Milan, la rinascita di Bonaventura e Calhanoglu

Serie A

Federico Aquè

BonaCalhaCope

Gattuso e il suo 4-3-3 hanno rigenerato due giocatori che ora sono diventati fondamentali per i rossoneri. La catena di sinistra è il simbolo del buon periodo di forma del Milan

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Dal derby in Coppa Italia vinto ai supplementari grazie a un gol di Patrick Cutrone, il Milan ha infilato una striscia di 10 partite senza sconfitte: 7 vittorie e 3 pareggi. Oggi è facile indicare quel derby come momento di svolta della stagione, ma non era affatto scontato intuirne i segnali dopo quella partita. Gli esordi di Gennaro Gattuso sulla panchina del Milan erano stati tutt’altro che incoraggianti. La sfida in Coppa Italia contro l’Inter seguiva due sconfitte pesanti contro il Verona (3-0) e l’Atalanta (2-0) ed era vissuta da Gattuso come una sorta di ultima spiaggia, nonostante fosse passato appena un mese dall’inizio della sua gestione («Se non avessi vinto la società mi avrebbe mandato via», ha detto con una battuta provocatoria qualche settimana dopo).

Il Milan aveva vinto soffrendo e giocando in maniera piuttosto passiva, un atteggiamento riproposto a distanza di pochi giorni anche a Firenze: una partita in cui ha subito 18 tiri (record negativo del campionato milanista), ma che aveva pareggiato (1-1) grazie a un gol di Hakan Calhanoglu pochi minuti dopo il vantaggio della Viola con Giovanni Simeone. A conti fatti, quel piccolo passo è stato invece un mattoncino decisivo nella striscia d’imbattibilità degli ultimi due mesi, e a fissarlo fu proprio Calhanoglu, che con Bonaventura forma la coppia di giocatori più importanti nella trasformazione del Milan.

Le difficoltà iniziali

Calhanoglu era tra i pezzi più pregiati arrivati al Milan la scorsa estate, e il suo acquisto aveva generato grandi aspettative, soprattutto per il suo incredibile modo di calciare il pallone e lo stile di gioco molto particolare forgiato dal sistema di Roger Schmidt al Bayer Leverkusen, tutto verticalizzazioni e tiri dalla distanza, che lo aveva trasformato in una sorta di feticcio. Calhanoglu ha dovuto quindi affrontare un difficile percorso di adattamento al gioco più votato al possesso di Vincenzo Montella. Subito dopo la sconfitta contro la Lazio, il primo segnale degli squilibri tattici e delle difficoltà che avrebbero fatto naufragare Montella, il turco aveva parlato apertamente dei suoi problemi: «Non è facile memorizzare tutte le informazioni date. Chiaramente ho difficoltà con la lingua, non ho un traduttore, a volte mi aiutano i compagni. Preferisco giocare dietro l’unica punta o come esterno sinistro d’attacco».

A inizio stagione Montella utilizzava Calhanoglu stabilmente da mezzala sinistra e spiegava così la sua decisione: «Ha bisogno di trovare la posizione, può giocare da interno o esterno d’attacco, ma avendo anche Suso avremmo troppi giocatori con la palla tra i piedi. Serve chi attacca la profondità come Borini». Montella intendeva probabilmente utilizzare la qualità di Calhanoglu per migliorare le combinazioni all’interno dello schieramento avversario e le sue verticalizzazioni per rendere più fluido il passaggio alla fase di rifinitura, un compito forse troppo complesso per le caratteristiche di Calhanoglu, che dà il suo meglio quando velocizza l’azione, ma è poco portato a gestire il ritmo e la direzione degli attacchi, a capire cioè quando bisogna accelerare e quando rallentare. Oltretutto l’assenza di chiari meccanismi di fascia ne aveva limitato l’impatto, spostando quasi tutto l’onere della creazione dal lato di Suso.

Il passaggio al 3-5-2 aveva ulteriormente complicato l’inserimento del turco: «Non ci avevo mai giocato, ho avuto difficoltà ad adattarmi», ha detto poche settimane fa in conferenza stampa prima della sfida in Coppa Italia contro la Lazio. Nel 3-5-2 Calhanoglu e Bonaventura erano in concorrenza per il ruolo di mezzala sinistra, e quando Montella ha scelto di cambiare ancora, utilizzando un sistema fluido che in fase di possesso prevedeva la presenza di un trequartista da affiancare a Suso alle spalle del centravanti, entrambi hanno dovuto fare i conti con degli infortuni. Giocando da trequartista, Calhanoglu aveva comunque trovato il primo gol del campionato, nel 4-1 al Chievo.

Anche la gestione di Bonaventura è stata un chiaro esempio della confusione che ha contraddistinto il Milan nei mesi con Montella. Ha giocato inizialmente da mezzala, ma col passaggio alla difesa a 3 è stato utilizzato anche da esterno sinistro a centrocampo, senza avere un terzino alle spalle che compensasse i suoi movimenti ad accentrarsi per facilitare la progressione della manovra. Pur guadagnando tecnica e pericolosità nella metà campo avversaria, il Milan finiva così per attaccare in maniera ancora più confusa, rinunciando all’occupazione razionale degli spazi, uno dei princìpi fondamentali del calcio di Montella.

Dalla partita contro il Genoa: Bonaventura è in teoria l’esterno sinistro, ma gioca il pallone a centrocampo. Rodríguez non si allarga a occupare l’ampiezza perché è il centrale sinistro della difesa a 3.

Gattuso ha quindi ricercato l’equilibrio semplificando il gioco e interrompendo presto gli esperimenti: ha rinunciato alla difesa a 3 dopo due partite (il pareggio a Benevento e la brutta sconfitta contro il Rijeka), è tornato al 4-3-3 come modulo di base e ha individuato un chiaro gruppo di titolari per consolidare connessioni e intese. Tutti i tasselli sono poi andati al posto giusto quando è entrato in squadra Calhanoglu, che aveva saltato per infortunio le prime partite con Gattuso in panchina.

Migliorarsi a vicenda

Calhanoglu è stato inserito da esterno sinistro d’attacco e, quindi, non è stato messo in competizione con Bonaventura, che invece occupa stabilmente la casella della mezzala sinistra. L’affinamento della loro intesa ha alzato il livello della fase di possesso del Milan in diversi modi. Banalmente, Calhanoglu e Bonaventura hanno migliorato la qualità della manovra rossonera. Entrambi sono buoni passatori, riescono a mantenere una buona precisione anche negli spazi stretti e sanno trovare soluzioni individuali per superare l’avversario. La definitiva trasformazione in mezzala ha portato Bonaventura a limitare drasticamente la frequenza dei dribbling rispetto alla scorsa stagione (da 5,2 a 2 per 90 minuti, con la percentuale di successo che si è comunque mantenuta sul 60%), ma ha influito anche la contemporanea presenza di Calhanoglu, che a sua volta ha limitato i dribbling, ma ha decisamente migliorato l’efficienza rispetto al passato (tenta 1,5 dribbling per 90 minuti, la frequenza più bassa della sua carriera, ma salta l’avversario tre volte su quattro).

La convivenza ha migliorato entrambi: Bonaventura è più coinvolto che mai nella costruzione del gioco (49,1 passaggi per 90 minuti, il punto più alto della carriera) e in parallelo è cresciuta la sua precisione nei passaggi (88,8%), Calhanoglu ha ripulito il suo gioco dagli errori che in buona parte venivano forzati dal sistema frenetico in cui era inserito al Bayer Leverkusen. Pur mantenendo una quantità simile di passaggi (49,8 per 90 minuti), il turco è decisamente più preciso, sia sul lungo che sul corto (per la prima volta in carriera la precisione dei suoi passaggi supera l’80%).

La disinvoltura con cui Bonaventura e Calhanoglu si scambiano il pallone e le posizioni ha reso più fluido il possesso del Milan, in particolare in tutte quelle situazioni in cui gli spazi si riducono e la difficoltà delle giocate si alza. Ora i rossoneri hanno più qualità e maggiori soluzioni per non perdere la palla anche sotto pressione. Bonaventura e Calhanoglu sono di fatto autonomi e il livello delle loro combinazioni ha mascherato le difficoltà a trovare un terzino sinistro che completi efficacemente la catena laterale. Rodríguez è abituato a restare bloccato per facilitare la prima costruzione, si sovrappone partendo da posizioni basse e ha quindi bisogno che il possesso venga consolidato per avere il tempo di alzarsi a occupare ampiezza. Oltretutto le sue scelte sono quasi sempre conservative e le responsabilità nella progressione della manovra a sinistra ricadono quasi tutte, quindi, su Bonaventura e Calhanoglu.

Tipico sviluppo dell’azione sulla catena laterale: Bonaventura serve Calhanoglu, che a sua volta manda sul fondo Rodríguez, che ha avuto il tempo di alzarsi per accompagnare l’azione.

È soprattutto l’intesa tra Bonaventura e Calhanoglu ad aver consolidato chiari meccanismi di fascia anche a sinistra, e l’intercambiabilità delle loro posizioni ha dato maggiore imprevedibilità allo sviluppo dell’azione da quel lato. Il Milan può arrivare sulla trequarti in diversi modi: entrambi possono infatti ricevere larghi oppure dietro il centrocampo avversario e decidere se isolarsi col terzino avversario, scambiarsi il pallone o cambiare gioco (una delle cose che riesce meglio a Calhanoglu).

In questo caso è Bonaventura a ricevere con i piedi sulla linea laterale, mentre Calhanoglu si è smarcato dietro il centrocampo della Lazio.

L’ampio ventaglio di movimenti senza palla garantito da Bonaventura e Calhanoglu ha migliorato a tutto tondo la pericolosità del Milan, non solo quando i due si occupano di far progredire la manovra a sinistra. Gli inserimenti di Bonaventura hanno aperto una via più diretta per sviluppare l’azione, affidandosi ai lanci di Bonucci o passando da una sponda del centravanti, ma soprattutto si sono incastrati alla perfezione con la creatività della fascia destra, quella storicamente privilegiata nella costruzione della manovra.

L’equilibrio tra fascia sinistra e destra

Anche se rispetto al recente passato l’influenza di Suso è stata bilanciata da quella di Bonaventura e Calhanoglu sulla fascia opposta, a destra il Milan non ha ovviamente disperso le tradizionali intese sviluppate attorno allo spagnolo. La catena destra rimane quella con i meccanismi più solidi e la ricorrenza con cui Bonaventura segna inserendosi da dietro sui cross che arrivano da destra non può essere considerata una coincidenza.

Il gol segnato alla Samp: anche contro la Lazio Bonaventura aveva segnato grazie a un assist di Calabria.

In 4 delle ultime 5 giornate il Milan ha costruito i suoi attacchi più sulla fascia sinistra che su quella destra, una sorta di rivoluzione copernicana se si pensa alla larga influenza che era abituato ad avere Suso. Nonostante le distanze, tra Calhanoglu e lo spagnolo si è comunque sviluppata una buona intesa, costruita sui cambi di gioco e l’abitudine che ha il turco di tagliare il campo in orizzontale per dare una soluzione di passaggio in ripartenza quando la palla viene recuperata a destra. Gattuso ha avuto il merito di creare un sistema che permette ai tre giocatori più tecnici e creativi della rosa di dialogare, il che ha ovviamente rappresentato la chiave dei miglioramenti del Milan in fase di possesso. Oltretutto le qualità di Suso, Bonaventura e Calhanoglu si sono rivelate determinanti anche nei calci piazzati, non solo per la loro bravura nel calciarli, ma anche per gli scambi che sono in grado di sviluppare.

Assecondando le caratteristiche di Suso e Calhanoglu, il possesso del Milan si è fatto più brillante, ma non è ancora efficiente. Le soluzioni in fase di rifinitura e finalizzazione si sono modellate sulle caratteristiche dei due esterni: e quindi tiri dalla distanza dopo essersi accentrati o cross, diretta conseguenza di una manovra che si sviluppa soprattutto sulle fasce e tende a non prendersi rischi cercando la profondità con passaggi filtranti in zona centrale. Gattuso ha trasformato il Milan semplificando il gioco, ha creato un sistema che connette i migliori giocatori e ne esalta le caratteristiche, ha saputo incanalare il set di movimenti unico garantito da Bonaventura e la grande qualità nel calciare di Calhanoglu e ha finalmente bilanciato le responsabilità creative sui due lati del campo ammorbidendo la dipendenza da Suso, uno dei problemi più evidenti dei rossoneri con Montella.

Nonostante i miglioramenti, però, il Milan tende a segnare poco per quanto crea e pur avendo infilato un’ottima striscia di risultati ha vinto con più di un gol di scarto soltanto contro la SPAL e il Ludogorets. A Gattuso tocca adesso il gradino forse più difficile da scalare: far evolvere il sistema in modo da moltiplicare le qualità dei suoi giocatori più forti, ampliandone il registro e le soluzioni a cui attingere. Non sarà facile, ma si tratta di un passo necessario, ora che la fase decisiva della stagione è alle porte, per completare la trasformazione e aprire scenari impensabili fino a qualche mese fa.