Serie A, le 7 cose da seguire all'Epifania

Serie A

Francesco Lisanti e Federico Principi

Il Crotone di Zenga contro il Milan di Gattuso; il ballottaggio Dybala-Douglas Costa; la Roma alle prese con la propria sterilità offensiva e altre cose da seguire nella giornata che tutte le feste si porta via

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1. Genoa e Sassuolo: due ottime difese a confronto

Nelle ultime tre partite, il Genoa non ha mai perso e non ha subito gol. Dall’arrivo di Ballardini ad oggi, con l’innesto del solo Izzo, la stessa difesa che subiva 1.6 gol a partita ne subisce 0.4, una miseria. Anche il Sassuolo, nelle ultime tre partite, non ha mai perso e ha subito un solo gol, pur avendo affrontato tre delle prime sei squadre del campionato e, come successo per Ballardini, l'arrivo di Iachini in panchina è coinciso con un miglioramento sensibile nella media gol subiti della sua squadra, passata da 1.8 a 1.

A Marassi si incontreranno due squadre in grande forma, che hanno saputo approfittare del cambio in panchina per ritrovare quella convinzione e quella brillantezza che erano decisamente mancate nella prima metà di stagione. Per il momento non hanno ritrovato molto altro, ma è soprattutto a questo che servono i cambi allenatore. Sassuolo e Genoa sono due squadre ciniche, attente a rientrare dietro la linea della palla, molto rapide a stringersi per coprire il centro del campo.

Ballardini e Iachini hanno abbassato il baricentro delle rispettive squadre per adescare gli avversari e guadagnare spazio da attaccare in transizione, così hanno reso più efficienti le loro difese. Per il Genoa, i tiri concessi a partita sono aumentati rispetto alla gestione Jurić (da 14.1 a 14.7), ma sono sensibilmente diminuiti i tiri in porta subiti (da 5.7 a 4.4), adesso al di sotto della media del campionato (4.6). Lo stesso è successo al Sassuolo, che ha di molto aumentato i tiri concessi rispetto alla gestione Bucchi (da 13.4 a 16.2) e ha di molto diminuito i tiri in porta subiti (da 5.5 a 3.8).

Genoa e Sassuolo interpretano un’ottima fase difensiva, che inizia nella metà campo offensiva, con una leggera pressione, e progressivamente arretra nella propria, dopo aver rallentato la manovra avversaria. In questa fase sarà interessante notare quali aggiustamenti saranno apportati per modellare i rispettivi schieramenti: Politano potrebbe stringere al centro nella zona di Veloso, come ha fatto con Torreira contro il rombo della Samp, mentre Ballardini potrebbe portare i due interni di centrocampo a pressare i terzini del Sassuolo, come fa spesso, per mantenere compatta la linea di difesa.

Le uscite degli interni del Genoa rischiano di causare squilibri se non opportunamente accompagnate: qui la Fiorentina crea superiorità e costruisce le basi per un’occasione da gol.

Nelle fasi prolungate di difesa posizionale, entrambe finiscono poi per occupare il campo in ampiezza con una linea di sei difensori: il Genoa grazie alla linea a cinque e al supporto centrale di Veloso, il Sassuolo grazie al sacrificio delle ali che permettono ai quattro difensori di restare stretti in area di rigore.

Genoa-Sassuolo sarà una partita equilibrata, noiosa nel peggiore dei casi, un omaggio alla grande tradizione difensiva italiana, nel migliore. Il Genoa è affidato alle lune di Taarabt e Pandev, e punterà all’ennesimo 1-0, mentre il Sassuolo, guidato da un ispiratissimo Politano, sembra avere idee più chiare e geometrie più precise in transizione. Quando riparte, raggiungendo la trequarti avversaria in tre passaggi, il Sassuolo sembra di nuovo la squadra che raggiunse la qualificazione europea, ma contro questo Genoa non sarà facile trovare spazio per ripartire.

2. La Roma uscirà dallo stallo offensivo?

Contro il Chievo, Di Francesco ha scelto di far esordire Patrik Schick dal primo minuto, dapprima al centro dell’attacco, poi da ala destra al fianco di Dzeko negli ultimi trenta minuti. Da quel dieci dicembre, la Roma ha collezionato cinque punti in quattro partite di campionato e una serie di prestazioni poco convincenti, con l’eliminazione dalla Coppa Italia in mezzo. La spirale negativa sembra affondare nella sterilità dell’attacco (soltanto 2 gol in queste 4 partite), ed è una coincidenza particolarmente funesta che questo momento di scarsa brillantezza sia coinciso proprio con il reintegro del grande acquisto dell’estate romanista.

In realtà, Schick e Dzeko si pestano i piedi meno di quanto sia opinione comune. Dzeko si muove sempre più spesso in posizione defilata per difendere il pallone e giocarlo spalle alla porta, liberando il centro a Schick che può occuparlo tagliando da destra. Anche quando il bosniaco rimane in posizione centrale, Schick gioca a muoverglisi davanti oppure alle spalle, nello spazio che Dzeko libera attraendo come una calamita i difensori. L’intesa tra i due può solo migliorare, ma la compatibilità tattica esiste, soprattutto quando l’attacco è completato da un fantasista come Perotti, che può deformare a suo piacimento il tridente giallorosso.

Oltretutto, Schick è stato molto più a suo agio finché ha potuto gravitare intorno a un riferimento come Dzeko, rispetto a quando ha dovuto agire da punta centrale, ed è stato costretto a tirar fuori una fisicità e un gioco spalle alla porta che non ha ancora nelle corde. Insomma, forse soprattutto a causa dei suoi limiti, non è detto che Schick non debba giocare vicino a Dzeko. Piuttosto alla Roma è mancata la stessa intensità che aveva caratterizzato le vittorie contro Milan, Lazio e Chelsea, facilitando il recupero alto del pallone e la ricerca di giocate rapide in verticale. Sotto questo aspetto, Schick ha ancora tutto da dimostrare, e probabilmente non ha aggiunto nulla a una squadra già fisiologicamente stanca.

Al netto della poca brillantezza, Schick inizia a muoversi bene. Prima ruba palla a Duncan, poi si propone davanti a Dzeko nello spazio creato al limite dell’area: colpisce malissimo ma in qualche modo propizia il gol.

Di conseguenza, la Roma è diventata più frenetica e meno precisa. Sempre nelle ultime quattro partite, ha aumentato dell’11% i tiri tentati rispetto alle partite precedenti (da 17.9 a 20.3), eppure ha diminuito del 31% i tiri in porta (da 6.2 a 4.8).

Di Francesco ha dichiarato che Schick, comunque, stavolta non giocherà. Contro l’Atalanta dovrebbe tornare El Shaarawy titolare, e dovrebbero riaprirsi gli spazi in cui far correre il pallone velocemente, sfruttando le sponde di Dzeko per aggirare l’aggressività della difesa di Gasperini. È comprensibile che Di Francesco voglia tornare alle sue certezze, e restituire a Schick il ruolo di primo sostituto che ha mantenuto durante l’anno alla Sampdoria, però potrebbe essere proprio la partita adatta per rivederlo correre con la palla incollata al piede, senza trasmettere alcuna idea di sforzo, come dodici mesi fa.

3. Come può cambiare il Torino con Mazzarri? 

L’unica costante tattica nella storia recente di Walter Mazzarri è stata la difesa a tre, con due esterni di grande corsa e spiccata propensione difensiva. Davanti alla tradizionale linea a cinque, negli anni ha provato il doppio mediano con il trequartista, il mediano con due incursori, il rombo di centrocampo con un solo centravanti, l’attacco a tre con due ali e due centrocampisti a coprire. In momenti diversi nel corso delle ultime esperienze con Inter e Watford, ci sono stati anche accenni di difesa a quattro.

«Posso insegnare tutti i moduli nel modo migliore, però vi dico subito, io prima guardo il lavoro dei giocatori, e poi gli cucio il modulo addosso», ha chiarito nella prima conferenza stampa. È probabile che Mazzarri alla lunga proverà a implementare la difesa a tre, ma è difficile che la transizione inizi nell’immediato: il Torino affronterà la partita con il Bologna dopo aver sostenuto soltanto due sessioni di allenamento con Mazzarri, per di più prive di quattro potenziali titolari come Ansaldi, Barreca, Ljajic e Belotti.

Vale la pena comunque immaginare il Torino il 3-5-2, modulo con cui ha giocato per anni sotto la guida Gian Piero Ventura, con idee per certi versi affini al gioco di Mazzarri. Di quel ciclo, però, sono rimasti ormai pochi giocatori: in mezzo c’è stato Mihajlovic, che si era presentato promettendo che avrebbe sperimentato «tutto, tranne la difesa a tre». Barreca e De Silvestri probabilmente renderebbero meglio in una linea a cinque, perché hanno il passo e la sufficiente sensibilità tecnica per accompagnare l’azione offensiva, e sarebbero liberati dalla responsabilità dell’uno contro uno in campo aperto contro l’esterno d’attacco avversario. Sempre che Barreca riesca a recuperare dalla pubalgia che lo tormenta da inizio anno.

La difesa a cinque migliorerebbe automaticamente la copertura dell’ampiezza: qui tutto il Torino si ritrova a occupare il lato sinistro del campo e Viviani può lanciare senza pressione verso Antenucci e Grassi, liberissimi davanti alla porta.

Al centro potrebbero convivere giocatori decisi nell’aggressione in avanti, come N’Koulou, con giocatori utili nella conduzione della palla, come Ansaldi, e potrebbero rientrare nelle rotazioni il giovane Bonifazi, sbocciato nella difesa a tre di Semplici, e il veterano Moretti, perno del ciclo Ventura. In conferenza, Mazzarri ha ripetuto che «con la difesa si vincono i campionati», e sarà soprattutto interessante capire come interverrà sui meccanismi di una difesa fin qui molto anarchica nei principi e scoordinata nelle decisioni.

A centrocampo si muoverà alla ricerca di una coppia sufficientemente fisica e dinamica, mentre in attacco lascerà presumibilmente la necessaria libertà ai tre giocatori a cui sono legate le sorti del Torino: Ljajic, Belotti e Iago. Mazzarri si è descritto come l’allenatore adatto per riportare l’ordine nel caos in cui versa la squadra: «nella mia carriera si è sempre vista la mia mano, e questo non vuol dire 3-5-2 o che so io, ma che si vede che la squadra sa quello che deve fare».

La partita contro il Bologna sarà poco indicativa, sia per il tempo a disposizione che per le tante assenze, ma a partire dalla successiva contro il Sassuolo sarà lecito attendersi qualche transizione organizzata e qualche sicurezza in più nella copertura degli ultimi metri. Con un girone ormai alle spalle, il Torino si ritrova con poche prospettive ma diverse soddisfazioni ancora da togliersi, con l’auspicio di vedere finalmente una squadra che sa quello che deve fare.

4. Il Benevento alla ricerca della seconda vittoria consecutiva

All’ultima giornata di andata il Benevento è riuscito ad acciuffare la prima vittoria in Serie A, che allo stesso tempo gli ha consentito di lasciare il Pescara 2012-13 da solo in vetta alla poco invidiabile classifica di minor numero di punti ottenuti (2) in un unico girone, di andata o di ritorno. Le “streghe” ospitano nuovamente al Vigorito un’altra squadra schierata a rombo (con il 4-3-1-2), la Sampdoria di Giampaolo, che tuttavia presenterà difficoltà maggiori rispetto al seppur ottimo Chievo di Maran.

Una caratteristica peculiare della Samp è la capacità di agire come un cervello unico, a zona e di reparto, con la linea difensiva. In particolare la Samp imposta un pressing sempre aggressivo (Sarri ha detto: «È l’unica squadra che ci ha aggrediti a viso aperto») ben assecondato dalla grande capacità di tenere la difesa alta, per evitare di schiacciarsi con il 4-3-1-2 che copre troppo poco campo in ampiezza.

Il Benevento dovrebbe presentarsi con la stessa formazione di sabato scorso, con D’Alessandro al posto dell’infortunato Parigini, in un vero e proprio 3-4-3. L’ultima volta che la Sampdoria ha affrontato un modulo del genere è stata nel derby contro l’allora Genoa di Juric. Nonostante tenda spesso ad allineare i 3 attaccanti (trequartista e 2 punte) per pressare le squadre che impostano con 3 difensori, la Samp scelse di tenere costantemente il trequartista Ramirez sul mediano del lato palla; ma con la mezzala che usciva sull’esterno di centrocampo del Genoa, le scalate liberavano inevitabilmente l’esterno sul lato opposto, esponendo la Samp a cambi di gioco poco esplorati dal Genoa.

Ramirez che rimaneva sul mediano del lato forte (Omeonga in questo caso) abbassava la squadra, ma liberava il difensore centrale opposto (qui Zukanovic) e l’esterno di centrocampo (qui Laxalt) sul lato debole, pronti a ricevere potenziali cambi di gioco (mentre l’esterno alto Taarabt era preso dal terzino Bereszynski). Un compromesso che il Benevento potrebbe sfruttare.

Il Benevento, contro il Chievo, ha tenuto larghissimi sia gli esterni di centrocampo che quelli di attacco. In particolare a sinistra, Venuti andava ripetutamente in sovrapposizione su Parigini, i quali a loro volta ricevevano spesso dei lunghi cambi di gioco. Questa soluzione (meglio se effettuata dalla precisione del piede di Nicolas Viola) potrebbe essere l’unica chiave possibile della partita del Benevento: più difficile sarà attaccare la profondità alle spalle della difesa senza l’infortunato Iemmello, l’attaccante più forte in questo tipo di movimenti. Ma dopo aver ottenuto i primi 3 punti in Serie A le gambe dei giocatori del Benevento saranno più leggere e la mente più sgombra da pressioni.

5. Il nuovo Crotone di Zenga vs il nuovo Milan di Gattuso

La sfida tra Gattuso e Zenga è quella tra due allenatori che, in mezzo a mille difficoltà, stanno provando a cambiare pelle alle rispettive squadre. La superiorità tecnica del Milan costringerà Zenga a lavorare maggiormente sulla lavagna tattica per ottenere almeno un punto, fondamentale nella lotta per la salvezza.

Il Milan di Gattuso, per assecondare i princìpi del suo nuovo allenatore fatti di verticalità e attacco alla profondità, difende basso contro tutti gli avversari (ad esempio, contro il Benevento scivolava costantemente dal 3-4-3 al 5-4-1) scalando in un 4-1-4-1 o 4-5-1, dal 4-3-3 di partenza, con l’obiettivo di crearsi profondità e campo da attaccare. In questo modo il Crotone potrà sviluppare maggiormente il proprio gioco rispetto alla partita contro il Napoli: Zenga ora non cerca sempre subito il lancio verso Budimir, ma prova a costruire delle catene laterali naturali con il 4-3-3, sfruttando soprattutto la fascia sinistra. In particolare Stoian è diventato un giocatore chiave: i suoi movimenti a venire incontro nel mezzo spazio creano i presupposti per il taglio laterale della mezzala (soprattutto quando gioca Barberis) o per la sovrapposizione di Martella, con l'obiettivo di far arrivare un cross a Budimir.

Qui sotto vediamo un esempio dalla partita con il Sassuolo:

Contro il Milan verrà riproposto nuovamente Trotta come esterno destro. L'idea è di avere due punte vere per occupare l’area sui cross provenienti da sinistra, grazie ai tagli sul secondo palo proprio di Trotta. In fase difensiva, invece, la presenza dell’attaccante ex Avellino e Sassuolo potrebbe dare la versatilità per oscillare tra 4-4-2 e il 4-5-1, come accaduto contro il Napoli. Il 4-4-2 permetterebbe di schermare Bonucci e il mediano (Montolivo e Biglia sono in ballottaggio) con le 2 punte, mentre il 4-5-1 dovrebbe consentire una migliore copertura sulla catena laterale destra del Milan, tra i soliti movimenti a rientrare di Suso, i tagli di Kessié e le sovrapposizioni di Calabria.

In ogni caso Zenga ha impostato una squadra che difende molto stretta, il che non dovrebbe rappresentare un problema visto che il Milan non sfrutta più contemporaneamente tutta l’ampiezza del campo come invece faceva con Montella. Ma anche se il Milan è parso tutt’altro che in crescita, la sua superiorità tecnica costringerà il Crotone a dover fare una partita perfetta dal punto di vista tattico.

6. Dybala o Douglas Costa nel 4-3-3?

Da quando Massimiliano Allegri ha deciso di passare definitivamente al 4-3-3, le scelte sull’esterno destro di attacco sono ricadute principalmente su tre elementi. Nelle partite in cui era richiesta maggiore attenzione difensiva (contro Inter e Roma) è stato utilizzato Cuadrado, ritenuto però meno adatto di Dybala e Douglas Costa ad aprire le difese schierate delle squadre più deboli.

Il tema del momento di forma di Dybala è ormai fin troppo discusso, ma alle sue condizioni non brillanti si è aggiunto anche il fatto che la Juventus sia passata al modulo teoricamente meno congeniale all’argentino. Rispetto a Douglas Costa, Dybala ha una minore tendenza a restare largo e minore capacità di puntare con insistenza l’avversario, ma si accentra immediatamente anche grazie alla sua rapidità nello stretto. Douglas Costa, invece, partendo dalla linea laterale può svariare in porzioni maggiori di campo, rendendosi più imprevedibile: può anche andare in uno-contro-uno e andare sul fondo con il destro, senza costringere Lichtsteiner e soprattutto De Sciglio alle sovrapposizioni.

La questione, quindi, riguarda anche e soprattutto l’occupazione degli spazi, sempre cara ad Allegri. Dalla parte sinistra l’atletismo di Alex Sandro (ma anche di Asamoah) permette senza problemi a Mandzukic di accentrarsi vicino ad Higuain, dall’altra il terzino destro è sempre stato visto come “equilibratore” nel corso degli ultimi anni. Allegri, tuttavia, usufruisce delle “terzine” delle catene laterali per sistemare la squadra assecondando le caratteristiche dei calciatori: più volte contro il Verona la mezzala destra (Khedira) scendeva in costruzione per far avanzare lentamente Lichtsteiner, allo scopo di far ricevere Dybala tra le linee nel mezzo spazio di destra, in una condizione non troppo diversa da quella per lui ideale nel 4-2-3-1. Già contro il Bologna, da entrambi i lati, le mezzali scendevano vicino ai centrali per liberare il terzino di quel lato, ma contro il Verona è avvenuto solo a destra, creando sempre una sorta di linea a 3 in costruzione.

Contro il Verona, in partenza Lichtsteiner restava più bloccato insieme agli altri due centrali, ma Allegri aveva preparato questa rotazione (con l’abbassamento di Khedira) per alzare lo svizzero lentamente fin da inizio azione, accentrando Dybala alle spalle del centrocampo del Verona.

Dybala ha qualità tecniche e atletiche così elevate che non si può dire che vada in difficoltà come esterno del 4-3-3, venendo oltretutto agevolato dagli schemi del suo allenatore. I suoi movimenti quando parte largo, tuttavia, sembrano sempre troppo leggibili, deprimendone le qualità che invece sbocciano quando può giocare nel mezzo spazio, dove eccelle negli smarcamenti e nella rifinitura. 

Ora la Juventus sfiderà il Cagliari, schierato con il 3-5-2, che è il modulo che teoricamente copre meglio il centro e i mezzi spazi, scoprendo le corsie laterali. In questo scenario il giocatore ideale per caratteristiche sarebbe Douglas Costa, perfetto per puntare in uno-contro-uno in isolamento l’esterno di centrocampo del Cagliari, ma stando alle ultime indiscrezioni il ballottaggio dovrebbe risolversi in favore di Dybala. Allegri considera evidentemente anche altri fattori, soprattutto ambientali, in una partita contro una squadra oggettivamente non irresistibile, ma la sensazione è che ogni sfida sia ormai decisiva per delineare le gerarchie interne e l’adattamento tecnico e tattico di tutti i giocatori.

7. L’organizzazione della SPAL vs la fluidità della Lazio

La SPAL ha stupito nel suo ritorno in Serie A proprio grazie a un pareggio sul campo della Lazio, assolutamente meritato visto l’andamento della partita. In quell’ormai lontana sfida di agosto, Simone Inzaghi aveva forse commesso uno dei pochi errori tattici della sua gestione: pensando che la SPAL si potesse spaventare nell’affrontare il pressing, aveva disposto un 3-contro-3 in zone avanzate con i suoi uomini più offensivi (Immobile, Palombi, Milinkovic-Savic) sui 3 difensori: ma con la superiorità numerica in difesa contro le 2 punte spalline, Inzaghi ha sofferto di inferiorità a centrocampo che la SPAL, grazie alla precisione nella sua costruzione bassa, ha sfruttato molte volte.

Probabilmente il tecnico laziale affronterà in maniera differente la sfida di ritorno. Ormai abituata a difendere con un 5-3-2, la Lazio difficilmente andrà a prendere il mediano Viviani con Lucas Leiva (che preferisce restare in posizione), schermandolo probabilmente con Luis Alberto e mantenendo superiorità a centrocampo. L’obiettivo sarà quello di forzare la SPAL alla verticalizzazione verso le punte, dove la Lazio farebbe valere il 3-contro-2 favorevole.

Dal canto loro, gli spallini potrebbero attivare delle catene laterali qualora fossero lasciati liberi di impostare i due centrali difensivi esterni, soprattutto Salamon, facendo sganciare in quel caso Schiattarella con un taglio profondo laterale a sfruttare la scarsa copertura delle fasce del 5-3-2 della Lazio. La sfida tra le due squadre biancocelesti sarà, come quasi sempre in Serie A ormai, un interessantissimo esercizio strategico per i due allenatori e per gli occhi più attenti.