Al centro del derby: Milan, il KeBiBo è una garanzia. Mentre l’Inter…

Serie A

Vanni Spinella

Tra le certezze di Gattuso, il trio di centrocampo composto da Kessié, Biglia e Bonaventura. Presi singolarmente non hanno migliorato le loro statistiche rispetto alla gestione Montella, ma quando si fondono... Spalletti, al contrario, cerca ancora l'acronimo perfetto

SERIE A, LE PROBABILI FORMAZIONI

Il KeBiBo dà stabilità a tutta la struttura, eppure non se ne parla abbastanza. Siamo sempre pronti a celebrare i tridenti delle meraviglie o le imperforabili muraglie difensive, ma quando una linea di centrocampo funziona alla grande mai che si trovi un acronimo per renderle onore. È ora di rimediare a una simile ingiustizia, dicendo chiaramente che la rinascita del Milan di Gattuso ruota innanzitutto attorno a quel perfetto intreccio di qualità diverse che garantisce la linea composta da Kessié, Biglia e Bonaventura: il KeBiBo. Non può essere un caso che Gattuso – a suo volta ex-centrocampista – l’abbia mantenuta fissa per 5 giornate di campionato consecutive tra gennaio e febbraio, quelle in cui il Milan ha svoltato con 4 vittorie e un pareggio. Ha cambiato i terzini, ha avuto più di un dubbio sul centravanti, ma dal KeBiBo non si scappa, i 3 in mezzo sono sempre quelli. E lo saranno anche nel derby, nonostante i 120’ di fatica contro la Lazio (con il solo Kessié risparmiato durante i supplementari).

Geometria creativa quando si volge lo sguardo in avanti e prefiltraggio quando la palla ce l’hanno gli altri: ogni centrocampo che si rispetti deve saper lavorare in equilibrio tra queste due fasi, come ci insegna la storia del calcio: accanto ad ogni pensatore della metacampo c’era sempre quello che, magari nell’ombra, correva e randellava anche per lui. Gattuso sa bene quante ne ha distribuite, di randellate, per difendere il cervello di Pirlo.

Che forza Kessié

Approdato sulla panchina del Milan, si è rivisto in Kessié, che a sua volta ha visto in Rino un maestro. Gli scambi di complimenti si sprecano: iniziò il mister, definendo Kessié “più forte di me”; ha risposto l’allievo, con parole che non rendono giustizia all’operato di Montella (“Prima lavoravamo poco. Con Gattuso è tutto diverso”) ma danno l’idea del nuovo spirito con cui alcuni elementi della squadra hanno voltato pagina, probabilmente rimboccandosi le maniche. “Potrebbe giocare per 3 giorni di fila”, dice ancora Gattuso. E sembra quasi che cerchi la conferma sul campo alle sue ipotesi, quando lo schiera titolare per tre volte in 7 giorni (Europa League con il Ludogorets, Roma in campionato, Lazio in Coppa Italia), nonostante ci siano all’orizzonte Inter e poi Arsenal (che difficilmente salterà).

Non è Pirlo però...

E poi Biglia: arrivato in estate come il nuovo faro della metacampo, con Montella era finito un po’ ai margini, vittima di un equivoco tattico, o lessicale, se preferite. Perché sulla sua carta d’identità c’è scritto “professione: regista” e allora tutti gli chiedevano di essere il nuovo Pirlo, ma come nel cinema c’è regista e regista. Biglia non sarà mai come Pirlo semplicemente perché è un regista diverso da Pirlo, e il primo a capirlo è stato proprio Gattuso (che Pirlo l’ha visto da vicino, vicinissimo, per anni). Così Ringhio a inizio febbraio, in risposta alle critiche: “Ma cosa vi aspettavate da Biglia? Da 4-5 settimane percorre 12 km e non sbaglia un pallone. Non si ferma mai e dà un equilibrio pazzesco. È il giocatore dell’anno scorso alla Lazio, non è un giocatore alla Pirlo”.

Se Pirlo era un regista verticale, Biglia è più orizzontale, ma non per questo meno prezioso: basta saperlo per poterne esaltare le doti di uomo d’ordine e di primissimo costruttore di gioco. Parallelamente alla deresponsabilizzazione tecnico-psicologica di Bonucci, è cresciuto il raggio d’azione di Biglia, che ora si abbassa più spesso a prendersi il pallone in difesa, sottraendo a Leo qualche lancio dei suoi.

Bonaventura da paura

Infine il –Bo del signor Bonaventura, che sull’asse orizzontale completa la mediana perfetta e su quello verticale fa tris con Rodriguez e Calhanoglu per formare una catena di sinistra che gira a meraviglia. Sovrapposizioni con i tempi giusti, raddoppi, inserimenti, accentramenti: tra piedi buoni ci si intende sempre. Mancano ancora i gol di Calhanoglu, in compenso sono arrivati quelli di Bonaventura, 5 in questo campionato e tutti sotto la gestione Gattuso: adesso segna perché tira di più (prima, in media, 1.43 ogni 90’; adesso 2,22) e centra di più la porta (da 0,89 a 1,24 ogni 90’).

Attenzione, però, perché i numeri possono anche trarre in inganno. Il raffronto tra le statistiche dei tre del KeBiBo, presi singolarmente, con Montella e con Gattuso in panchina, infatti non evidenzia altre differenze significative. Prendete Kessié, da cui ci si aspetterebbe un incremento dei tackle vinti, degli intercetti o dei recuperi: tutti dati che invece sono quasi identici o addirittura calati con il nuovo corso (aumentati significativamente solo duelli aerei e tiri da fuori area, raddoppiati). Oppure Biglia: pensate che adesso riesca a completare più passaggi di prima? Vi sbagliate: da 71,38 a 57,46, in media ogni 90’. Crescono, invece, i suoi intercetti (da 0,92 a 1,41 ogni 90’ giocati), così come i recuperi di Bonaventura (da 5,73 a 7,1), comunemente ritenuti materia di competenza del professor Kessié. Singolarmente non si sono migliorati, insieme hanno cambiato il Milan: dove sta il trucco? Forse nel nuovo intreccio di compiti e di competenze, come se il KeBiBo fosse veramente una sola entità, una creatura di Gattuso in cui Rino ha soffiato il suo spirito guerriero.

L’aria di derby rende inevitabile il paragone, al momento impietoso: Spalletti annaspa tra i dubbi, legati soprattutto al cuore della squadra. Ha cercato per mesi un trequartista nella rosa (Borja Valero, Joao Mario, Candreva, Brozovic), ha provato qualsiasi tipo di accoppiamento davanti alla difesa (Borja Valero-Vecino, Joao Mario-Borja Valero, Vecino-Gagliardini, Gagliardini-Borja Valero), ora sta inserendo Rafinha. Impossibile individuare un centrocampo-tipo, figuriamoci un acronimo.