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Inter-Lazio 1998-2018: dalla finale di Coppa Uefa al (gran) finale da Champions

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Alfredo Corallo

Lo slalom ubriacante di Ronaldo a Marchegiani nella finale di Coppa Uefa Inter-Lazio del 6 maggio 1998 (foto Getty)

Il 6 maggio del 1998 Inter e Lazio si affrontarono nella finale dell'allora Coppa Uefa, vinta dai nerazzurri 3-0 a Parigi con il "fenomenale" gol di Ronaldo. A distanza di 20 anni le due squadre si giocano un posto in Champions, che potrebbe decidersi con lo scontro diretto dell'Olimpico all'ultima giornata, un'altra finale...

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"Sì però, anche tu: ti sembra il caso di dormire con la maglietta di Sforza...". La "10" del Fenomeno era finita e non ci voleva un "professorone" per capire che quella stagione gli interisti si sarebbero divertiti da pazzi (non solo al cinema con "Tre uomini e una gamba"): via lo "svizzero" (da non confondere con il Rezzonico di Aldo), dentro Simeone; e poi Moriero, Recoba, Taribo West e altri "personaggi" che c'erano già come Zamorano, Zanetti, Winter, Djorkaeff, Pagliuca e, naturalmente, Ronaldo (da non confondere con "Rolando", perché successe anche quello). Goodbye anche a "Mr Flanagan" (alias Giacomino-Roy Hodgson) per l'italianissimo Luigi Simoni a disciplinare una "comitiva" più che una squadra, un gruppo di amici, una famiglia, tutti "figli" di Massimo Moratti: un mix di coraggio, altruismo, cazzeggio e fantasia. E rabbia. Perché la sconfitta di Torino e il sogno dello scudetto sfumato, le polemiche per il rigore non concesso a Ronaldo erano ancora una ferita apertissima (Juve-Inter si era giocata da una decina di giorni appena) e al Parco dei Principi la sera del 6 maggio 1998 arrivò pure una Lazio con la pancia piena dopo la vittoria della Coppa Italia di qualche giorno prima contro il Milan, un trofeo che ai biancocelesti mancava da 40 anni. E la finale di Coppa Uefa - "secca", da quella edizione - non avrà storia, come non avrà storia la finale che due mesi più tardi si giocherà nella stessa Parigi, ma non con lo stesso Ronaldo...

La Lazio che verrà

Anche la Lazio (per un po') credette di poter competere per lo scudetto: ma la solita Juve spense sul nascere le ambizioni del neo tecnico Sven-Göran Eriksson, che in estate aveva preso il posto di Zeman. C'erano Marchegiani, Nesta, Negro, Favalli, Fuser, Nedved, Casiraghi e i nuovi Almeyda, Jugovic e Roberto Mancini (capite ora perché vinsero la Coppa Italia?), in pratica l'ossatura della squadra che di lì a poco - con gli "innesti" di Conceição, Mihajlovic, Stankovic, Veron, e lo stesso Simeone, Salas e Simone Inzaghi, per spezzare una lancia a favore di Zeman - avrebbero dominato in Italia e in Europa. Ebbero, forse, un cammino più agevole rispetto all'Inter (o furono i nerazzurri a complicarsi la vita?) se è vero che eliminarono, nell'ordine (dai 32esimi): Vitoria Guimaraes, Rotor Volgograd, Rapid Vienna e Auxerre segnando 15 reti e subendone soltanto 3. No, bravi loro: soprattutto nella semifinale d'andata, vinta in casa dell'Atletico Madrid (1-0, Jugovic).

Reduci, i laziali, da 24 risultati utili consecutivi in 4 mesi, 18 vittorie e 6 pareggi. "La Lazio oggi è una squadra molto matura - disse Eriksson al termine del match al Vicente Calderon - che commette pochissimi errori, consapevole del proprio valore. Anche contro l'Atletico abbiamo controllato la situazione grazie a una prestazione difensiva eccellente. E poi nel finale potevamo anche raddoppiare. Tra le due squadre, senza dubbio la mia ha creato le occasioni più limpide. Il risultato, comunque, va benissimo. E adesso prepariamoci ad affrontare la Juventus. Un impegno, va da sé, atteso da una vita". La sconfitta con i bianconeri (1-0) pregiudicherà la corsa per il titolo dei romani che da lì precipiteranno in campionato, chiudendo al settimo posto. Ma al ritorno riusciranno comunque a resistere ai Colchoneros, conquistando la finale della Uefa.  E vincendo, appunto la Coppa Italia tanto cara al Mancio. 

Checco lo Sciuscià

Ben più complicato è stato il cammino europeo dell'Inter, già dai sedicesimi. Ma sarebbe un sacrilegio non (ri)vedere il gol di Moriero al Neuchâtel Xamax, nei 32esimi, una delle perle dell'anno d'oro dell'esterno salentino che lustrava gli scarpini a Ronaldo, arrivato all'Inter dalla Roma per un milione di lire (di lire, 500 euro!). "Il Milan - ci raccontò una volta lo stesso "Checco" - mi prelevò dalla Roma a parametro zero e con i rossoneri avevo firmato un triennale. A Galliani, però, piaceva parecchio un difensore che si era già accordato con l'Inter, André Cruz, e del resto anch'io ero molto corteggiato dai nerazzurri. Così, sebbene piacessi a Capello (che al tempo allenava i rossoneri ndr), trovarono un compromesso: andai in prestito per un milione (il minimo consentito dalle carte federali, ndr) e tutti felici e contenti". Ancora Moriero sarà il protagonista nel turno successivo con una doppietta nel 3-1 di Lione (l'altro gol fu di Cauet), che consentì all'Inter di ribaltare l'1-2 di San Siro. Ripetendosi in Nazionale, proprio nella settimana del famoso Juve-Inter: rovesciata + parabola da 35 metri a Chilavert nell'amichevole con il Paraguay a Parma che gli valse un pass per il Mondiale di Francia. "Ma quella domenica a Torino arrivai scarico...".

Cholo vs Rolando: non ci posso credere!

Ma veniamo agli ottavi, o meglio al ritorno del Meazza: perché l'Inter è chiamata alla remuntada dopo il 2-0 di Strasburgo e come se non bastasse Ronaldo sbaglia anche un rigore, che non è trascorso un quarto d'ora. Non ne passa un altro che il brasiliano, acquistato in estate per 50 miliardi dal Barcellona, trova il vantaggio, su una punizione "sporca". Poi ci pensa il giovane argentino Javier Zanetti a riequilibrare la qualificazione e Simeone completa l'opera: proprio il Cholo, che vincerà il trofeo - nel frattempo ribattezzato Europa League - da allenatore dell'Atletico; e che l'altra sera ha portato di nuovo i madrileni alla finale della competizione contro il Marsiglia dell'ex interista Rolando (quello vero), autore del gol decisivo a Salisburgo. Della serie "Non-ci posso-credere!". 

Taribo il vendicatore

Ai quarti l'Inter ritrova lo Schalke 04, che l'anno prima aveva "soffiato" ai milanesi la Coppa, ai rigori. E anche stavolta si andrà ai supplementari, ma al Parkstadion di Gelsenkirchen sarà Taribo West a vendicare il popolo nerazzurro: proprio lui, il nigeriano dalle treccine colorate che recitava i sermoni a tavola, il predicatore, in missione per conto di Dio, quello che a Marcello Lippi disse: "Dio mi ha detto che devo giocare nell'Inter". E il mister: "Veramente a me non ha detto niente". Taribo che non aveva età, che una volta scomparve per un mese. "Non sapevamo dove fosse - raccontò Zanetti - e lo stesso Kanu, che era amico suo, non riusciva a trovarlo. Lo cercavamo tutti. Un giorno, finalmente, torna, con una tunica. Taribo, ma che fine avevi fatto? «Mi sono sposato. Nel mio Paese si usa così». Ma almeno ci potevi avvisare!". 

 

Ronaldo come Nureyev

In semifinale ecco lo Spartak Mosca. A Milano l'Inter soffre: avanti con Zamorano, pareggio di Alenichev, 2-1 di Ze Elias. In Russia si gioca su un campo terribile: bruciato dalla neve, controllare la palla è impossibile. E i russi vanno pure in vantaggio. Finché Ronaldo non mette le "catene" e prima è abile a sfruttare una ribattuta corta della difesa e poi danza come Nureyev realizzando uno dei gol più belli della sua carriera (che è tutto dire). La gioia di Simoni è incontenibile. "Alla fine della partita Ronie mi regalò la maglia - spiegò Simoni -, infangata. E la conservo in quel modo, ancora infangata". Dal Bolshoi al Moulin Rouge il passo sarà breve. 

Così è la vita

A Parigi è già una festa: i tifosi (gemellati) di Inter e Lazio cantano insieme prima e dopo la partita, quando i nerazzurri regaleranno il primo trofeo a Massimo Moratti. Zamorano ci impiega 4 minuti a mettere in discesa la sfida, nella ripresa una saetta di Zanetti all'incrocio e poi lo slalom di Ronaldo su Marchegiani che sarà il manifesto di quella finale. Pagliuca alza la Coppa con Beppe Bergomi, rimasto fuori per un infortunio, ma premiato dal ct Cesare Maldini con la convocazione al Mondiale francese, quello del "fantasma" di Ronaldo in Francia-Brasile e del gol di Bobo Vieri alla Nigeria, anzi alla Norvegia: che tanto "la targa è uguale". Così è la vita.