Aveva un pensiero originale, sorretto da una cultura non ordinaria. Luigi Necco, intellettuale prestato al calcio e poi ceduto definitivamente alla politica, quando difendere chi stava peggio era ancora un impegno legato a un’ideologia. Storia di ieri che sembra appartenere a un’altra era geologica
Si può parlare in tv di calcio e di Maradona anche se sai nulla di ripartenze e di diagonale, se 4-3-3 per te può al massimo essere un prefisso telefonico estero, ma devi possedere un pensiero originale, sorretto da una cultura non ordinaria. Fino a ieri poteva capitare se il tuo nome era Luigi Necco, di professione pubblico cantore di Napoli e quindi del Napoli: di Necco, da oggi, potremo solo conservarne gelosamente il ricordo e parteciparlo a chiunque capiti a tiro perché possa beneficiarne e trarre ispirazione per altri racconti di pallone.
A rendere epocali quelli dispensati da Necco dal palcoscenico unico di 90° Minuto (dal 1978 al 1993) non è stata solo la presenza abitudinaria come protagonista di un Genio Inimitabile come Diego Armando Maradona. Sky ancora non c’era e le partite in diretta tv erano limitate solo alla nazionale e alle eurocoppe. Ma per lui faceva lo stesso effetto: il tono e la qualità non cambiavano anche se la maglia numero 10 era indossata da Criscimanni e, con il massimo rispetto possibile, la differenza era più di una sfumatura. La sua normalissima grandezza lo portò da telenarratore a usare la stessa efficacissima sfumatura per descrivere il tesoro di Barrio Fiorito (Maradona) e quello di Troia (il mondo classico e l’archeologia furono i suoi eterni amori). Può capitare che mondi tanto diversi finiscano per coabitare in una stessa testa senza finire catalogati in scaffali mentali tanto lontani da non sfiorarsi mai. E’ invece dalla contaminazione continua che nasce la micro-cellula dell’originalità, l’elemento che distingue una comunissima cronaca da un racconto imperdibile.
Avere orizzonti tanto ampi consente anche una vista lunga, impedendo che lo spazio occupato dal tuo sport abbia confini tanti ristretti dal somigliare a una gabbia. Non aveva sbarre il calcio di Necco, era tutt’uno con la vita, con le sue distorsioni: così gli apparve naturale riferire che un presidente aveva reso omaggio al capo della camorra in un’aula di tribunale. Terrorizzante la conseguenza, con un camorrista che ordinò una punizione esemplare e una pace (unita alla dissociazione) firmata in una stanza d’ospedale: visse anche questa esperienza, Luigi Necco, intellettuale prestato al calcio e poi ceduto definitivamente alla politica, quando difendere chi stava peggio era ancora un impegno legato indissolubilmente a un’ideologia. Storia di ieri che sembra appartenere a un’altra era geologica. Lontana, lontanissima, quando Maradona era già mestamente uscito di scena e a Napoli nessun tifoso sognava di poter tornare a vincere lo scudetto. Era il mondo di Luigi, troppo grande per dimenticare i piccoli.