Federico Chiesa, l'anno delle conferme

Serie A

Flavio Fusi

Dopo una grandissima stagione di esordio il talento della Fiorentina sta confermando quanto di buono aveva mostrato lo scorso anno. Abbiamo guardato le statistiche per capire cosa è cambiato e in cosa può ancora migliorare

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In un’estate che ha segnato un punto di svolta per il progetto tecnico della Fiorentina, Federico Chiesa è stato uno dei pochi punti fermi da cui ripartire. Lo scorso anno, l'ultimo contestatissimo di Sousa, è stato quello del suo approdo nel calcio professionistico e della sua rivelazione su livelli impressionanti per un diciannovenne. Da Sousa a Pioli, la Fiorentina è passata da essere una squadra che mirava al dominio della partita con la palla e si schierava secondo i principi del gioco di posizione, ad una formazione talmente diretta da sembrare a volte senza controllo, un ottovolante in cui la quantità regna sulla qualità.

Chiesa ha vissuto in prima persona il cambiamento: dal nuovo ruolo che lo libera almeno in parte dagli obblighi difensivi, allo stravolgimento nello spogliatoio che, a 20 anni, lo ha incoronato leader tecnico di una rosa che sulla carta era peggiorata dal punto di vista del talento complessivo. Ha senso quindi analizzare quanto questa evoluzione abbia influito sul suo rendimento, andando oltre al mero numero dei gol: 6 in questa stagione, 3 in quella passata, dove però aveva circa la metà dei minuti giocati.

Oltre che titolare praticamente inamovibile, Chiesa è diventato anche il principale finalizzatore della Fiorentina assieme al centravanti Simeone: effettua 3,3 conclusioni per 90 minuti, un dato comunque identico a quello del 2016/17. Tra l’altro, anche andando ad analizzare più nel dettaglio, non c’è differenza neanche per quanto riguarda le zone di campo da cui calcia verso la porta, tanto che serve una cifra significativa in più per - si fa per dire - apprezzare la differenza tra le sue prime due stagioni. In questo campionato tira da fuori area 1,59 volte per 90', tante quante quelli dello scorso anno (1,57). Non cambia nulla neanche per le conclusioni entro i 16 metri: sono in media 1,71, contro le 1,74 della passata stagione. Inaspettatamente, non c’è differenza nemmeno nell’accuratezza con cui trova la porta (da 37,5% a 35,7%), che rimane ancora troppo bassa e non è sufficiente a motivare l’alto volume di conclusioni che si prende, considerando che si tratta di un esterno offensivo.

Anche sottoponendo le sue conclusioni all’analisi più approfondita degli expected goals emerge un quadro piuttosto simile. Chiesa è passato dagli 0,17 xG per 90 della passata stagione agli 0,18 xG di questa. Oltre al volume di tiro, anche l’xG medio è rimasto invariato, rimanendo decisamente scarso (da 0,050 ora è 0,051). Ora gioca più vicino alla porta e questo avrebbe dovuto determinare un aumento dell’xG medio delle sue conclusioni, che però non si è verificato, probabilmente mitigato dalla tensione verticale della Fiorentina che a volte porta i giocatori offensivi a forzare la conclusione. Uno scenario forse non ideale per far crescere Chiesa nelle scelte col il pallone dai piedi, considerando quanto già di suo sia un giocatore ambizioso, che spesso si affida al tiro.

La mappa di tiro di Chiesa per il 2016/2017. Si nota come le sue conclusioni fossero concentrare sul lato destro del campo e sia notevole il numero dei tentativi da fuori.

Chiesa converte i suoi tentativi ad un ritmo che potremmo definire normale per un calciatore che gioca a questi livelli. I 6 gol (4 big chance) in questa Serie A fanno il paio con 5,35 xG, mentre ai 3 del passato campionato corrispondo 2,77 xG. Per xG medio si colloca solo al 27.esimo percentile, esattamente come Milinkovic-Savic, che però ha un’efficienza realizzativa (gol/xG) irreale, oltre il 229%.

Essendo alto 1 metro e 75, l’esterno viola non è certo un ariete, ma sorprende che in quasi 4000 minuti di Serie A, abbia cercato di segnare con un colpo di testa in appena due occasioni, entrambe in questa stagione. È però ben più interessante notare quanto stia utilizzando il sinistro, il suo piede debole, in questo campionato: se nello scorso torneo quasi il 70% dei tiri partivano dal suo piede destro, quest’anno il dato è sceso al 57%.

Sia con Pioli che con Sousa, Chiesa ha giocato principalmente sul lato destro del campo e il fatto che stia cominciando ad usare di più il piede mancino potrebbe aiutarlo a diventare meno prevedibile, considerato che, sia per la posizione in cui gioca, sulla destra, che per la sua tendenza a tirare relativamente spesso, non è più così scontato per i difensori provare portarlo sul suo piede debole. 

La mappa di tiro di Chiesa in questa stagione. È evidente come i tentativi siano distribuiti in maniera maggiormente uniforme, per la tendenza del viola a svariare in tutto il fronte offensivo e per il crescente utilizzo del piede debole.

C’è però da dire che dei 9 gol segnati in Serie A, solo uno è arrivato da un tiro di sinistro, contrariamente a quanto accaduto ad esempio ad un vero e proprio ambidestro quale Simone Verdi, che nelle ultime due stagioni al Bologna ha segnato 8 gol con il destro e 6 con il sinistro, nonostante tenda ad usare maggiormente quest’ultimo.

Chiesa tira le punizioni dirette allo stesso ritmo con cui le calciava nella passata stagione (0,4 tentativi per 90), altro dato che sottolinea come non sia cambiato nulla o quasi dal punto di vista della sua selezione di tiro. Quest’anno sono stati di più i tiri al termine di azione di contropiede, ma il dato è talmente piccolo (5, comunque più di chiunque altro in squadra) da non essere rilevante, seppur possa in qualche modo dipendere dalla svolta verso uno stile di gioco decisamente più diretto della Fiorentina di Pioli. Un cambiamento tattico che invece si ripercuote in maniera evidente sul numero di passaggi che Chiesa gioca: 26,1 cioè 13 in meno rispetto al 2016/17. Un calo del 33% a livello individuale, quasi doppio rispetto a quello di squadra (17% di passaggi completati in meno).

Dal punto di vista creativo, nonostante il minor coinvolgimento, serve ai compagni 1,7 passaggi chiave ogni 90 minuti. Un dato più che discreto, ma che diventa ottimo per un 20enne con questo minutaggio. Non c’è un marcato incremento rispetto alla passata stagione (1,6) ma va letto come un segnale della sua continuità di rendimento. Interessante come solo 0,3 delle occasioni che crea siano cross, un’azione che Chiesa prova meno che nella passata stagione (3,3 cross per 90 minuti, contro i 4,2 del 2016/2017).

Chiesa tenta 4 dribbling ogni 90 minuti, ovvero 0,5 di media in più rispetto a quando giocava nella Fiorentina di Sousa, segno delle maggiori responsabilità che è chiamato a prendersi in campo. Sono aumentati anche quelli riusciti, da 2,1 a 2,2, ma non c’è stato un incremento dell’efficienza che anzi è passata dal 60% al 55%.

Chiesa sta ancora esplorando i confini del suo potenziale: il cambio di registro imposto da Pioli gli ha permesso di misurarsi con un altro tipo di gioco, che in parte ne esalta alcune qualità, come l’atletismo e la velocità, ma allo stesso tempo fa sì che si affidi completamente al suo istinto, anche in situazioni in cui sarebbe opportuno attendere un istante in più. Il salto di qualità potrebbe essere dietro l’angolo: ha un volume di azione altissimo per un ventenne e basterà incrementare anche di poco l’efficienza, per far crescere la sua produzione offensiva in maniera determinante.