Mazzarri contro il suo passato, le soluzioni a cui sta pensando Allegri in assenza di esterni d'attacco, i nuovi acquisti che possono avere un impatto immediato e gli altri spunti per arrivare preparati al weekend di campionato
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1. Sampdoria - Torino: Mazzarri contro il suo passato
Prima di far ridere per il suo inglese in Inghilterra, per le sue lamentele all’Inter, per le sue ossessioni a Napoli, Walter Mazzarri era l’allenatore della Sampdoria. Non era la sua prima esperienza in Serie A, l’anno prima era riuscito a salvare la Reggina nonostante 15 punti di penalizzazione, senza i quali la squadra si sarebbe qualificata per l’Intertoto, ma ancora non conoscevamo le sue idiosincrasie.
La Sampdoria veniva da tanti anni di gestione Novellino e stava cercando di consolidarsi nelle paludi della classe media della Serie A. Per Mazzarri era l’occasione di mettersi alla prova in un contesto di livello più alto del precedente. È interessante ricordarlo, a dieci anni di distanza, a un giorno dalla partita che vedrà Mazzarri affrontare il suo passato, perché la situazione di quella Sampdoria era molto simile a quella dell’attuale Torino.
Non solo come posizionamento della geografia di potere della Serie A, ma anche per il tipo di progetto. Come il Torino di oggi, quella Sampdoria era un insieme di vecchie glorie (Montella, Volpi), buoni giocatori non abbastanza buoni per il grande calcio (Bellucci, Gastaldello, Bonazzoli, Palombo) e qualche giovane da lanciare (Maggio, Poli, Mirante). A far brillare tutti loro, poi, la stella decaduta di Antonio Cassano, chiamato personalmente da Mazzarri per convincerlo del progetto della Samp: «Ho sentito lunedì sera il giocatore al telefono, mi ha detto cose belle, importanti, ma ora si tratta di guardarlo negli occhi. Non sono condizionato dal suo passato, anche con gli altri giocatori non amo sentire gli allenatori che li hanno avuti in passato. Per me Cassano parte da zero».
Mazzarri troverà la strada per arrivare alla testa di Cassano, che quell’anno arrivò a segnare 10 gol, rivelandosi come un allenatore in grado di mettere a proprio agio anche i talenti apparentemente più irrecuperabili. Più o meno la stessa sfida che sta affrontando a Torino, dove ha trovato una squadra con costruita in parte rovistando negli scarti del grande calcio. Mazzarri sembra essersi fissato in particolare su quello che sembrava il caso più disperato di tutti, ovvero M’Baye Niang, che da quando è arrivato il nuovo tecnico ha segnato 2 gol nelle ultime 3 partite, dando un senso anche al Torino senza Belotti. Mazzarri del resto ha dimostrato sempre una grande passione per gli attaccanti che corrono come cavalli imbizzarriti, che può smussare pian piano, lasciandoli comunque liberi di giocare fuori controllo. «Per noi è fondamentale. Mi violenterò per lui. Esploderà sicuramente» ha dichiarato dopo pochi giorni dal suo arrivo.
Alla sua prima stagione a Genova, Mazzarri riuscì a entrare in Coppa Uefa. L’anno dopo centrò i 10 risultati utili consecutivi, migliorando un record che in blucerchiato era di Vujadin Boskov. A fine anno arrivò a giocarsi la finale di Coppa Italia, persa poi contro la Lazio. Quelle due stagioni dimostrarono che la condizione di underdog che può lavorare su un buon materiale tecnico è la condizione ideale per Walter Mazzarri. Una cosa confermata anche nelle stagioni successive con il Napoli, con un materiale tecnico ancora superiore, in quello che rimane tuttora il suo capolavoro da tecnico.
Sulla panchina del Torino WM ha cominciato bene e nelle sue prime 3 partite ha messo insieme 2 vittorie e 1 pareggio. Nella partita di domenica potrebbe rientrare Belotti e Mazzarri sarà costretto a fare delle scelte: allontanare Niang dalla porta oppure cambiare modulo tornando alle sue amate due punte?
2. Strootman sta giocando bene davanti alla difesa
Domenica alle 12 e 30 la Roma affronta il Verona che, sebbene reduce dall’incredibile vittoria sul campo della Fiorentina, sembra poter essere l’occasione giusta per interrompere una striscia negativa terribile. La Roma non vince dal 16 dicembre, giorno di Roma - Cagliari, quando riuscì a vincere nei minuti di recupero con un gol di Fazio contestatissimo e arrivato comunque su un errore in uscita di Cragno.
Da quel giorno sono arrivate 4 sconfitte e 3 pareggi, con in mezzo la brutta eliminazione in Coppa Italia, che alcuni credono possa aver destabilizzato ulteriormente l’ambiente. La Roma non vince quindi da un mese e mezzo, durante il quale ha subito 9 gol e ne ha segnati 5.
In questo periodo negativo una delle poche notizie positive è stata quella delle prestazioni di Kevin Strootman schierato davanti alla difesa. A causa dell’infortunio di De Rossi, l’olandese ha giocato da titolare le ultime tre partite, giocando particolarmente bene specie contro l’Inter. Domenica contro il Verona De Rossi sembrava poter rientrare a disposizione ma alla fine non è stato convocato. Non è chiaro se Di Francesco confermerà il 4-3-3 o proverà il 4-2-3-1, come si vocifera in queste ore, in ogni caso Strootman dovrebbe giocare davanti alla difesa, forse affiancato da Pellegrini. Quella del mediano unico del 4-3-3 è una posizione in cui l'olandese ha dato segnali incoraggianti per un suo possibile utilizzo futuro.
Le difficoltà di Strootman nel gioco spalle alla porta potrebbero essere un problema non da poco, ma i vantaggi che Strootman sembra dare alla Roma in quella posizione non sono però da trascurare. Specie senza palla Strootman è sembrato più dinamico di De Rossi nel proteggere lo spazio davanti la difesa - uno dei punti deboli cronici della Roma. L’olandese si muove con maggiore disinvoltura in orizzontale, aiutando i compagni nelle coperture sugli esterni. È meno “piantato” di De Rossi nell’uno contro uno e ha ottimi tempi di intervento.
Contro l’Inter Strootman è stato fondamentale nel primo tempo per alzare il baricentro del pressing, alzandosi sempre fino alla trequarti avversaria. Del resto quello della difesa in avanti, fatta con intensità e ottimi tempi, è forse uno dei pregi migliori di Strootman, di sicuro quello che è meglio sopravvissuto al suo doppio infortunio al crociato. Dal suo rientro Strootman è diventato un giocatore più associativo e geometrico di quanto non fosse prima, quando si spingeva molto di più in verticale senza palla, e in questo il ruolo davanti la difesa sembra calzargli meglio. La posizione da mediano arretrato ha tolto Strootman dall’impaccio del ruolo di mezzala, dove quest’anno ha faticato in maniera drammatica, probabilmente per una sua incompatibilità con le idee di Di Francesco.
Il tecnico richiede alle ali molti spostamenti sugli esterni e un dinamismo verticale che sembra ormai più nelle caratteristiche di Pellegrini. Queste tre partite hanno insomma dato importanti indicazioni per il futuro della carriera di Kevin Strootman - chiarendo un po’ di più il tipo di giocatore che è diventato -, chissà che non siano indicazioni utili alla Roma già nel presente.
3. Tre cose che può aggiungere Rafinha all’Inter
Nella partita casalinga contro il Crotone Rafinha potrebbe fare il suo esordio a S. Siro con la maglia dell’Inter. Nonostante Spalletti lo abbia presentato con uno scetticismo poco diplomatico - avvisando tutti che non gioca da un anno e mezzo e non gli si può chiedere molto - il brasiliano è sceso in campo a Ferrara contro la SPAL nella prima partita in cui era disponibile. Il tecnico è tornato su di lui in conferenza stampa, elogiandone la disponibilità e la duttilità, confermando che il suo acquisto potrebbe non essere ininfluente sulla stagione dell’Inter, anche per le qualità nuove che potrà portare ai nerazzurri.
Talento associativo
Rafinha è un centrocampista a cui piace giocare con i compagni, una qualità non scontata nell’Inter, una squadra formata da molti “giocatori-isola”, con una visione individualistica del calcio. Rafinha gioca semplice, a pochi tocchi, con un senso minimalista del gioco, e potrebbe aiutare l’Inter a diventare una squadra che controlla il pallone, come sembrava voler essere a inizio anno.
Rifinitura
Quando l’Inter controlla il pallone, oggi, lo fa spesso con un possesso conservativo che sembra mirato più a difendersi che ad attaccare. Questo perché il possesso palla dell’Inter è, in sostanza, Borja Valero, che negli ultimi anni ha man mano perso brillantezza quando ci si avvicina alla porta. Con Rafinha, idealmente, lo spagnolo può occuparsi di pulire l’uscita del pallone da dietro, con il brasiliano che si preoccuperebbe di non far perdere qualità sulla trequarti. Rafinha ha buon ultimo passaggio e soprattutto dei buoni tempi di inserimento senza palla.
Fluidità
Spalletti ha sempre dichiarato di amare i giocatori universali, che sanno scambiarsi posizione in campo per togliere riferimenti all’avversario. Rafinha in carriera ha giocato ala destra, mezzala sinistra, mezzala destra, trequartista. La sua posizione in campo, oltre che la sua tendenza a fare tagli interno-esterno verso la fascia, potrebbe essere interessante soprattutto nell’associazione con gli altri giocatori dell’Inter. Specialmente Candreva potrebbe essere costretto a uscire dalla sua comfort zone sul binario di destro per venire più in mezzo, togliendo rigidità all’attacco nerazzurro.
4. Quale nuovo acquisto sarà decisivo già da questa giornata nella lotta alla salvezza?
Fino a quale settimana fa la lotta salvezza sembra un affare di poche squadre, ma gli ultimi risultati hanno risucchiato nelle sabbie mobili della bassa classifica altre che sembravano tranquille, creando una classifica interessante dove sopra al Benevento, sempre più spacciato, troviamo 7 squadre in 6 punti, quelli che dividono il Verona penultimo con 16 punti e il Chievo, tredicesimo a 22 punti. Per sfuggire allo spettro della Serie B, che a febbraio inizia a diventare piuttosto inquietante, chi poteva permetterselo ha provato a migliorare la propria rosa attraverso il mercato di gennaio. Molti di questi nuovi acquisti spariranno presto, altri invece diventeranno una boccata d’ossigeno. Ma chi sarà determinante già da questa giornata?
Emanuele Giaccherini
All’ultimo giorno utile di mercato il Chievo è riuscito a mettere sotto contratto Emanuele Giaccherini. Giak ha giocato pochissimo nell’ultimo anno e mezzo (poco più di 500 minuti) e a 32 anni è in una fase calante della carriera, eppure potrebbe essere il colpo in più per il Chievo nella corsa alla salvezza, già dalla sfida in casa dell’Atalanta.
Con la sua intelligenza tattica, Giaccherini può svolgere molto bene il lavoro che l’allenatore del Chievo chiede alle sue mezzali. Quando Birsa si abbassa in mediana per facilitare il possesso, a Giaccherini sarà richiesto un lavoro di inserimento nei corridoi intermedi oppure di fare ampiezza allargandosi sulla fascia, due cose che sa fare molto bene. Inoltre Giaccherini ha una sensibilità tecnica molto superiore ad Hetemaj e potrà contribuire molto sia nella creazione di occasioni pericolose, sia in fase di finalizzazione (a Bologna segnò 7 gol in 26 partite di campionato). Giaccherini è anche un giocatore molto duttile, Maran potrebbe anche decidere di usarlo come trequartista o seconda punta in appoggio, ruoli che ha già ricoperto in carriera (anche se quando era più giovane).
Khouma Babacar
Dopo una vita passata a subentrare, Babacar ha finalmente la sua occasione di essere titolare a Sassuolo, già domenica alle 15 contro la Juventus. L’avversario non è certo dei più facili (la Juventus ha subito un solo gol nelle ultime 14 partite giocate), ma Babacar non ha certo paura. In questa stagione ha segnato un gol ogni 110 minuti, tirando 4.7 volte ogni 90 minuti.
La sua fisicità, sommata alla voglia di far bene, per dimostrare di poter essere un attaccante titolare in Serie A, potranno tornare utilissime al Sassuolo, che in questa stagione non sembra in grado di segnare neanche con le mani. I neroverdi hanno segnato solo 14 gol, uno in più del Benevento, e in generale le punte sono andate tutte molto male. Che Babacar possa invertire la rotta già da domenica?
Federico Ricci
Tornare nell’unica piazza in cui ha fatto bene, seppure in serie B, ha già permesso a Federico Ricci di raddoppiare il suo score di gol nella massima serie, che era fermo a uno. Contro il Verona l’ala del Crotone è stato autore di un gol e di un assist, mettendosi in mostra come uno dei giocatori più in forma della squadra di Zenga.
Contro l’Inter, l’abilità di Ricci di accentrarsi e tirare in porta potrebbe essere un’arma importante. Dal suo lato si troverà probabilmente Cancelo, un giocatore che ha dimostrato di avere dei limiti in fase difensiva. Che possa essere l’occasione per regalare un’altra gioia ai tifosi del Crotone?
5. Alex Sandro esterno alto a sinistra?
Con Pjaca in prestito allo Schalke 04, Cuadrado e Dybala fermi ai box e Bernardeschi e Douglas Costa non al meglio, Allegri si è ritrovato improvvisamente senza ali offensive in vista della partita di domenica contro il Sassuolo. Tra le varie soluzioni possibili, l’allenatore della Juventus starebbe pensando di impiegare Alex Sandro nel ruolo di esterno alto, senza così cambiare il 4-3-3 adottato nelle ultime uscite (sempre senza Dybala, che non è chiaro in che posizione potrebbe giocare in questo modulo). Una scelta che - se confermata - sarebbe del tutto inusuale. Il brasiliano infatti non solo non è mai partito titolare come esterno alto (né nel 4-3-3, né nel 4-2-3-1), ma soprattutto Allegri vorrebbe impiegarlo a destra, dove Sandro non ha mai giocato in carriera, neanche da terzino.
L’idea di Allegri, sebbene figlia di un’estrema emergenza, non è però del tutto peregrina. Alex Sandro è un giocatore con delle qualità offensive evidenti e una capacità di giocare un calcio associativo superiore alla media. Alex Sandro ha già effettuato 3 assist in campionato, giocando 1.3 passaggi chiave ogni 90 minuti, sempre impiegato come terzino sinistro.
La precisione dei suoi cross, in questo caso decisiva per ribaltare la partita contro il Benevento, può tornare utile anche partendo in posizione più avanzata.
Pochi giorni fa, parlando del suo futuro Alex Sandro ha detto: «Devo fare meglio, sia difensivamente che offensivamente, ma sto lavorando molto e sono contento, anche solo quando riesco a fare un assist per i compagni, oppure, magari, a segnare». La sua capacità di essere un fattore lungo tutta la fascia potrebbe diventare decisiva per la Juventus, vista la carenza di ali. Giocando a destra Alex Sandro potrebbe sia entrare dentro il campo per associarsi con i compagni (ha una precisione passaggi dell’87.2%) lasciando il fondo del campo al terzino, che dovrebbe essere Lichtsteiner, un giocatore abituato a giocare negli ultimi metri di campo. Oppure anche rientrando Alex Sandro è un crossatore sopra la media. Con il suo sinistro potrebbe servire sia Higuain che i tagli sul secondo palo di Mandzukic.
Forse la soluzione migliore sarebbe quella di usarlo come ala sinistra e spostare Mandzukic a destra, ma evidentemente Allegri, che non vuole privarsi del croato neanche sotto tortura, non vuole neanche spostarlo di lato. L’amore di Allegri per Mandzukic potrà spingerlo anche a una sperimentazione così ardita con Alex Sandro?
6. Tre buoni motivi per guardare Bologna - Fiorentina
È comunque un derby
In un paese irto di specificità locali, le rivalità e i campanilismi - anche quando non ci sono - fa bene inventarli. Bologna e Firenze sono separate da appena 100 chilometri, oltre che da una catena montuosa, ed è quanto basta per creare “Il derby dell’appennino”. La rivalità è stata negli anni incredibilmente civile e goliardica, specie per gli standard italiani, e ha avuto forse il suo punto più basso nel 1989, quando i fiorentini accolsero a Rifredi il treno dei tifosi rossoblù con una molotov. Nell’occasione il quattordicenne Ivan Dall’Olio rimase ustionato: dovette subire 8 operazioni prima per sopravvivere, e poi per vivere. Il giorno dopo sua madre lanciò un appello ai tifosi bolognesi: “Niente vendette”. Oggi Ivan fa l’elettricista per il Comune di Bologna e, a quanto pare, frequenta ancora lo stadio.
È una bella sfida di metà classifica tra due squadre dall’identità opposta
Bologna e Fiorentina sono divise da un solo punto, rispettivamente al dodicesimo e all’undicesimo posto della Serie A. Il modo in cui ci sono arrivate è però diametralmente opposto. Non solo per le aspettative di classifica, più alte per i viola, ma anche per il modo in cui interpretano le partite e, di conseguenza, ottengono risultati.
Da agosto la Fiorentina alterna momenti di grande brillantezza ad altri di vera e propria perdita dell’orientamento. Alle tre vittorie consecutive di ottobre sono seguite 4 partite senza i tre punti. Ai 4 risultati utili consecutivi di dicembre, sono seguite 5 partite senza vittorie, coronate nella brutta sconfitta di domenica contro il Verona per 4 a 1. Questa partita ha mostrato in particolare il lato più oscuro della squadra di Pioli: una squadra che non ha alcun controllo sulle partite, e che quando vuole interpretare il suo gioco offensivo - fatto di alti ritmi, riconquista alta del pallone, vertigine verticale - si ritrova con la coperta troppo corta, ritrovandosi senza equilibri difensivi.
Al contrario la squadra di Donadoni ha costruito la propria metà classifica sulla continuità di risultati, alternando periodi più brillanti ad altri più grigi, ma senza mai dare l’impressione di perdere la coerenza dei propri principi. Questa continuità è figlia dell’identità pratica che Donadoni ha dato alla propria squadra, non tra le più entusiasmanti da veder giocare, ma sempre in grado di giocare partite fisicamente e tatticamente di alto livello.
Ad accomunare le due squadre è un gioco offensivo diretto, che quasi mai cerca di consolidare il possesso. Ma se la Fiorentina cerca di innescarlo il più vicino alla porta avversaria possibile, il Bologna preferisce spesso aspettare su un blocco più basso ed esaltarsi negli spazi. L’esito della partita di domenica peserà molto sugli equilibri fra le due squadre, e soprattutto sulla salute generale della Fiorentina, che sembra già arrivata a un brutto momento del suo rapporto con Stefano Pioli.
Si affrontano due attaccanti più agli antipodi
Giovanni Simeone e Mattia Destro sono l’esempio di quanta diversità può ancora esistere nell’ecosistema tecnico di un campionato di alto livello.
Simeone interpreta il ruolo con una specie di esasperazione della sua contemporaneità. Il suo contributo alla squadra è così a tutto campo - sia a livello fisico che tecnico - che non riesce poi a essere abbastanza lucido davanti alla porta.
Una delle migliori partite giocate da Simeone, impreziosita da un assist e da un gol molto bello.
Destro, al contrario, cerca di risparmiare tutte le proprie energie per restare lucido davanti al portiere, nei limiti consentiti dal calcio di oggi. Il suo contributo alla manovra è spesso molto marginale ma aiuta la squadra ad avere profondità e buoni movimenti in area di rigore. Dopo Paloschi e Icardi, Destro è l’attaccante che tocca meno palloni per 90 minuti in Serie A.
7. L’ultima in classifica può impensierire la prima?
Prima della gara d’andata tra Napoli e Benevento, i sanniti sembravano una squadra da bassa classifica come un’altra. Avevano perso le prime tre partite giocate in Serie A, ma tutte con un gol di scarto e soprattutto dimostrando un gioco sufficiente per la categoria. La sconfitta per 6 a 0 in casa del Napoli è stato il primo momento in cui abbiamo realizzato che la stagione del Benevento non sarebbe stata normale. Da lì in poi, un romanzo: sconfitte arrivate all’ultimo minuto, capitano squalificato per doping, il primo punto conquistato solo alla quindicesima giornata grazie a un gol del portiere, il mercato di gennaio più assurdo da anni a questa parte.
Domenica sera questo cerchio si chiuderà: un girone dopo il Benevento incontrerà nuovamente il Napoli, questa volta tra le mura amiche del Vigorito. Per i tifosi una vittoria nel derby campano riscatterebbe molte, se non tutte, le delusioni vissute finora, ma il Benevento ha qualche speranza?
Andando a vedere i freddi numeri non sembra: il Napoli è la squadra che ha generato più expected goals della Serie A (41.95 xG), tirandone fuori 43 gol. Il Benevento invece è il peggior attacco della Serie A avendo segnato solo 13 gol con 19.57 xG generati (meglio solo del Crotone). Lo scarto è ancora più evidente se andiamo ad analizzare il rendimento difensivo: il Napoli è la miglior difesa del campionato (14 gol subiti da solo 11.46 xG concessi), mentre il Benevento è la squadra che ha subito più gol, 49 da 46.98 xG.
De Zerbi per cercare il risultato dovrà cambiare la natura della sua squadra, che prova sempre a giocare il pallone, per prediligere un gioco di rimessa. Chiudere tutti gli spazi nella propria trequarti e ripartire in transizione. In più dovrà farlo con una squadra piena di nuovi elementi arrivati durante il mercato di gennaio. L’impresa sembra impossibile, ma se questa stagione del Benevento ci ha insegnato qualcosa, ci ha insegnato che niente è impossibile.
8. Massimo Oddo vs Gennaro Gattuso
Massimo Oddo e Gennaro Gattuso hanno vinto insieme il Mondiale del 2006. Tutti e due hanno un’intervista in cui rispondono alle domande ubriachi e diventata virale. Hanno giocato nel Milan, nello stesso periodo (Gattuso dal 1999 al 2012, Oddo dal 2007 al 2011, con una stagione in prestito al Bayern Monaco). Hanno inoltre indossato tutti e due la fascia di capitano del Milan (non insieme in questo caso).
Ma le similitudini tra i due finiscono qui: da allenatori hanno avuto percorsi ed esperienze molto diverse. Oddo prima di arrivare all’Udinese ha allenato solamente il Pescara, sia in B che in A, mentre Gattuso ha girato molto prima di finire a Milanello: Sion, Palermo, Ofi Creta e Pisa, tutte esperienze semi-tragiche. Eppure nonostante le differenze in questa stagione si sono trovati tutti e due a subentrare in una squadra in difficoltà e in qualche modo sono riusciti a risollevarne le sorti. Se l’impatto di Oddo è stato più immediato, dopo una prima sconfitta in campionato con il Napoli ha centrato 5 vittorie consecutive stravolgendo la classifica della sua squadra, il lavoro di Gattuso ha richiesto più tempo, ma sta cominciando a dare i suoi frutti. Il Milan viene da 6 risultati utili consecutivi e lo stile di gioco portato da Gattuso, semplice e diretto, sembra sposarsi bene con una squadra che era sembrata allo sbando.
Udinese e Milan si incontreranno domenica al Friuli. Sarà una sfida interessante tra due idee di calcio differenti, ma a loro modo funzionali. Il 3-5-2 di Oddo è disegnato sulle caratteristiche dei suoi giocatori, tanto da esaltare le qualità dei singoli (Jankto e Barak su tutti); il 4-3-3 di Gattuso sembra il modulo più adatto alla rosa a sua disposizione, come dimostrano le ottime prestazioni recenti di giocatori come Bonaventura, Suso e Kessié. In questo momento il Milan sembra in uno stato di forma migliore, ma sarebbe un errore sottovalutare la capacità di lettura delle partite di Oddo.