Andrea Pirlo: "Potevo andare al Barcellona. Ecco quando, e perché non è successo"

Serie A

L'ex giocatore di Inter, Milan e Juventus si racconta a Sky Calcio Club. Tanti gli aneddoti: "Al Milan stavo bene. Gattuso? Quando giocavamo insieme aveva una pescheria e riforniva le cucine di Milanello..."

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"Potevo andare al Barcellona". Andrea Pirlo, ospite dello Sky Calcio Club, ripercorre i momenti della sua carriera e ritorna su una possibile operazione di mercato, alla fine non andata in porto, alla quale aveva già fatto riferimento in alcune interviste passate. Nello studio di Caressa l'ex centrocampista svela però un ulteriore retroscena su quell'affare poi sfumato: "C'era in ballo la trattativa di Ibrahimovic e io dovevo essere il giocatore di scambio – racconta Pirlo -. Alla fine si risolse solo con Ibra che arrivò al Milan. Sarebbe stata sicuramente una bella esperienza, ma al Milan stavo bene. Non so se avrei accettato, ma non fu proprio Galliani a convincermi a rimanere". Decisivo per la sua permanenza in rossonero invece fu anche il grande rapporto con i compagni di squadra: "Fuori dal campo eravamo anche peggio – ricorda sorridente con Ambrosini, svelando poi alcuni aneddoti -. Nel gruppo storico di italiani c’eravamo io, Massimo, Gattuso, Nesta, Abbiati, Inzaghi. Rino aveva una pescheria negli ultimi anni e quindi riforniva le cucine di Milanello continuamente. Quando sapevamo che c'era il pesce noi ordinavamo prosciutto". E sull'attuale allenatore del Milan aggiunge: "A parte la grinta, contro il Crotone ho visto un Milan più organizzato rispetto alle prime uscite e con buone idee. Ha avuto parecchie occasioni. Ha vinto con un solo gol di scarto, ma si è vista una squadra viva. Era importante far risultato dopo Firenze e il derby. Ora avranno giorni per poter lavorare, sarei contento se Rino continuasse così. Adesso è carico, anche perché tra poco festeggia i 40 anni". Pirlo non risparmia poi elogi ai fratelli Inzaghi: "Pippo è davvero un malato di calcio, un allenatore maniacale. Tornerà presto ad allenare in Serie A. Di Simone invece conoscevo poco. Me ne hanno sempre parlato bene, però vedendo giocare la Lazio sono rimasto sorpreso perché li fa giocare davvero bene".

"Allegri bravo ad adattarsi ai giocatori a disposizione. A Cagliari ha avuto di nuovo ragione"

Da Inzaghi si passa poi ad Allegri, del quale Pirlo spiega i segreti: "Non ha uno schema fisso, ma si adatta ai giocatori che ha a disposizione e anche alla squadra che gioca contro – continua -. È una grande capacità quella di poter cambiare adattandosi alla squadra. Col cambio tattico effettuato a Cagliari ha avuto ragione un'altra volta. L’ingresso di Douglas Costa ha determinato il vantaggio della Juventus. I bianconeri erano partiti bene, col piede giusto e volevano chiuderla già nei primi 20 minuti. Quando accelerano fanno paura. Poi il Cagliari ha preso le misure giuste. Dybala ha tirato una bella punizione, ma poi si è visto poco. Nel complesso è stata una partita giocata alla pari, la squadra di Lopez si è difesa bene e ha cercato anche di ripartire. La Juve voleva far la partita e chiuderla velocemente, come detto, ma non ci è riuscita. Secondo me è mancata un po' negli ultimi 20 metri la scelta dell’ultimo passaggio, poteva far meglio e quindi ha fatto fatica a trovare la soluzione finale".

"Pjanic il mio erede"

L'ex giocatore, campione del Mondo nel 2006, individua poi il suo erede nella formazione bianconera: Miralem Pjanic. "È quello che più si avvicina in questo momento – afferma Pirlo -. Sta facendo molto bene, è migliorato tanto rispetto all’anno scorso. Adesso ha trovato il suo ruolo ideale come caratteristiche, lo sta interpretando benissimo. L'unico che riesce a guardare in avanti e non sempre a passare la palla dietro, colui che verticalizza e che riesce a cambiare gioco quando è necessario. Con il centrocampo a 3 fa il centrale, mentre a 2 fa più fatica. Anch'io preferivo giocare con due uomini ai lati, andavo a cercare le zone più libere e più scoperte per ricevere palla". Pjanic che da Pirlo ha imparato alcune tecniche, come le punizioni: "Prima le tiravo a giro, poi le ho modificate con il tempo - racconta in chiusura -. La maledetta? La prendevo da sotto con la parte finale del piede, quasi collo, e cercavo di farla scendere più velocemente possibile. Tipo la battuta della pallavolo. I portieri la prendevano solo in fondo alla rete. Da lontano potevi dare più potenza e quindi la palla prendeva una traiettoria diversa".