In Evidenza
Tutte le sezioni
Altro

Per continuare la fruizione del contenuto ruota il dispositivo in posizione verticale

Inter, Karamoh: quattro azioni per conoscerlo meglio

Serie A

Francesco Lisanti

All'esordio da titolare Yann Karamoh è stato uno dei migliori dei nerazzurri ma, oltre al gran gol, cosa ci dice la sua prestazione? 

ALLA SCOPERTA DI KARAMOH   -   SERIE A, GLI HIGHLIGHTS

Condividi:

In un’intervista rilasciata più o meno di questi tempi un anno fa, Luciano Spalletti ammetteva con un po’ di malinconia che «la Roma non è la squadra ideale per far crescere i giovani, per permettere a un calciatore di sbagliare qualcosa. Si può fare a Udine o a Empoli, lì diventa più facile per far esprimere le qualità a un determinato calciatore». Con le stesse convinzioni, l’allenatore di Certaldo aveva avviato il suo percorso all’Inter, finché le otto partite consecutive senza vittorie non l’hanno costretto a sciogliere questa riluttanza, a pescare dal mazzo, a giocarsi l’azzardo.

Si è arrivati così alla vigilia di Inter-Bologna con la curiosità di capire cosa significasse per Yann Karamoh l’esordio da titolare in prima squadra, ma soprattutto con la curiosità di capire cosa significasse per il resto della squadra l’esordio dal primo minuto di Karamoh.

«Ci eravamo appiattiti come proposta di gioco, creavamo poche occasioni», ha sottolineato Spalletti al termine della partita. «Avevamo bisogno di mettere qualcuno che ci desse qualità in più».

In quanto giovane, Karamoh ha faticato a ritagliarsi uno spazio nelle rotazioni dell’Inter (fin qui aveva collezionato meno di 90 minuti di gioco disseminati in quattro presenze), finché non si è ritrovato in campo proprio in quanto giovane, in quanto segnale da lanciare. A conferma di quest’impressione, Spalletti ha attinto a una sorta di gergo giovanile anni ‘80 per descrivere la sua prestazione: «Karamoh è uno che ti può dare l'impennata. (...) Ha fatto veramente bene, ha strappi di velocità e tecnica importantissimi, anche se ogni tanto ha qualche amnesia».

Il giudizio sulla sua prima partita da titolare è quindi sospeso tra le due giocate che hanno indirizzato il risultato, che hanno a tutti gli effetti permesso all’Inter di rompere il digiuno di vittorie, e altre palle perse nella confusione, che non hanno pesato troppo nell’economia della partita, ma sono lì proprio per indicare la strada da percorrere, possibilmente tutta in impennata.

Il modo migliore per apprezzare Karamoh è chiedersi cosa avrebbe fatto Candreva al suo posto. Nell’azione del primo gol, Karamoh detta un passaggio in profondità con un movimento dall’interno verso l’esterno, ripetutamente cercato nella prima parte della partita. L’idea è quella di fargli ricevere il pallone alle spalle del terzino sinistro, che viene attirato dall’arretramento di Brozovic, per costringere la difesa del Bologna a scalare e liberare spazi centrali. Il meccanismo funziona, Karamoh addomestica con un po’ di fatica il lancio di Vecino e si ritrova di fronte a De Maio in situazione di uno contro uno.

A questo punto De Maio ha qualche esitazione, perché sa perfettamente quello che avrebbe fatto Candreva, ma non ha idea di cosa possa fare Karamoh (e nemmeno di cosa stia facendo Masina, che a un certo punto si dimentica di stare inseguendo Brozovic e si dirige con passo misurato verso la sua zona di competenza). Candreva si è ostinatamente costruito una reputazione sulle sovrapposizioni ignorate, quando riceve sul suo corridoio laterale ferma la palla e punta i piedi a terra come per capriccio, sinceramente offeso che il difensore non accenni ad aprirgli la strada.

In quei momenti, il campo visivo di Candreva si riduce alla sagoma del suo marcatore e l’azione si riduce ad un lancio di moneta: testa e Candreva passa, croce e Candreva rimbalza. Karamoh invece rimane lucido, si prende una piccola pausa con una di quelle hesitation moves che faceva Ronaldinho, e che chissà dove ha imparato, dato che è troppo giovane per aver apprezzato il miglior Ronaldinho (...feel old yet?). La pausa serve a dare il tempo a Brozovic di arrivare indisturbato sul fondo, a quel punto Karamoh lo serve con un piatto preciso, e in due passaggi l’Inter trova il gol del vantaggio.

A testimonianza di quanto fosse importante sbloccare subito la partita, tutti i giocatori da ogni parte del campo corrono ad abbracciare Éder con una frenesia e una coordinazione che ricordano vagamente il Dortmund di Klopp nei suoi picchi di intensità.

Karamoh è un’ala “discretamente” tecnica, con una buona sensibilità nei piedi, lo si capisce dai modi sempre diversi che trova per colpire il pallone, ma è soprattutto un giocatore prezioso nella misura in cui è controintuitivo. In quest’azione, che arriva un paio di minuti dopo il gol del vantaggio, il francese e Brozovic si scambiano specularmente i compiti: il primo si muove in arretramento, attirando in avanti Masina, mentre il secondo si sposta dall’interno verso l’esterno, allargando la difesa del Bologna.

Il primo elemento sorprendente dell’azione di Karamoh è la facilità con cui arpiona, saltandoci sopra in estensione, per di più con il piede debole, un passaggio non precisissimo di Vecino. Poi serve Cancelo con un elegante tocco di mezzo esterno, e mentre Masina scatta a coprire la profondità si muove in tutt’altra direzione, alle spalle di Di Francesco, per farsi restituire il pallone.

Guardando al futuro, l’intesa con Cancelo costituisce uno degli aspetti più entusiasmanti nella prestazione tra luci e ombre dell’Inter contro il Bologna: il portoghese sembra più ispirato quando può duettare con Karamoh, come se raccogliesse la sfida, come se l’eleganza di quei tocchi di suola aumentasse con l’eleganza dei palloni che riceve. Tutto questo scambio è molto elegante, Karamoh riceve dal sinistro di Cancelo, ruota con il pallone facendo perno su un piede, poi lo conduce con due tocchi di destro e ne asseconda il flusso naturale con tre doppi passi che ipnotizzano Pulgar.

L’azione si conclude con un passaggio sbagliato di Brozovic diretto proprio a Karamoh, che nel frattempo era finito in fuorigioco ma ne era poi rientrato senza che nessuno ci facesse caso: un illusionismo sottile, che non provoca lo stupore delle colombe che si liberano ma la perplessità del salto all’ultimo secondo da un treno in corsa. Un po’ per questo, un po’ per le leve lunghe, assomiglia a Beep Beep, un altro cartone che forse è troppo giovane per aver visto.

Karamoh ha una tecnica “discreta”, dicevamo, e non per eccesso di prudenza. Le leve lunghe e la facilità ridicola con cui guadagna accelerazione gli rendono difficile tenere il pallone incollato al piede. A volte gli scappa lontano, allora deve correre al doppio della velocità per recuperarlo in quattro passi, e quello gli scappa ancora più lontano, ed è allora che Karamoh si ferma e tira fuori la limonata dai limoni, come recita l’antico adagio, che in quest’occasione si traduce con lo slalom gigante con cui lascia di sasso Orsolini dopo un controllo impreciso.

La triangolazione con Rafinha è l’architettura su cui poggia il gol più importante della carriera di Karamoh, come l’ha definito davanti ai microfoni subito dopo la partita. È composta da un primo tocco che non è affatto banale, perché in quel momento si trova fuori equilibrio, è tallonato da Di Francesco alle spalle e si vede Poli spuntargli di fronte, eppure riesce a servire Rafinha con un tocco di esterno che gli serve da slancio per riprendere la rincorsa e passare alla destra di Poli, con la palla che gli scorre a sinistra.

Poi c’è il secondo tocco, che è quello che rischia di rovinare tutto ma anche quello che rende tutto possibile, perché rende Orsolini irragionevolmente sicuro dei suoi mezzi. Orsolini però sbaglia traiettoria in maniera vistosa, Karamoh se ne accorge in tempo e sfila via, uno-due, il tempo di mettere il piede destro sulla palla che l’ha già portata tre metri più in là con il sinistro, lo stesso che usa poi per disegnare la parabola ad effetto che batte Mirante, e che sarebbe in teoria il suo piede debole.

Questo invece è il Karamoh che avevamo lasciato nelle precedenti e sporadiche apparizioni, quello lanciato un po’ a sorpresa da titolare contro il Pordenone, insieme ad altri giocatori che non avevano ancora mai assaggiato il campo, e che nella confusione generale sparò addosso al portiere le tre occasioni migliori del primo tempo dell’Inter. Alla fine Perilli si guadagnò la curiosità degli appassionati e le prime pagine del giorno dopo, mentre Karamoh guadagnò suo malgrado altri mesi di panchina.

La scarsa capacità di finalizzazione di Karamoh potrebbe rappresentare un campanello d’allarme per il suo sviluppo, o se non altro diventarne caratteristica singolare. Karamoh potrà essere ricordato come uno di quei giocatori indecifrabili con un repertorio di mosse sensazionali e un archivio di errori imperdonabili, nobile categoria che annovera i connazionali Benzema e Lacazette. Potrà anche risolvere con l’età queste insicurezze da rookie, e confermarsi col tempo un affidabile realizzatore secondario. Per il momento è un giocatore di fiammate e di amnesie, ed è soprattutto questo margine di incertezza che aiuta a rendere più entusiasmanti le fiammate, e più comprensibili le amnesie.