Creta, prova a dimettersi a ottobre, resta dopo le insistenze societarie ma per dimettersi a fine dicembre. Arriva al Pisa, lo porta in serie B dopo i Play-off della Lega Pro, fa un anno di serie cadetta con la società pesantemente inadempiente, riaccompagnando i toscani nella lega inferiore in una situazione difficile, vincendo il rispetto di locali e avversari. Ingaggiato nella primavera del Milan, ci resta solo sei mesi, richiamato ad allenare la prima squadra.
2. Il Milan ha uno strano trascorso con i suoi ultimi allenatori: Allegri viene esonerato nel 2014, al suo posto ad interim viene scelto un ex giocatore, Tassotti, poi Clarence Seedorf, poi Inzaghi. Nel 2015 arriva Mihajlovic, ex allenatore della Sampdoria, ma perde con l’ex Allegri: viene esonerato. La panchina passa ad un altro ex giocatore, Brocchi; la stagione successiva subentra Montella, ex allenatore della Sampdoria, ma pareggia con Mihajlovic, a sua volta ex manager del Milan: esonerato. Panchina ad ex giocatore, Gattuso. Seguendo il pattern potremmo predire che l’anno prossimo arriverà Giampaolo, ex allenatore della Sampdoria, e dopo un risultato negativo contro Montella verrà esonerato. Ma, a questo punto, speriamo l’anno prossimo arrivi Allegri, così da creare un wormhole di allenatori ed ex giocatori da capogiro, che però magari crei energia pulita.
3. L’ultima volta che De Zerbi e Gattuso si sono visti era un Foggia–Pisa, finita quasi alle mani. Entrambi giocatori e poi allenatori sanguigni, si erano incontrati nei playoff della Lega Pro prima in Toscana e poi in Puglia, in una situazione abbastanza carica che nessuno dei due ha voluto stemperare. L’ex Milan, dopo essersi preso in testa una bottiglia vuota, fa un po’ la scena e De Zerbi lo accusa di simulare, così i due in una girandola di confusione generale tra invasioni di campo e mezze risse rischiano di arrivare all’alterco fisico, e di sicuro non si dicono belle parole.
4. Il Benevento è ancora alla ricerca del suo primo punto in questa Serie A. Se da una parte possiamo dire che De Zerbi sarà ancora più motivato da questi precedenti, dalla situazione incerta a casa Milan, dal tifo del Vigorito, dall’altra ci chiediamo, in caso di esito negativo: quando sarà lecito per il Benevento smettere di inseguire i punti, e invece pensare a rinforzare il proprio record negativo? Quante altre partite mancano? Il Benevento può essere la prima squadra di calcio al mondo che, oltre a non fare mai punti, fa tanking?
5. Nell’ora di conferenza stampa il microfono di Mirabelli è sempre tarato ad un volume troppo alto, e si sente il respiro forte del dirigente del Milan che sembra sospirare ad ogni frase di Gattuso, creando un effetto tragicomico non voluto. Gattuso comunque resta sempre carismatico, si schernisce e non si esalta.
6. Sempre in conferenza stampa, Gattuso ci ha tenuto spesso a ricordare che non è uno sprovveduto, un esordiente, e che sì ok, grinta e personalità, però anche patentino e preparare le partite. Preparare il match contro il Benevento vuol dire dover fronteggiare il gioco di palleggio di De Zerbi che si affida molto alla linea mediana con la difesa a 4 e prova la costruzione bassa con la difesa a 3. In conferenza “Ringhio” ha parlato di alcuni suoi concetti di base, e la possibilità di ampliarli e modificarne i terminali offensivi. Il nuovo tecnico rossonero intende giocare con un 3-4-variabile, a seconda della squadra che si trova di fronte, con una forma di rispetto-per-tutti molto gattusiana, che dice che giocherà al Vigorito come se fosse “la finale di Coppa del Mondo”.
Mirabelli ascolta Gattuso dire «In difesa giocheremo a tre […] Davanti dipende. Due mezze punte, due attaccanti, una mezza punta, oppure 4-3-3»
7. De Zerbi si troverà davanti un Milan già quest’anno privo di dogmi (nel bene e nel male), e sarà ancora più spinto a proseguire la sua idea tattica e mentale. Il suo fraseggio stretto, la grande importanza data agli esterni. La speranza è che, per una volta, la squadra avversaria possa beccarsi quella dose di sfortuna che ha portato le “Streghe” a non fare punti spesso di misura, o in piena zona Cesarini, o entrambe, anche perché quando il Benevento gioca a viso aperto il suo calcio è più interessante e propositivo di quando si sente perseguitato.
8. Nella sua prima sessione di allenamento, Gattuso ha spesso indicato cose.
Le individualità di Bologna - Cagliari
Bologna e Cagliari stanno ottenendo i loro risultati - buoni per i sardi, ottimi per gli emiliani - grazie a un calcio molto atletico e organizzato difensivamente. Ma anche grazie ad alcune individualità che stanno riuscendo a spiccare.
Donadoni difende con un baricentro abbastanza basso e si affida molto alla capacità individuale dei giocatori di risalire il campo, con lanci lunghi o conduzioni palla al piede. In questo il talento di Simone Verdi è fondamentale, sia per guidare le transizioni in conduzione che per cercare i compagni che si lanciano in profondità. Primo fra tutti Palacio, che a 35 anni sta giocando una stagione di grande livello, anche dal punto di vista fisico. Il Bologna è una delle squadre che lancia di più lungo in Serie A, e Palacio è quindi uno dei giocatori più sollecitato nei duelli aerei, nonostante non sia altissimo. La sua reattività e l’intelligenza nei tagli e nei movimenti è però oro colato per la squadra di Donadoni. La duttilità del “Trenza” gli ha permesso di tornare utile anche da ala destra, ora che Federico Di Francesco è infortunato, lasciando spazio a Destro come prima punta.
I sardi vengono invece da due prestazioni molto diverse fra loro. Sabato scorso il Cagliari ha tenuto testa e anche messo in difficoltà l’Inter di Spalletti. Per i primi 30 minuti di fuoco grazie ad un pressing asfissiante, ad una fascia destra che non lasciava nessun punto di riferimento (quella sinistra un po’ più “normale”, ma con la presenza di Padoin) e ad un’organizzazione generale stretta e intensa hanno dato l’impressione di poter fare il colpaccio alla Sardegna Arena. Prima del gol di Icardi in pratica, i sardi avevano fatto 8 tiri contro 2, più possesso, più contrasti, più calci d’angolo, e tanti recuperi nella trequarti avversaria. Solo un paio di parate clamorose di Handanovic hanno tenuto l’Inter a galla, e il capitano Icardi poi ha pensato a ridare la rotta all’imbarcazione nerazzurra.
Pochi giorni dopo però il Cagliari ha fatto una figuraccia in casa contro il Pordenone, e domenica è chiamato a una reazione. Così come il Bologna, ha una squadra migliore di altre squadre della parte sinistra della classifica.
Pavoletti era il fiore all’occhiello della campagna acquisti dei sardi ma finora non ha reso secondo le aspettative. Ciò non toglie che la sua influenza sul gioco del Cagliari sembra crescere di partita in partita, soprattutto come riferimento per i palloni alti. Pavoletti è finora assoluto dominatore dei duelli aerei in Serie A (5.8 a partita, praticamente uno coi trampoli).
Oltre a Pavoletti, i giocatori più in forma sono Faragò e Barella, con Romagna dietro a completare in copertura un lato destro brillante e giovane (un 93’ e due ‘97). Tutti e tre sono giocatori che fanno dell’agonismo e dell’intensità fisica la propria forza. Faragò ha un passato da trequartista e da quando è arrivato Lopez si sta reinventando come laterale a tutta fascia, dove riesce a offrire un contributo offensivo continuo, che ovviamente si sposa bene con la capacità di Pavoletti di attaccare l’area con i cross. Faragò ha già servito 3 assist a Pavoletti dall’inizio della stagione.
La fascia di destra del Cagliari, con le uscite e i triangoli tra Barella, Faragò e un trequartista, è estremamente coordinata e potrebbe risultare decisiva anche nella partita contro il Bologna.
Come giocherà il Sassuolo di Beppe Iachini
Quando il Sassuolo ha scelto Bucchi come successore di Di Francesco ha cercato di dare continuità al progetto societario in cui valorizzazione dei giovani ed un gioco strutturato secondo i principî del 4-3-3 andavano di pari passo. Alla prima esperienza in Serie A, Bucchi non è però mai riuscito a dare una vera identità al Sassuolo finendo esonerato dopo la sconfitta col Verona con appena 11 punti conquistati e soprattutto solo 8 gol segnati, secondo peggior attacco dopo il Benevento. Scegliendo di affidare la panchina a Beppe Iachini e al suo cappellino da baseball, la società fa una sostanziale marcia indietro: basta giovani allenatori fedeli al progetto, avanti con un allenatore con esperienza nel gestire una rosa il cui obiettivo è la salvezza.
Nella prima partita giocata da Iachini, contro il Bari in Coppa Italia, il tecnico marchigiano non ha snaturato la squadra: ha mantenuto il modulo e fatto giocare molti dei titolari. Ma manterrà lo stesso assetto anche a Firenze? Nella conferenza stampa di presentazione Iachini aveva parlato proprio delle prime due partite che lo aspettavano, e del poco tempo per preparale: «Quella col Bari e poi la partita di Firenze mi diranno dove focalizzare meglio il mio lavoro, anche se poi delle idee le ho, ma il campo può dare altre risposte» ed è quindi plausibile che anche con la Fiorentina continuerà con questo modulo, ma in futuro potrebbero vedersi dei cambiamenti.
Iachini non è un integralista, nelle sue diverse esperienze ha giocato con diversi moduli, 4-3-1-2 e 3-5-2 i preferiti, sempre in base al materiale a disposizione. «Ho giocato con diversi moduli, contano come la squadra attacca, l'intensità che ha, l'equilibrio, le distanze tra i reparti, la compattezza. Lavoreremo su questo e ci creeremo anche delle varianti, perché a volte il campo dà risposte diverse da quelle che si pensava. Ad oggi l'idea è dare continuità a quanto fatto fino ad oggi».
Un cambio di formazione potrebbe insomma richiedere del tempo: il Sassuolo gioca con il 4-3-3 ininterrottamente da cinque anni e ai giocatori servirà tempo per assimilare concetti diversi, come un’eventuale difesa a tre. Eppure, viste le difficoltà di gioco e la perdita di alcuni elementi molto funzionali a questo modulo (Pellegrini e Defrel su tutti), è possibile aspettarci un cambio, se non nella partita contro la Fiorentina, in un prossimo futuro. Dopo tutto Iachini è chiamato a far rendere al meglio una formazione migliore di quello che non dica la classifica e una scossa tattica potrebbe essere utile.
Con il 3-5-2, ad esempio, verrebbe valorizzata la capacità di spinta di Lirola e Adjapong, due giovani di prospettiva, e dare un partner in attacco a Falcinelli, che non sembra trovarsi a suo agio come unica punta. Se invece dovesse scegliere di passare al 4-3-1-2, per non toccare i movimenti della difesa a 4, sarà curioso vedere come renderà Berardi nel ruolo di vertice alto del rombo. Una posizione che potrebbe rilanciare un giocatore che sembra ormai in caduta libera, ad appena 23 anni.
Inter-Chievo: una partita tra due squadre poco amate
Inter e Chievo sono due squadre spesso tacciate di avere un gioco non divertente: se il Chievo ha una tradizione da capro espiatorio in questo senso, per l’Inter quest’anno è una sensazione nuova, con la squadra accusata inizialmente di essere solo fortunata e adesso al massimo cinica.
In entrambi i casi, parliamo di retorica di scarso valore, e anzi Inter e Chievo sono due delle squadre tatticamente più preparate del campionato, forse le migliori nell’utilizzo dei giocatori a disposizione per arrivare alla vittoria, ognuna con le proprie possibilità, ovviamente. L’Inter di Spalletti non ha ancora mai perso in questo campionato, mentre il Chievo si gode una ormai abituale mezza classifica, a 20 punti, gli stessi del Milan, per intenderci.
L’annata dell’Inter sta assumendo dei connotati abbastanza rigidi, come la sua formazione, sempre uguale se si esclude solo la minima variazione che Spalletti a volte si concede nel ruolo del terzino destro (a volte Santon, a volte Nagatomo) nelle ultime cinque giornate. Il 4-2-3-1 del tecnico di Certaldo viene accusato spesso di non essere spettacolare, una totale novità per un allenatore che in passato era giudicato troppo spregiudicato.
Forse questa accusa, oltre che dal gioco, deriva anche per la presenza di molti giocatori dallo stile minimale, seppur efficace. Il capitano è Mauro Icardi, ancora inspiegabilmente non venerato come dio dell’area di rigore da tutto il mondo dopo 15 gol in 14 partite. La bellezza del suo gioco risiede proprio nel suo cinismo antiestetico, i suoi movimenti sono belli solo perché funzionali, senza frizzi né lustrini: Icardi semplicemente segna, in tutti i modi. Poi c’è Perisic, imperscrutabile nel suo accendersi e spegnersi, ma potenzialmente letale in qualunque momento, centro creativo della squadra da 6 assist e 2.4 passaggi chiave a partita. Il terzo simbolo dell’Inter è Candreva, un calciatore che ha dalla sua una gamma di tre azioni: il dribbling con palla da una parte e corsa dall’altra, il cross e il tiro dalla distanza. Non è un calciatore particolarmente amato, neanche agli interisti stessi, e la sua testardaggine nel cercare il fondo per crossare (molto spesso senza nemmeno arrivare in area) se la porta ovunque giochi – nazionale italiana compresa.
L’idea che il Chievo giochi male è invece più atavica, più legata alla stessa personalità dei gialloblu nel campionato italiano: è una piccola che fa risultati da media ma non pensa mai all’Europa, non è un’accademia come quella dell’Atalanta, non porta in Italia talenti esotici dal mondo come il Palermo, non sforna giocatori che finiscono nelle big come il Genoa o l’Udinese, e non rischia mai di finire retrocessa: il suo campo è difficile, i suoi tifosi sono pochi, la sua rosa ultratrentenne.
Mentre Spalletti riesce a combinare bene le caratteristiche di altissimo livello dei suoi calciatori ad uno stile di gioco efficace – ed in questo sta la forza della sua Inter – il Chievo di Maran resta una squadra che gioca un calcio utile, profittevole, che traghetta senza timori né velleità l’undici attraverso la stagione. Le due squadre hanno in comune il cinismo necessario al proprio gioco, che nell’Inter è una scelta mentre nel Chievo è una necessità: massimizzare la qualità delle azioni d’attacco, perché non ce ne saranno troppe.
L’insidia del Chievo per tutte le squadre che lo incontrano sta proprio in questo particolare, che la avvicina mentalmente più ad una grande squadra che alle sue sodali di classifica: la necessità spasmodica di sfruttare le proprie occasioni il meglio possibile, unita ad una fase difensiva molto ben organizzata.
Il rombo di centrocampo del Chievo, creatura tattica in via d’estinzione in Europa ma tenuta in vita proprio dall’undici di Maran, è utile e organizzato in fase di non possesso, con le due linee (centrocampo e trequartista + attaccanti) tenute a spingere gli avversari verso gli esterni.
Il problema è che l’Inter attacca prevalentemente sugli esterni (34% a sinistra, 39% a destra) e le catene di fascia (Gobbi e Bastien da una parte, Hatemaj e Cacciatore dall’altra) saranno quindi sovraccaricate di lavoro per evitare che partano i cross per le testate micidiali di Icardi. In ogni caso, una partita molto più interessante di quanto non si dica in giro.
Chi segnerà in Verona - Genoa?
Una delle necessità più importanti per le squadre che devono salvarsi è avere un attaccante che la butta dentro, cioè proprio quello che è mancato a Genoa e Verona fin qui. Le due squadre hanno cercato di trovare la perfetta alchimia tra le proprie punte in tutti modi, cambiando spesso gli interpreti e il modulo, senza però trarne granché (le due squadre finora hanno segnato 12 gol in campionato).
Genoa
A Genoa Juric aveva alternato moltissimo le punte nel suo 3-4-3, senza mai trovare delle risposte convincenti. Con Ballardini e il passaggio al 3-5-2 la coppia di attaccanti titolare sembra essere Taarabt e Pandev, almeno fino al ritorno di Galabinov dall’infortunio. Il marocchino è l’unico punto fermo della stagione dei rossoblù, ma non è un marcatore. Pandev ha perso la brillantezza dei giorni migliori ed è difficile aspettarsi molti gol da lui, ma allora chi può essere il finalizzatore del Genoa? Andiamo a vedere i numeri:
- Andrej Galabinov: 502’ giocati, 2 gol;
- Goran Pandev: 401’ giocati, 0 gol;
- Gianluca Lapadula: 283’ giocati, 1 gol (su rigore);
- Pietro Pellegri: 271’ giocati, 2 gol
- Raffaele Palladino: 230’ giocati, 0 gol;
- Federico Ricci: 207’ giocati, 0 gol;
- Ricardo Centuriòn: 52’ giocati, 0 gol;
Nessuno degli attaccanti del Genoa sta avendo una stagione realizzativa sufficiente: Pandev troppo vecchio, Pellegri troppo giovane, Lapadula troppo confusionario, gli altri sono sostanzialmente ali. Nella rosa del Genoa non c’è proprio un attaccante da tanti gol in stagione, e la speranza che Galabinov possa esplodere nel breve è molto bassa. È proprio per questo che Preziosi ha provato la mossa della disperazione: è notizia di questi giorni l’ingaggio di Giuseppe Rossi. L’attaccante italiano sarebbe la soluzione a tutti i problemi del Genoa, se solo fosse quello visto a Firenze prima dell’infortunio.
Verona
Anche Pecchia, partito con un 4-3-3 abbastanza canonico (due ali rapide e un centravanti), ha provato a cambiare il modulo in corsa alla ricerca di risposte. Ora il Verona si schiera con un 4-4-2 più bloccato a cui affianco a Cerci trovano spazio di volta in volta Kean o Pazzini. Ma anche qui il gol è un rebus piuttosto complicato: se Fares e Verdi si sono reinventati esterni di centrocampo con qualche gol nelle gambe, chi deve segnare i gol salvezza a Verona?
- Giampaolo Pazzini, 775’, 4 gol (ma tutti su rigore);
- Alessio Cerci: 737’, 1 gol;
- Moise Kean: 448’, 1 gol;
- Seung-Woo Lee: 72’, 0 gol;
Le risposte sembrano essere davvero poche per Pecchia, che contro il Genoa dovrà fare a meno di Pazzini. A questo punto la domanda sorge spontanea: chi segnerà in Verona - Genoa?
E se Belotti giocasse nell’Atalanta?
Andrea Belotti è nato a Calcinate, distante appena 15 chilometri da Bergamo. In un mondo neanche troppo ideale l’attaccante sarebbe cresciuto nella prospera accademia dell’Atalanta e ora guiderebbe l’armata di Gasperini.
Belotti è infatti il giocatore perfetto per il sistema dell’Atalanta: il Gallo ha un ottimo gioco spalle alla porta e ama svariare per tutto il fronte offensivo, proprio come richiesto da Gasperini, che potrebbe usarlo come usa Petagna, ovvero come una specie di muro sul quale appoggiarsi per far salire il resto della squadra, ma in più avrebbe a disposizione un giocatore abilissimo nel finalizzare il gioco all’interno dell’area.
Se infatti entrambi non segnano in Serie A dal 20 settembre (Belotti anche a causa di un infortunio al ginocchio), il confronto realizzativo tra i due è impietoso. L’attaccante del Torino è stato uno degli attaccanti più prolifici della scorsa Serie A, finita con 26 gol, e più in generale ha già segnato 47 gol nella massima serie. Petagna nella scorsa stagione si è fermato a 5 realizzazioni, e anche quest’anno è difficile immaginare possa arrivare in doppia cifra, considerando che è fermo a 2 gol segnati.
Se l’Atalanta ha raccolto meno dell’anno scorso in campionato è anche per la mancanza dei gol degli attaccanti: il Papu Gomez sembra aver perso la brillantezza realizzativa della scorsa stagione e finora il miglior marcatore della squadra è stato un centrocampista: Bryan Cristante. Gasperini ha provato ad ovviare concedendo minuti a Cornelius e anche provando Ilicic come attaccante. Il gioco dell’Atalanta rimane molto solido e i gol dei centrocampisti sono frutto anche del continuo lavoro delle punte. Eppure quanto farebbe comodo a Gasperini un attaccante come Belotti?